Il viaggio di Papa Francesco, portata storica per un’eco mediatica modesta

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“Dobbiamo toglierci l’idea che l’Africa vada sfruttata. Non è possibile avere tante ricchezze naturali che attirano gente che viene a sfruttare il Congo, scusatemi la parola. C’è questa idea: l’Africa va sfruttata. Basta”.
Con questo messaggio forte papa Francesco ha aperto la conferenza stampa sull’aereo che lo ha riportato a Roma dall’Africa dove era arrivato il 31 gennaio per una visita apostolica di sei giorni. Una visita storica che nonostante l’importanza della sua portata sulla stampa italiana ha riscosso una eco non all’altezza del momento.
Ma il pontefice ha provato in ogni modo a scuotere le coscienze e l’attenzione dei media. Nel corso del tradizionale incontro con stampa che lo ha seguito nella Repubblica democratica del Congo e in Sud Sudan per il 40esimo viaggio internazionale ha voluto denunciato con forza e condannato chi depaupera il continente africano.
Una conferenza stampa che ha visto accanto al papa l’arcivescovo di Canterbury Justin Welby, e il moderatore dell’assemblea generale della Chiesa di Scozia Ian Greenshields.
“Qualcuno dice, non so se è vero, che i paesi che avevano colonie hanno dato l’indipendenza ‘dal pavimento in su’, non sotto, perchè vengono a cercare minerali. Ma l’idea che Africa è per sfruttare dobbiamo toglierla. E parlando di sfruttamento mi colpisce. Dà dolore il problema dell’Est (della RC del Congo, ndr). Ho potuto avere una riunione con vittime di quella guerra, feriti, amputati, tanto dolore, tutto per prendere le ricchezze, non va, non va”, ha sottolineato Francesco.
Nel lungo confronto con i giornalisti, Bergoglio ha ribadito ancora una volta la “vergogna della vendita delle armi”, definendola “la peste più grande nel mondo”.
“Il tema della violenza è un tema quotidiano. Lo abbiamo appena visto in Sud Sudan. È doloroso vedere come si provoca la violenza. Uno dei punti è la vendita delle armi. Qualcuno che ci capisce mi diceva che senza vendere armi per un anno finirebbe la fame nel mondo. Non so se è vero. Ma oggi al top è la vendita delle armi. – ha ripetuto – E non solo tra le grandi potenze. Anche a questa povera gente…gli seminano la guerra dentro. È crudele. Gli dicono: ‘Vai alla guerra!’, e gli danno le armi. Perché dietro ci sono interessi economici per sfruttare la terra, i minerali, le ricchezze. È vero che il tribalismo in Africa non aiuta. Ora non so bene come è in Sud Sudan. Credo che anche lì ci sia. Ma ci vuole dialogo fra le diverse tribù”, ha aggiunto Francesco riportando la questione ai paesi da lui visitati e che si trovano da decenni una una situazione drammatica di guerra e violenza.
“Io ricordo quando sono stato in Kenya nello stadio pieno. Tutti si sono alzati in piedi a dire ‘no al tribalismo, no al tribalismo’. Ognuno ha la propria storia, ci sono inimicizie vecchie, culture diverse. Ma è anche vero che si provoca la lotta fra le tribù con la vendita delle armi e poi si sfrutta la guerra di ambedue le tribù. Questo è diabolico. Non mi viene un’altra parola. Questo è distruggere: distruggere il creato, distruggere la persona, distruggere la società. Non so se anche in Sud Sudan succede ma in alcuni Paesi sì succede: i ragazzini sono reclutati per fare parte della milizia e combattere con altri ragazzini”.
“Riassumendo, credo che il problema più grave è l’ansia di prendere la ricchezza di quel paese – coltan, litio? queste cose – e tramite la guerra, per la quale vendono le armi, sfruttano anche i bambini” la denuncia finale del Santo Padre che ha concluso l’incontro con la stampa, 75 giornalisti da tutto il mondo, facendo un  accenno alla sua salute.
“L’erba cattiva non muore mai! Non sto come all’inizio del pontificato, questo ginocchio dà fastidio, ma va avanti lentamente, poi vediamo” ha risposto papa Francesco a una domanda di un giornalista su come si sentisse e se fosse pronto per i prossimi viaggi.
“Credo che un prossimo viaggio importante sarà l’India il prossimo anno. Il 29 settembre andrò a Marsiglia, e c’è la possibilità che da Marsiglia voli in Mongolia, ma non è ancora definito. È possibile. Poi Lisbona. Il criterio: io ho scelto di visitare i paesi più piccoli dell’Europa. Diranno: ‘Ma è andato in Francia’, no, sono andato a Strasburgo; andrò a Marsiglia, non in Francia. I più piccoli, i più piccoli. Per conoscere un po’ l’Europa nascosta, l’Europa che ha tanta cultura ma non è conosciuta. Per accompagnare paesi, per esempio l’Albania, che è stato il primo, che è il paese che ha sofferto la dittatura più crudele, più crudele, della storia. Poi la scelta mia è questa: cercare di non cadere io nella globalizzazione dell’indifferenza” ha concluso Papa Francesco che ha espresso anche tutta la sua contrarietà per il conflitto in Ucraina, che non sembra destinato a terminare presto, ribadendo di essere sempre “aperto a incontrare entrambi i presidenti, quello dell’Ucraina e quello della Russia”.
”Se io non sono andato a Kiev – ha tenuto a precisare il Pomtefice – è perché non era possibile in quel momento andare a Mosca, ma ero in dialogo, anzi il secondo giorno della guerra sono andato all’ambasciata russa a dire che volevo andare a Mosca a parlare con Putin, a patto che ci fosse una piccola finestrina per negoziare. Poi il ministro Lavrov mi ha risposto che valutava bene questo ma “vediamo più avanti”. Quel gesto è un gesto che ho pensato, che ‘lo faccio per lui'”, rivolto a Putin.
Quando  gli è stato chiesto se fosse pronto ad inginocchiarsi anche davanti al leader del Cremlino come fece quattro anni fa coi leader del Sud Sudan nell’incontro in Vaticano per chiedere la pace, Bergoglio ha risposto “Il gesto dell’incontro 2019 non so come è successo, non è stato pensato e le cose che non sono state pensate tu non puoi ripeterle, è lo Spirito che ti porta lì, non si può spiegare, punto. E io anche l’ho dimenticato. E stato un servizio, sono stato strumento di qualche impulso interiore, non una cosa pianificata. Oggi siamo a questo punto, ma non è l’unica guerra, io vorrei fare giustizia: da dodici-tredici anni la Siria è in guerra, da più di dieci anni lo Yemen è in guerra; pensa al Myamar, alla povera gente Rohingya che gira il mondo perché sono stati cacciati via dalla propria patria. Dappertutto, nell’America Latina, quanti focolai di guerra ci sono”. ” Sì, ci sono guerre più importanti per il rumore che fanno, ma, non so, tutto il mondo è in guerra, e in autodistruzione. Dobbiamo pensare seriamente: è in autodistruzione. Fermiamoci in tempo, perché una bomba ti richiama una più grande e una più grande e nell’escalation tu non sai dove finirai” ha ammonito il papa.
Francesco non ha esitato a risponderete neanche a una domanda sull’omosessualità.
“La criminalizzazione degli omosessuali è un problema da non lasciar passare. Più o meno, cinquanta Paesi (ndr sono 67 – de facto 69 con Egitto e Iraq) in un modo o in un altro, portano a questa criminalizzazione – mi dicono di più, ma diciamo almeno cinquanta – e anche alcuni di questi – credo siano dieci, hanno la pena di morte per gli omosessual – questo non è giusto, le persone di tendenze omosessuali sono figli di Dio, Dio gli vuole bene, Dio li accompagna. È vero che alcuni sono in questo stato per diverse situazioni non volute, ma condannare una persona così è peccato, criminalizzare le persone di tendenza omosessuale è una ingiustizia” ha concluso  il papa al termine dell’incontro con i giornalisti sul volo di rientro dal Sud Sudan.


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