Meno di una settimana fa proprio su queste pagine abbiamo presentato le ragioni del ricorso al giudice amministrativo di un gruppo di candidati che avevano partecipato, ad una “selezione” della Camera dei Deputati per scegliere i componenti del Cda Rai. I ricorrenti non mettevano in discussione il potere di scelta della Camera, ma più semplicemente il fatto che non vi fosse stata alcuna “comparazione” tra i circa settanta partecipanti come la legge testualmente prevede. Gli stessi ricorrenti chiedevano in subordine al giudice di sollevare la questione di costituzionalità della legge sulle nomine Rai che affida al Governo e alla sua maggioranza il controllo sulla radiotelevisione pubblica.
Dicevo testualmente: è molto più facile che il Tar dopo cinquant’anni dalla sentenza n.225 del 1974, possa riaprire la porta della Consulta. Sarebbe quasi doveroso. Se proprio non volesse percorrere questa strada, ci sarebbe davanti ai giudici la strada della Corte di Giustizia europea. Quale migliore occasione per far dire a chi siede in Europa se i principi di indipendenza del Freedom act, debbano essere presi sul serio.
Il giudice aveva davanti a sé alcune strade da imboccare, tutte ampiamente plausibili; invece con la decisione odierna (10 febbraio 2025), il Tar del Lazio ha preferito quella più scontata, del difetto totale di giurisdizione. In altre parole il giudice ha detto che per lamentarsi di queste ingiustizie (cioè del mancato rispetto di una legge dello Stato) non c’è un giudice a Berlino. Ha ribadito stancamente la tesi dell’atto politico non sindacabile dal giudice, quando gli era stato chiesto con chiarezza che non era in discussione la scelta della Camere, ma l’atto “a monte”, il bando, che imponeva una comparazione tra i candidati.
L’aspetto però più deludente però è rappresentato dal modo in cui il Tar ha scartato le due ultime strade, quelle cioè dei rinvii alla Corte costituzionale o alla Corte di Giustizia a proposito del Freedom Act. Queste sono le parole testuali dei giudici amministrativi: “né vi è luogo per accedere alla chiesta questione di costituzionalità o all’anelato rinvio pregiudiziale alla CGUE, posta la palese infondatezza delle prospettate questioni, la divisata coerenza della normativa interna di riferimento e l’operatività dei “controlimiti” nazionali rispetto alla normativa europea”
Dice il primo comma dell’art.111 della Costituzione: “Tutti i provvedimenti giurisdizionali debbono essere motivati”. A me non sembra proprio che nelle laconiche affermazioni sopra riportate, si possa scorgere una “vera” motivazione. Abbiamo fiducia nella giustizia. Faremo ricorso.