Contro ogni violenza, compresa quella mediatica

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Premessa d’obbligo: noi siamo sempre stati e sempre saremo contrari a ogni violenza. E se dovessimo dare un consiglio ai ragazzi e alle ragazze che giustamente si battono in nome dell’ambiente, contro ogni forma di inquinamento e di sfregio paesaggistico, diremmo loro di stare molto attenti alle modalità di lotta che scelgono di abbracciare. Glielo diciamo senza paternalismi di sorta, con stima, affetto e gratitudine, da persone che hanno visto Genova e altre battaglie, dunque coscienti del fatto che l’aspetto mediatico sia importante quasi quanto i temi per cui ci si impegna. Saper comunicare, oltretutto, in un mondo come quello in cui siamo immersi, è indispensabile. Oggi più che mai, infatti, “il mezzo è il messaggio” e imbrattare la facciata del Senato, sia pur con della vernice lavabile, è un atto che, a livello comunicativo, si paga, purtroppo anche a caro prezzo. Ciò detto, veniamo all’altra violenza.
Dai sepolcri imbiancati che pontificano di ambiente, elogiando Greta con somma ipocrisia, senza poi far nulla per migliorare le condizioni di vita del pianeta, la sostenibilità del modello di sviluppo e la salute degli ultimi, dei deboli e delle troppe aree che stanno sprofondando sotto il peso dell’abbandono, dell’incuria e della devastazione provocata dall’uomo non accettiamo lezioni. Allo stesso modo, non accettiamo lezioni da chi ci domandiamo se voglia ancora svolgere il nostro mestiere e dare anche le notizie scomode, poiché la censura e l’insulto nei confronti di chiunque si distanzi dal pensiero dominante è contrario alla nostra deontologia professionale. Non ce l’abbiamo con qualcuno in particolare, sia chiaro, ma la nostra categoria non può fare a meno di interrogarsi sui suoi limiti nel contesto di un mondo che sembra non capire più e ciò che è peggio, in alcuni casi, non voler più capire.

Quanto alla classe politica, abbiamo già dato. Signori, vi conosciamo bene. Sappiamo chi siete, vi vediamo all’opera da tanti anni e sappiamo che non siete cambiati rispetto a quando giustificavate, per usare un eufemismo, i tonfa che si abbattevano contro un’altra generazione che lottava con fierezza per contrastare una globalizzazione senza regole e senza diritti che ha finito col travolgere l’umanità nel suo insieme. Siete sempre gli stessi e vi stiamo vedendo in azione: dal divieto di utilizzare i cellulari a scuola al decreto sui rave, conoscete solo la repressione, la pena e l’educazione severa, senza mai provare a comprendere e ad ascoltare, senza mai avere un approccio inclusivo e non divisivo; insomma, senza mai provare, neanche per un minuto, a fare politica nella sua accezione più alta e nobile.

Noi siamo contrari a ogni forma di sopruso, lo ribadiamo, e il rispetto per le istituzioni è sempre stato la nostra bussola. Tuttavia, pensiamo anche che di fronte alla cappa di silenzio e indifferenza che è stata fatta calare su questioni dalle quali dipende il futuro della collettività, una protesta incisiva possa costituire una boccata d’ossigeno. E se le modalità sono discutibili, i principî meritano di essere presi in seria considerazione. E le istituzioni hanno il dovere di prendere per mano questi ventenni che ancora credono nel futuro e rivendicano il diritto di costruirne uno diverso e migliore, non di sanzionare e basta, peraltro con inusitata ferocia e la cattiveria tipica di chi non ha risposte valide da offrire. L’informazione, infine, non può lavarsene le mani, ergersi a giudice e, a sua volta, dividere, in maniera del tutto arbitraria, i buoni dai cattivi, i giusti dagli sbagliati, perché questo è esattamente il comportamento che contestiamo in altri paesi, là dove prevale il fondamentalismo contro cui si scagliano altri giovani che, invece, ammiriamo e giustamente difendiamo con convinzione, rappresentando una speranza concreta in una società sempre più ingiusta e violenta.

Il bavaglio, la rappresaglia e la furia sono elementi che non hanno nulla a che spartire con i fondamenti della nostra democrazia. E chi se ne rende protagonista è assai peggiore di una generazione magari ingenua ma la cui unica colpa è quella di non sentirsi rappresentata da nessuno e di rivendicare con convinzione i propri spazi. Talvolta, forse, sbagliano, in qualche caso eccedono, ma mai quanto gli adulti che si sono dimenticati di aver avuto anche loro vent’anni, trasformandosi in vestali del pensiero unico per difendere le sole cose che abbiano davvero a cuore: i soldi e la carriera.

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