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Il 3 maggio è la giornata mondiale della libertà di stampa, istituita contro le restrizioni o la soppressione dei media e in memoria dei giornalisti che hanno perso la vita alla ricerca di una notizia. In alcuni paesi come l’Iran questa giornata più che una festa è una giornata di lutto, Secondo l’ultimo indice della libertà di stampa nel mondo, pubblicato ogni anno da Reporters sans Frontiers, la Repubblica Islamica dell’Iran, come negli anni precedenti, si trova in fondo, precisamente al 176esimo posto su 180 paesi presi in esame. Solo quattro paesi, la Siria, la Cina, il Corea del Nord e l’Eritrea si trovano in una situazione peggiore. Attualmente si trovano nelle carceri della Repubblica Islamica 23 giornalisti, 8 di loro donne, su un totale di 555 giornalisti rinchiusi nei cinque continenti. Altri cinque, tra di loro due colleghe, sono stati condannati nei giorni scorsi complessivamente a 10 anni e 9 mesi di carcere. 37 sono invece i colleghi rilasciati dietro cauzione o agli arresti domiciliari. 89 quelli denunciati a piede libero e in attesa di giudizio. Atti di accusa contro i giornali, che spesso finiscono con sospensione o multe salate, sono in continuo aumento. Sabato 26 aprile, dopo la forte esplosione nell’area depositi del più importante porto iraniano sul Golfo Persico, il Porto di Bandar Abbas, costruito dagli italiani, che ha causato oltre 100 molti, 20 scomparsi e circa 1400 feriti, il primo atto della magistratura, anziché aprire un’inchiesta sui fatti e le circostanze che hanno determinato questa tragedia, è stata denunciare tre giornali per aver riportato notizie non confermate dalle autorità. Il Procuratore capo di Teheran ha anche avvertito la cittadinanza che pubblicare qualsiasi notizia o foto e video sull’argomento sui social media avrebbe avuto “conseguenza molto serie”.