L’importanza dello smartphone e la sfida ambientale 

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Spiace dirlo, ma la sinistra globale sta sbagliando tutto. Sul piano politico, mediatico e dei temi scelti per dare battaglia a una destra che, a livello planetario, si conferma uno dei grandi problemi del nostro tempo. Tanto per ampliare lo sguardo, partiamo dalla critica mossa da un grande scrittore, di sicura fede ambientalista, come Jonathan Safran Foer nei confronti dei social network. A suo dire, avrebbero mille difetti e sarebbe meglio utilizzarli meno nell’anno che è appena iniziato. Ora, che i social abbiano dato la stura a una serie di epiteti insopportabili e di espressioni malvagie, violente e pericolose non c’è dubbio. Basti pensare alla Segre costretta a vivere sotto scorta a causa delle minacce ricevute dagli squadristi da tastiera o alla valanga di liquame gettata su esponenti politiche donne di diversi orientamenti politici, quasi sempre sinistra e 5 Stelle, per rendersi conto della barbarie in corso. Già, ma è colpa dei social o della maleducazione insita in determinate persone e del clima fetido alimentato non solo da una parte della classe dirigente globale ma anche da alcuni giornali e giornalisti, il cui scopo sembra non essere più quello di informare la cittadinanza ma quello di colpire i personaggi sgraditi a loro e, soprattutto, ai loro padroni? Un discorso analogo vale per gli smartphone. Ragazzi, d’accordo, qualcuno ne abusa e andrebbero maneggiati con cura, ma vorrei davvero sapere che sinistra è quella che non è in grado di coglierne anche le immense potenzialità.
È sempre bene evitare di autocitarsi, ma il mio piccolo Emiciclo, la trasmissione che mi sono inventato su Facebook, al pari dell’inchiesta sui fatti tragici del G8 di Genova, senza i social e la libertà che essi, in qualche misura, ancora garantiscono, non sarebbe mai stata possibile. Meno che mai con questi editori, in un panorama culturale e giornalistico sempre più asfittico, in un quadro politico sempre più orientato verso il peggior conservatorismo e in una fase storica in cui oggi il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio è lo stesso Mantovano che era sottosegretario al Ministero degli Interni nella notte della Diaz e nei giorni di Bolzaneto. A tal riguardo, vorrei che fosse chiaro un altro aspetto: se questi “diavoli” fossero esistiti a suo tempo, con ogni probabilità, i magistrati non avrebbero avuto a disposizione solo una serie di testimonianze strazianti ma anche qualche documento audio e video da mettere agli atti e utilizzare come prova, il che avrebbe reso quei processi meno lunghi, meno faticosi e più redditizi sul versante dell’accertamento della verità e dell’affermazione della forza del diritto sul diritto della forza. Del resto, è uno dei fondamenti del cosiddetto “citizen journalism” (“Don’t hate the media, become the media”: non odiare i mezzi d’informazione, diventalo tu stesso), e quando il potere fa di tutto per contrastarlo, dall’autogrill di Renzi e Mancini alla crociata del Ministro dell’Umiliazione contro i cellulari in classe, la domanda che bisogna porsi è se davvero il suddetto potere lo faccia per il nostro bene o non, piuttosto, per tutelare se stesso e ridurre al minimo gli strumenti di controllo delle proprie azioni.
Vale anche per quanto concerne la questione ambientale? Certamente sì. Greta Thunberg e gli attivisti e le attiviste di casa nostra, anche se magari non lo sanno, sono nati allora: altro non sono, infatti, che l’evoluzione in chiave contemporanea delle battaglie di Seattle e dei temi posti al centro da don Ciotti, padre Alex Zanotelli, don Gallo e altri giganti in quei giorni indimenticabili del luglio 2001. All’epoca si parlava di Africa, lotta all’AIDS e cancellazione del debito per i paesi del Terzo mondo. Oggi la battaglia contro i cambiamenti climatici e per un ambiente più sano, elemento indispensabile per la valorizzazione di ogni diritto sociale e civile, ha il volto giovane e fresco dell’ugandese Vanessa Nakate. E gli avversari strenui della Chiesa di Francesco, del suo Dio d’Avvento e della sua enciclica “Laudato si'” sono gli stessi che vent’anni fa ci narravano, con rara protervia, “le magnifiche sorti e progressive” della globalizzazione senza regole, da cui derivano molte delle catastrofi contemporanee. Nei primi anni Duemila, i “signori della guerra” erano schierati al fianco di Bush e Blair nei teatri infernali dell’Afghanistan e dell’Iraq, con tutte le conseguenze che sono sotto i nostri cocchi; attualmente, si oppongono a ogni prospettiva di pace in Ucraina e sostengono tutti gli autocrati del pianeta: da Putin a Orbán, da Bolsonaro ai regimi mediorientali e del Nordafrica, fino ad arrivare ai protagonisti del declino occidentale, a cominciare dall’ideologo del trumpismo Steve Bannon, cultore dell’alt-right che vorrebbe riportare il mondo, di fatto, al Medioevo.
E qui si inserisce la crisi della sinistra. Mi vengono in mente alcuni esempi storici, la prendo molto alla larga: Dante scelse di scrivere la Commedia in volgare per avvicinarla ai ceti popolari che non conoscevano il latino; e così pare che fece anche San Francesco con il Cantico delle creature, il cui esempio fu seguito, qualche secolo dopo, da Sant’Alfonso de’ Liguori, che scrisse in dialetto napoletano “Quanno nascette Ninno” (l’attuale “Tu scendi dalle stelle”) per renderlo comprensibile agli scugnizzi cui era rivolto. Ma noi, venendo alla contemporaneità, siamo cresciuti con l’esempio di Enzo Biagi, che avvicinò Epoca alle masse e si inventò anche una magnifica rubrica di critica televisiva, di Umberto Eco, autore della “Fenomenologia di Mike”, e di Edmondo Berselli, che era capace di raccontare splendori e miserie della Prima Repubblica partendo dal sinistro magico di Mariolino Corso. Sinistra, masse e modernità, insomma, sono stati per decenni concetti inscindibili; ora, invece, sembra che l’antipatia, la spocchia e il dileggio degli ultimi siano diventati i tratti distintivi di quella che vorremmo continuasse a essere la nostra parte politica, non avendo intenzione di diventare apolidi.
Come ha capito bene Naomi Klein, la questione ambientale è il cardine che tiene insieme ogni altro concetto: dalla salute della collettività, dalla difesa della Terra e dei suoi diritti e dalla battaglia contro la distruzione del paesaggio, del territorio e delle risorse, difatti, deriva tutto il resto. E pur consigliando loro di evitare azioni controproducenti, esprimiamo solidarietà e affetto agli attivisti e alle attiviste di Ultima generazione, nome tutt’altro che stupido, dato che davvero potrebbe non essercene una successiva, perché la persecuzione nei loro confronti non può essere accettata. Non in una democrazia occidentale, almeno, non quando ci si batte al fianco dei ragazzi e delle ragazze di Teheran, non mentre si sciolgono i ghiacciai e si corre il rischio di una devastazione totale dell’ecosistema che la guerra in Ucraina non fa che accelerare. Non pretendiamo che lo comprendano i demolitori dell’attuale governo, che sul “Divide et impera” hanno fondato la loro intera carriera, ma alla sinistra, o a quel che ne rimane, chiediamo se non un minimo di umanità, quanto meno la riaffermazione dei principî della misura e dell’intelligenza. Con meno di questo, il “tutti a casa” diventerà inevitabile.

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