Samarcanda è una città bellissima, “sogno color turchese”, regno di Tamerlano il grande, nome evocativo, onirico e leggendario come pochi. Giorgia Meloni avrà certamente tenuto conto di tutto questo nello scegliere la data del 25 e 26 aprile per una visita ufficiale in Uzbekistan, che ha aggiunto al suo taccuino , dal momento che la visita ufficiale era quella prevista dal 26 nel Kazakistan, ad Astana, per parlare di approvvigionamenti energetici, che è realmente un tema importante per il paese, pardon la nazione. La bellezza della capitale uzbeca abbinata all’idea di togliersi di mezzo il 25 aprile, prendendo un aereo appena terminati la discesa delle scale del l’altare della patria accanto a Sergio Mattarella devono averla spinta a questa fatica aggiuntiva. Del resto, pensate bene come sarebbe stato più disagevole dover rilasciare dichiarazioni anche all’acqua di rosa sulla resistenza, sulle stragi nazifasciste di cui è costellata l’Italia, sulle città che in quei giorni di 80 anni fa si liberavano da sole, con la resistenza, prima che i nazifascisti risalissero la penisola. Genova, o Napoli, ad esempio.
O peggio dover ammettere che a Via Osoppo non risiedeva una banda di pensionati musicanti ma i torturatori fascisti e poi dover anche confessare che alle Fosse Ardeatine sono stati massacrati non solo romani ed ebrei, ma tanti altri, né romani né ebrei, ma solo antifascisti. Ignazio La Russa lo scorso anno fuggì a Praga a ricordare Jan Palach, la situazione del governo è peggiorata e la Meloni ne avrebbe avute di gatte da pelare restando in Italia, è un anniversario forte, rotondo, e tutto il resto del paese che non si riconosce in Meloni sta preparando piani di celebrazioni grandi ma soprattutto piccole, capillari, in luoghi simbolici, perfino preso le case dei morti di quel famigerato 1945 o nei piccoli cimiteri sui colli dove non va mai nessuno. Il viaggio asiatico motivato alla crisi energetica è un alibi forte, piacerà ai loro giornali di riferimento e un po’ anche ai grandi giornali che di Giorgia Meloni provano da mesi a farci credere che lei è diversa dai compagnucci di Colle Oppio. Al problema di questo importante anniversario del 25 aprile stanno pensando da mesi a Palazzo Chigi, questo è noto, lo temono molto, ritengono che possa diventare un traino per le elezioni regionali e di ulteriori aggregazione a sinistra. Non è nemmeno una grande riflessione strategica quella di constatare che il partito di Fratelli d’Italia non vuole celebrare l’Italia antifascista e che la sua leader, sciaguratamente anche nostra presidente del consiglio, pensa in realtà di fuggire. Salutato Mattarella ai piedi del Vittoriano si farà accompagnare al suo volo di stato per Samarcanda, la culla dei misteri, ma di quelli veri. Il governo Meloni non è un governo antifascista, lo stanno dimostrando in tutti i modi, in modo evidente e tutti giorni, e siccome questo 25 aprile suona un po’ diverso e anche un po’ più partecipato, la fuga a Samarcanda ci sta benissimo. Anche perché se fosse in cerca di meditazione per mettere insieme Trump e le sue politiche demenziali con le strategie più ragionevoli dell’UE la moschea blu di Tamerlano si presta benissimo. Tornerà ritemprata, senza quelle noiose immagini delle stragi con i filmati dele SS tedesche che uccidono spesso a calci i partigiani e quei noiosi confronti ad esempio con stafette partigiane stile Tina Anselmi. E allora “corri corri corri cavallo” corri come il vento e io mi salverò. Tanto al palazzo resterà chiuso dietro le finestre Fazzolari a preparare il mattinale delle falsità.
(Nella foto la Premier Giorgia Meloni)