Quest’anno la Giornata Internazionale della Donna in Iran si festeggia tra i timori per la situazione di tre donne, una sindacalista e due operatrici umanitarie, condannate a morte e in attesa di esecuzione. Le tre donne, tutte e tre curde, si chiamano Verishe Moradi, Pakhshan Azizi e Sharifeh Mohammadi.
Nel 2024 nella Repubblica Islamica sono state impiccate 975 persone, tra cui 31 donne. Il numero più alto di donne impiccate negli ultimi 17 anni. Tra i 63 detenuti condannati a morte per reati politici e di opinione attualmente nelle carceri iraniane, cinque sono donne.
Oggi nelle strade dell’Iran, nelle grandi città come nelle province, le donne sfidano ogni giorno il regime degli Ayatollah, non rispettando con sempre maggiore determinazione l’obbligo di indossare il velo imposto per legge. Sfidano il regime non solo nelle strade, ma anche nei luoghi di lavoro, rischiando il licenziamento. Di recente è stata approvata una legge che avrebbe dovuto inasprire le regole sul velo islamico, ma l’attuale governo, temendo una dura reazione da parte della popolazione, sembra non intenda applicarla.
Il velo, o il chador, non è però l’unico problema con il quale le donne iraniane devono fare i conti ogni giorno. Molte sono le leggi che discriminano le donne. Basta pensare che una donna, per ottenere il passaporto, ha bisogno dell’autorizzazione scritta del marito se sposata, o del padre in caso sia nubile. Secondo la legge sull’eredità, alla donna spetta la metà di ogni cosa rispetto all’erede di sesso maschile. E nel caso di divorzio, la custodia dei figli spetta al padre. Anche le vedove possono perdere la custodia dei figli, che spetterebbe ai parenti maschi del defunto marito. Per non parlare delle discriminazioni salariali e delle altre forme di disuguaglianza nel campo lavorativo. Certe professioni sono proibite alle donne, come per esempio lavorare nelle caffetterie, in certi uffici comunali e nelle agenzie immobiliari.
Da due anni, 36 tra le maggiori università del paese hanno chiuso le porte di certe facoltà, quali ingegneria, agraria o petrolio, alle donne. Le donne per legge non possono candidarsi ad alcuni alti incarichi dello Stato, come la Presidenza della Repubblica, e non possono indossare la toga da giudice.