L’uomo nero, il sangue e la verità

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La strage di Bologna non è solo il più grave atto terroristico avvenuto in Italia dal dopoguerra (85 persone uccise e 216 tra feriti e mutilati), è soprattutto un piano terroristico su cui ancora oggi non c’è piena verità.
Nella strage furono coinvolti personaggi di (almeno) quattro formazioni della destra eversiva: i Nuclei armati rivoluzionari (Nar), Terza Posizione, Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale.
E subito dopo lo scoppio della bomba, iniziò il depistaggio organizzato da Licio Gelli, al quale presero parte giornalisti ed esponenti dei servizi segreti.
Lo racconto nel mio libro, Traditori, nei minimi particolari. Partendo “dall’uomo nero”, Paolo Bellini. Una storia su cui ci sarebbe da scrivere più di un film e che, a leggerla, non sembra neanche vera.
Lui, il nero, ultimo in ordine di tempo tra i condannati (in primo grado) per la strage. Lui che divenne latitante. Lui del quale non si trovavano neanche le impronte digitali, nascoste da alcuni militari. Lui che entrò nella ‘Ndrangheta per poi diventarne “pentito”. Lui che si trovava in Sicilia durante le riunioni dei boss che disegnavano l’attacco allo Stato del 92’-93’.
Lui, a casa del quale, si trovava – tenetevi forte – il procuratore di Bologna, Ugo Sisti, il giorno dopo la strage. Si, esattamente così. Il procuratore a casa della famiglia di uno dei responsabili.

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