Trecento magistrati scrivono a Nordio: la riforma stravolge lo spirito della Costituzione

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Appello di 300 magistrati in pensione a Nordio: “Separare le carriere di giudici e pm stravolge la Costituzione”

“Siamo magistrati in pensione civilisti e penalisti, giudici e pubblici ministeri, che sentono il bisogno di intervenire contro l’annunciata riforma della separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri”. E’ questo l’incipit della lettera-appello di 320 magistrati. Firme raccolte in soli tre giorni. I promotori hanno ottenuto, tra le altre, l’adesione della prima donna presidente di sezione della Cassazione, Gabriella Luccioli; del civilista presidente aggiunto di Cassazione ed ex commissario Consob, Renato Rordorf, del procuratore generale Giovanni Salvi; di due capi del Dipartimento delle carceri, Giovanni Tamburino e Dino Petralia; dei magistrati che scoprirono la loggia P2, Gherardo Colombo e Giuliano Turone. E poi ci sono l’ex procuratore di Milano Francesco Greco e Piercamillo Davigo; i già procuratori di Torino Marcello Maddalena e Armando Spataro, ex componenti Csm come Vittorio Borraccetti; il giurista di Cassazione Aniello Nappi, e l’ex avvocato generale Nello Rossi; l’ex presidente di Corti d’Assise come Camillo Passerini; la civilista Elena Riva Crugnola; il procuratore genovese del ponte Morandi, Francesco Cozzi, il pm antimafia milanese Alberto Nobili, i presidenti della Corti d’Appello di Milano e Napoli, Vincenzo Salafia e Giuseppe De Carolis.
Dopo aver ricordato che nella quotidianità delle aule “dalle riforme Castelli e Cartabia già sono stati praticamente eliminati i passaggi da una carriera all’altra”, i firmatari del documento sostengono che l’annunciata riforma, in Parlamento dal 6 settembre, “stravolgerebbe l’attuale architettura costituzionale che prevede non solo l’appartenenza di giudici e pm ad un unico ordine giudiziario, indipendente da ogni altro potere, ma anche un unico Csm”.
A chi sostiene che ciò “darebbe un vantaggio al pm rispetto al difensore”, ribattono che «i giudici guardano alla rispondenza agli atti e alla logica degli argomenti delle parti, e non certo alla posizione di chi li propone: se fosse fondato questo sospetto, anche il giudice dell’impugnazione non dovrebbe far parte della stessa carriera del giudice del precedente grado di giudizio. Per contro, è essenziale che il pm abbia in comune con il giudice la stessa formazione e cultura della giurisdizione, godendo anche della stessa indipendenza, perché la sua azione deve mirare all’accertamento della verità, e deve poter essere rivolta nei confronti di chiunque, senza alcun timore. Oggi il pm, proprio perché organo di giustizia, è obbligato a cercare anche le prove favorevoli all’indagato e non di rado chiede l’assoluzione: avverrebbe lo stesso con un pm formato nella logica dell’accusa e del tutto separato dalla cultura del giudice? Ci sorprende che i fautori delle carriere separate non vedano i pericoli». Poi il dubbio sugli obiettivi della riforma, il timore che “il vero intento sia quello di consentire al governo di controllare l’azione del pubblico ministero”.
(Nella foto il Ministro della Giustizia Carlo Nordio)


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