Nella molto pubblicizzata riforma della Giustizia siamo già arrivati alle liste di proscrizione dei giudici da parte della politica. Un’accelerazione legata alle ultime dichiarazioni del senatore di Forza Italia, Maurizio Gasparri, che è anche vice presidente del Senato della Repubblica e che ha fatto nomi e cognimi dei giuduci a suo avviso eccessivamente critici verso il Giverno, dunque scomidi e pertanto passibili di essere messi all’indici. Si tratta di Silvia Albano, Stefano Musolino, segretario nazionale di Magistratura Democratica, Eugenio Albamonte e Federico Cafiero de Raho, oggi parlamentare e in passato in prima linea nella lotta alla criminalià organizzata in Campania, motivo per il quale fu anche minacciato da Francesco Bidognetti detto ciocciotto e’ mezzanotte nella medesima e squallida vicenda che mise nel mirino anche la giornalista Rosaria Capacchione e lo scrittore Roberto Saviano; il processo che li vede parti offese dovrebbe finalmente concludersi il prossimo 27 gennaio. Ciò per dare una idea riassuntiva di chi sono i destinatari delle invettive di un senatore e di una parte ormai ampia della politica. Peraltro le esternazioni di Gasparri arrivano alla vigilia di una protesta senza precedenti decisa dall’Associazione Nazionale Magistrati per contestare la riforma finalizzata alla separazione delle carriere: lasceranno l’aula dell’inaugurazione dell’anno giudiziario con la Costituzione in mano al momento dell’intervento del Ministro della Giustizia Carlo Nordio. Su questa scelta c’è già stata una velenosa presa di posizione dell‘Unione delle Camere Penali italiane che ha spinto molto su questa riforma e anche sulle recenti leggi bavaglio inerenti la pubblicabilità degli atti giudiziari.
Si legge nella nota dell’Ucpi: “L’ANM ha deciso di protestare contro la riforma della separazione delle carriere conducendo l’intera magistratura non solo contro il Governo ma anche contro il Parlamento che quella legge sta approvando, in uno scontro istituzionale che rischia non solo di alterare ancora una volta i necessari equilibri fra i poteri dello Stato ma di compromettere l’immagine stessa della magistratura”.
