Rai, se non ora quando?

0 0

Lo stop al programma di Roberto Saviano già acquistato, l’altolà alla fiction sul sindaco Mimmo Lucano, il balbettante no al racconto della vita di don Gallo, e “last but not least” il divieto di trasmettere le immagini delle manifestazioni sotto le sedi regionali della Rai per protestare contro le dichiarazioni dell’amministratore delegato Roberto Segio diffuse a “Domenica In” indicano che nel servizio pubblico esiste un problema di democrazia. Al contrario di quanto raccontava un eminente membro del governo (“Non bisogna sottrarre, semmai aggiungere” per spiegare la nuova narrazione dei fatti inaugurata dall’esecutivo), è chiaro che si sta procedendo al brutale taglio con la motosega di quanto accade intorno a noi. La direttiva della Testata Giornalistica Regionale di dare solo notizie sulle manifestazioni sotto le sedi aziendali senza immagini a supporto e di non concordare con le questure la presenza di telecamere per disinnescare le spinte violente ha il sapore amaro di quelle veline del regime fasciste che hanno ancora estimatori tra quanti ci governano.
La Rai vive forse il momento più difficile della sua vita, un futuro incerto per la mancanza di un reale piano di sviluppo, risorse limitate che stanno aprendo la strada alla vendita dei gioielli di famiglia. Il deficit di democrazia è quello che più preoccupa, tanto da far rimpiangere l’editto bulgaro e la struttura “segreta” che operava a favore di Mediaset per decidere palinsesti, notizie, eccetera, promossa dal liberale Berlusconi.
Ma a preoccupare più di tutto è il silenzio degli innocenti, la mancata reazione degli organi di rappresentanza dei lavoratori. Fino ad ora si registrano prese di posizione soltanto dei Cdr degli Approfondimenti e di Rainews 24, nonché una lettera di alcuni dipendenti diffusa via twitter. Per il resto assordante e cupo silenzio. Forse è il caso di battere almeno un colpo per ricordare l’esistenza in vita di un problema che in questo momento sembra poco appassionare la classe politica, sempre attenta a richiedere maggiori spazi nel servizio pubblico ma poco attenta a qualità e quantità dell’informazione, oggi più che mai bene pubblico minacciato dall’occupazione.
Nella campagna elettorale che attende il paese per le europee di giugno, trovano poco spazio questioni come la difesa della Costituzione di cui l’Articolo 21 è un elemento portante. Per quanti sono impegnati nell’informazione (minacciata da querele bavaglio, dalle legge bavaglio, e via limitando), la difesa della libertà di espressione deve essere un faro per difendere il diritto ad essere informati.
Articolo 21 non abbassa la testa ed invita tutti alla mobilitazione. Perché se non reagiamo ora sarà troppo tardi. Insomma, se non ora quando?


Iscriviti alla Newsletter di Articolo21