Dieci anni senza padre Paolo dell’Oglio, ma la sua “voce” non si è mai spenta

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Dieci anni, 3652 giorni senza padre Paolo Dall’Oglio. Dieci anni che non ascoltiamo la sua voce che però non si è mai spenta.
Dieci anni che non si hanno più sue notizie. Dieci anni che chiediamo di sapere quale sia stato il destino del fondatore della comunità interreligiosa di Deir Mar Musa al-Habashio, nel nord della Siria, a circa 80 chilometri dalla capitale Damasco.

Dieci anni senza risposte, tra voci della sua morte, avvistamenti mai suffragati da riscontri e taglie promesse a chi dia informazioni sulla sua sorte e degli altri uomini di chiesa rapiti dal Califfato.
Padre Paolo oltre a essere un uomo di chiesa era anche un ‘collega’ che attraverso la parola e la scrittura raccontava le storie degli ultimi, i dimenticati. A qualunque costo, anche a proprio discapito.

Sopra ogni cosa c’è sempre stato il suo grande amore per i siriani: “Sono disposto a stare in silenzio pur di continuare a rimanere in questo Paese” aveva dichiarato il gesuita quando Damasco lo aveva espulso per le sue posizioni anti-regime.

Il sacerdote, dopo 30 anni vissuti in Siria, era stato allontanato dal Paese nel 2012. Aveva espresso a più riprese critiche feroci anche nei confronti del mondo occidentale ritenendo inaccettabile la poca determinazione nel cercare di fermare la guerra civile che nell’ultimo anno e mezzo ha causato centinaia di migliaia di morti.

La Siria era il luogo del suo apostolato, la sua patria di elezione.

Padre Dall’Oglio aveva una posizione sulla Siria in contrasto con quelle espresse dalla Chiesa siriana e non aveva mai risparmiato critiche nei confronti della diplomazia italiana.

E questo non ha giovato nella ricerca per rintracciarlo.
Intanto il tempo passa. Dieci anni sono tanti. Troppi.  E la mancanza di notizie favorisce il calare dell’oblio sul suo destino. Le informazioni che purtroppo appaiono più vicine alla realtà di ciò che possa essere accaduto sono quelle fornite da un ex miliziano dello Stato islamico che lo scorso anno ha raccontato che Abuna Paolo, così come amavano chiamarlo i siriani che lo avevano accolto e amato, era stato tenuto prigioniero dall’Isis poco distante dalla roccaforte del Califfato, torturato e assassinato alcuni giorni dopo il sequestro. Anche altre fonti hanno avvalorato questa tesi ma non è mai stata prodotta alcuna prova certa che sia andata davvero così

L’unica certezza è che anima Pao manca. Immensamente.

Ci sono persone che ti cambiano la vita, che ti rendono migliori.

Paolo era tra queste.

Oggi più che mai vorrei che fosse qui, a rinnovare il suo insegnamento per il dialogo e la convivenza, per costruire ponti di pace.


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