Scrive in un post su Facebook la professoressa Anna Foa: “Che Eugenia Roccella dica cose simili non mi stupisce. Invece mi stupisce che le dica ad un convegno dell’Ucei e senza essere confutata”. Ecco il punto, spiegato in una frase. E’ gravissimo che la ministra alla famiglia Eugenia Roccella affermi: “Le gite ad Auschwitz servivano a dirci che l’antisemitismo riguardava un tempo collocato in una precisa area: il fascismo”. Ma, se possibile, è ancor più grave che nessuno tra gli uditori abbia controdedotto. E abbia ricordato, per esempio, che le leggi razziali contro gli ebrei furono promulgate durante il ventennio del regie fascista e tanto è.
“Stento a credere che una ministra della Repubblica, dopo avere definito ‘gite‘ i viaggi di istruzione ad Auschwitz, possa avere detto che sono stati incoraggiati per incentivare l’antifascismo. Quale sarebbe la colpa?”, ha replicato la senatrice a vita, Liliana Segre.
Ovviamente, come tutti i ministri di questo governo, Roccella non ha accennato scuse, bensì (seguendo un copione consolidato) sostiene di essere stata fraintesa, nonostante sia tutto molto chiaro dalla registrazione delle sue parole. E infatti i giornali di area della destra, dai primi minuti successivi a quelle dichiarazioni dicono che la ministra ha detto una cosa condivisibile e, perfino, storicamente credibile. Al netto di tutto vale sempre l’osservazione di Foa: i ministri ormai si sentono autorizzati a parlare senza alcuna cognizione di causa o in totale malafede nella consapevolezza che non troveranno ostacoli né domande ed eccezioni scomode.
