La Resistenza secondo La Russa

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L’unità, la pacificazione nazionale, la Resistenza. Ignazio La Russa, subito dopo la sua elezione a presidente del Senato (13 ottobre 2022), esalta la libertà, la democrazia. La Russa, esponente di Fratelli d’Italia, partito postfascista, loda la senatrice a vita Liliana Segre, ebrea, deportata da bambina in un campo di concentramento nazista.
Loda Sandro Pertini, combattente antifascista, socialista, ex presidente della Repubblica. Esorta alla pacificazione nazionale perché «solo un’Italia più coesa, pacificata e unita» può «affrontare efficacemente ogni emergenza e criticità». La pacificazione nazionale invocata da La Russa però comincia male: i senatori di Forza Italia, un partito della maggioranza, non lo votano alla presidenza del Senato.
In sintesi: basta con gli scontri su fascismo e antifascismo, tutti uniti nella difesa della libertà e della democrazia. Difatti La Russa da presidente del Senato giura fedeltà alla Repubblica Italiana e alla sua Costituzione nata dalla lotta della Resistenza contro il fascismo e il nazismo.
Le solenni dichiarazioni di La Russa, però, ogni tanto hanno traballato negli ultimi cinque mesi. Prima annuncia che il 25 aprile non sfilerà nei cortei perché sono «appannaggio di una certa sinistra». Adesso arriva lo scivolone, uno scossone pesantissimo sull’attentato dei partigiani in via Rasella durante l’occupazione nazista di Roma. Il presidente del Senato dice in un podcast di “Libero Quotidiano”: «È stata una pagina tutt’altro che nobile della Resistenza: quelli uccisi furono una banda musicale di semi-pensionati e non nazisti delle SS, sapendo benissimo il rischio di rappresaglia su cittadini romani, antifascisti e non». Ma secondo le ricostruzioni storiche il Battaglione Bozen colpito a via Rasella non era una banda musicale militare ma un reparto di polizia alle dipendenze delle SS.
La rappresaglia nazista ci fu, ferocissima: alle Fosse Ardeatine furono trucidati 335 antifascisti, ebrei, detenuti comuni prelevati nelle carceri e nelle strade di Roma.
Scoppia il caso, La Russa frena con una precisazione: «Confermo parola per parola la mia condanna durissima dell’eccidio delle Fosse Ardeatine che solo pochi giorni fa ho definito “una delle pagine più brutali della nostra storia”». Le opposizioni di centro-sinistra giudicano “indecenti” le parole del presidente del Senato su via Rasella.
Successivamente arrivano le scuse da parte del presidente del Senato: «Non ho difficoltà a precisare che ho sbagliato a non sottolineare che i tedeschi uccisi in via Rasella fossero soldati nazisti ma credevo che fosse ovvio e scontato oltre che notorio».
La Russa vuole festeggiare il 25 aprile, la festa della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo, ma evidentemente tende a farlo a modo suo. Il Msi, il partito nel quale militò La Russa, si richiamava al fascismo. Non a caso Gianfranco Fini nel 1995 troncò il legame con l’eredità fascista sciogliendo il Msi e fondando An, un partito della destra democratica. Fini definì il fascismo «il male assoluto» suscitando non poche reazioni negative tra le frange nostalgiche missine.
Giorgia Meloni, ex Msi, fondatrice di Fratelli d’Italia, ha seguito la strada aperta da Fini rifiutando ogni legame culturale e politico con la dittatura fascista. Quando in Fratelli d’Italia è riemersa una nostalgia per il regime di Benito Mussolini l’ha immediatamente attaccata e sanzionata. La presidente del Consiglio ha lavorato e lavora per costruire una forza di destra democratica e gli elettori l’hanno premiata: Fratelli d’Italia ha stravinto le elezioni politiche divenendo il primo partito italiano. Ma basta poco per compromettere tutto. La stragrande maggioranza degli italiani divenuti elettori di Fratelli d’Italia possono essere conservatori ma certamente non sono fascisti. Basta anche una “scivolata” per compromettere tutto.

Rodolfo Ruocco

 


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