(Parigi). Centinaia di giornalisti si sono radunati a Parigi e Marsiglia mercoledì 16 aprile per rendere omaggio ai quasi 200 reporter palestinesi uccisi a Gaza dall’inizio della guerra, nell’ottobre 2023. La mobilitazione è nata dall’appello di diverse organizzazioni giornalistiche tra cui SNJ, CGT, CFDT, Reporter senza Frontiere (RSF), la Federazione Internazionale dei Giornalisti (IFJ), e numerose redazioni francesi, tra cui l’AFP. In un editoriale pubblicato da Le Monde, le stesse sigle hanno parlato apertamente di una “strage di proporzioni mai viste prima”.
A Parigi i giornalisti si sono distesi simbolicamente sui gradini dell’Opéra Bastille, indossando pettorine della stampa macchiate di rosso e portando foto dei colleghi uccisi. “Gaza, volti, non solo numeri”, si leggeva su un grande cartello. Durante la manifestazione sono stati letti ad alta voce i nomi di tutti i cronisti assassinati dall’inizio del conflitto «Non ci sono mai state così tante vittime nella nostra professione», ha dichiarato Pablo Aiquel, segretario generale del sindacato dei giornalisti francesi, il SNJ-CGT, intervenuto a nome della IFJ. Il sindacalista palestinese Youssef Habash ha parlato esplicitamente di “genocidio” e ha chiesto la fine del blocco sulla Striscia. Thibaut Bruttin, direttore generale di RSF, ha aggiunto: «Non avevo mai visto un conflitto in cui, quando un giornalista muore, si dice che era un terrorista. Questa manifestazione arriva tardi, forse troppo tardi». Anche a Marsiglia, circa 160 persone si sono radunate al Vieux-Port, dove sono stati letti i nomi dei giornalisti palestinesi uccisi, seguiti da un minuto di silenzio.
Il 13 aprile scorso, in un editoriale pubblicato su Le Monde, giornalisti ed associazioni giornalistiche avevano puntato il dito contro il blackout mediatico imposto da Israele su Gaza: «L’esercito israeliano cerca di mettere a tacere, per quanto possibile, i testimoni dei crimini di guerra commessi dalle sue truppe». Nel loro appello, i giornalisti francesi non hanno dimenticato né i colleghi israeliani né quelli libanesi e siriani uccisi nel conflitto, ma sottolineano che “l’urgenza è Gaza”. Chiedono che venga garantito l’accesso alla stampa internazionale e che si ponga fine all’impunità. Ricordano infine Shireen Abu Akleh, la reporter di Al-Jazeera uccisa a Jenin nel 2022 da un proiettile israeliano. Anche in Cisgiordania, denunciano, la libertà di stampa è sotto attacco. «La stampa non può restare in silenzio mentre chi la esercita viene sistematicamente eliminato. L’informazione è un diritto, la memoria un dovere», è il monito finale lanciato dal collettivo di giornalisti.
Il tributo più toccante è arrivato dalla lettura delle parole postume del giornalista 23enne Hossam Shabat, corrispondente per Al-Jazeera: “Se state leggendo questo, significa che sono stato ucciso”. Il giornalista è stato centrato da un attacco aereo mentre viaggiava in auto, identificabile con la scritta “TV”. Come lui, decine di altri cronisti sono stati uccisi con microfono, mentre scrivevano al computer o telecamera in mano, tra cui Ahmed Al-Louh (Al-Jazeera), Ibrahim Mouhareb (Al-Hadath) e Wafa Al-Udaini, fondatrice del collettivo 16-Octobre. Tutti indossavano giubbotti con la scritta “Press”, molti erano stati minacciati da fonti ufficiali israeliane, che li accusavano, senza prove, di legami con Hamas. Il dogma “giornalista terrorista” e’ servito a Tsahal per eliminare senza fronzoli e vincoli giuridici testimoni scomodi di una sporca e sanguinosa guerra.
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