158 deportati, 75 deceduti. Ronchi dei Legionari, negli anni della seconda guerra mondiale, aveva poco più di 8mila abitanti e furono questi i numeri del sacrificio patito dalla città, pienamente esposta all’orrore dei campi di concentramento. La Giornata della Memoria, come tradizionalmente avviene, è stata celebrata ieri mattina davanti al monumento dedicato alla deportazione, nei pressi del cimitero comunale. Un monumento che vede impressi i nomi di tutti i lager dove vennero sterminate milioni di persone. Auschwitz, Buchenwald, Bergen Belsen, Dachau, Flossenburg, Mauthausen, Natzweiler, Neugamme, Ravensbruck, Treblinka e la Risiera di San Sabba. Una cerimonia molto partecipata ed impreziosita dalla lettura di alcune lettere scritte dalla senatrice, Liliana Segre, affidata agli studenti della terza A della scuola media Leonardo Da Vinci. Letture di grande impatto emotivo.
Coordinata dalla consigliera comunale, Federica Bon, la manifestazione, curata dall’amministrazione comunale, assieme ad Aned ed Anpi, ha visto la presenza dei labari di Fidas, Protezione civile, Associazione nazionale Alpini, Associazione nazionale Carabinieri e Pro Loco, ma anche di rappresentanti di Carabinieri, Guardia di Finanza e Polizia locale. Benedetta da monsignor Ignazio Sudoso, una corona d’alloro è stata deposta ai piedi del monumento da Mercede Boscarol, moglie di Giacomo, uno dei tanti ronchesi che hanno conosciuto l’orrore della deportazione e Daniela Deiuri. “Tutto quello che è stato fatto allora – ha detto il presidente dell’Aned, Libero Tardivo – è stato fatto per noi. Combattendo un nazifascismo cruento ci è stata donata la libertà. Sacrifici tremendi sono stati sopportati da decine di famiglie ronchesi. Quelle donne e quegli uomini, allora, erano giovani, pieni di energia”. Un commosso ricordo è stato tributato ad Elsa Soranzio, l’ultima staffetta partigiana scomparsa sabato. “Lo scorrere del tempo, inevitabilmente – sono state le parole del sindaco, Mauro Benvenuto – ci priva della testimonianza diretta di chi ha combattuto in prima persona per permetterci oggi di vivere liberi. È nostro dovere mantenere gli ideali e i valori che li hanno animati vivi nei nostri cuori, sempre. Ma ricordare non significa solo rivolgere lo sguardo al passato. Significa interrogare il presente e impegnarsi per il futuro. La carneficina perpetrata dal nazi-fascismo non è iniziata con le camere a gas, ma ha trovato terreno fertile nel pregiudizio, nell’ indifferenza, nel disprezzo per il diverso. È nostro dovere vigilare affinché quei sentimenti non trovino più spazio nella nostra società. Dobbiamo riconoscere che il male non si alimenta solo con gesti estremi, ma anche con l’odio e il livore che possono insinuarsi nella nostra quotidianità. Le parole cariche di rancore, i piccoli atti di intolleranza, la mancanza di empatia verso chi è diverso da noi sono tutti semi di divisione. È proprio nel quotidiano che – ha concluso – abbiamo la responsabilità di costruire una comunità basata sul rispetto, sulla solidarietà, sull’accoglienza”.