Decreto anti rave, una norma incostituzionale. Intervista ad Andrea Patroni Griffi

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Non c’è pace all’ombra dei raduni. Continua a mietere polemiche il Decreto Legge 31 ottobre 2022, n. 162, che introduce all’articolo 5 un nuovo tipo di reato, “l’invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica”. Un provvedimento “urgente”, creato in fretta e furia, dopo che era stato sgomberato, senza particolari difficoltà, il rave party di Modena e che ha visto spaccarsi l’opinione pubblica italiana: da una parte i detrattori, che sostengono che la norma possa applicarsi a manifestazioni e raduni di qualsiasi tipo, dall’altra coloro che sostengono che questa legge sia stata necessaria per tutelare la proprietà privata, applaudendo alle sanzioni più severe… Secondo un’indagine dell’Agi sui social quasi il 50% delle discussioni inerenti i rave party e il relativo decreto legge, comprendono dei riferimenti alla manifestazione di Predappio: “una sorta di contenuto ibrido utilizzato per discutere, più in generale, di diritti, libertà e priorità politiche. Il confronto tra rave party e le celebrazioni dei nostalgici del ventennio fascista, è riproposto in rete nella metà delle discussioni inerenti il decreto”. Il concetto alla base del dissenso è: si vietano i rave, e non si vietano i raduni in violazione della legge Scelba.  Intanto, dopo accese diatribe governative e di opposizione, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, rivolgendosi ai segretari Generali dei sindacati confederali, incontrati al Viminale poche ore fa, ha dichiarato che in sede parlamentare, “appoggerà qualsiasi modifica al testo normativo indirizzata nel senso di meglio precisare, qualora lo si ritenga necessario, i confini della nuova fattispecie penale”. Come dire, se ho sbagliato, faccio ammenda… Per comprendere l’aspetto tecnico della questione, così discussa, abbiamo chiesto un parere ad Andrea Patroni Griffi, Costituzionalista, Ordinario di Diritto pubblico e costituzionale dell’Università della Campania Luigi  Vanvitelli e Direttore del Centro Interuniversitario di Ricerca Bioetica.

Professore perché sarebbe incostituzionale la norma “anti rave”?

L’incostituzionalità di una legge ovviamente è accertata solo dalla Corte costituzionale. Ma sono diversi i profili di dubbia costituzionalità del decreto, a partire dal ricorso alla decretazione d’urgenza. La Costituzione richiede il presupposto di casi straordinari di necessità e di urgenza. L’urgenza nel caso di specie è davvero difficile da ravvedere. Inoltre, la Corte costituzionale nella sua giurisprudenza ci ha detto che i decreti legge devono essere omogenei nel loro contenuto. Il decreto legge n. 122/2022 invece riguarda cose molto diverse tra loro. Certo, va detto, molti di questi abusi della decretazione d’urgenza hanno storia ormai lunga e hanno riguardato governi di ogni colore politico e anche governi tecnici.

È stato un decreto necessario o esisteva già  una normativa applicabile al caso specifico in Italia?

Come decreto legge ribadisco che la sussistenza di “casi straordinari di necessità e urgenza” è difficile da rinvenire peraltro nell’ambito di una legalità rafforzata come quella dell’articolo 25 della Costituzione, dove la naturale sede di discussione dovrebbe essere il Parlamento. Sulla necessità di una regolamentazione specifica sulla fattispecie con ricorso al diritto penale, che pure costituisce extrema ratio nel nostro ordinamento costituzionale, le opinioni sono diverse anche alla luce della diversa sensibilità politica in tema di sicurezza. Dunque per alcuni evidentemente non bastava la normativa penale già vigente.

Il decreto  – secondo tcnici e politici – è scritto male… Quali sarebbero le falle? 

La cattiva scrittura di testi normativi è un male purtroppo ricorrente. E’ un pericolo per la certezza del diritto, che ovviamente ancor più in materia penale va garantita. Ciascuno deve essere certo delle condotte che legittimamente possono essere tenute e di quelle invece sanzionate penalmente. Altrimenti ci troveremmo di fronte a possibili abusi da parte delle autorità e anche a contrasti interpretativi degli stessi giudici. Proprio per questo la tassatività è così importante nel diritto penale. Il legislatore penale nello scrivere una disposizione deve determinare con precisione e chiarezza la fattispecie. Se non è chiaro, tramite l’interpretazione, ciò che per la norma è penalmente lecito o illecito, il legislatore ha fallito nel suo compito che è un dovere costituzionale.

 Può essere definita una legge liberticida? 

Spetta alla Corte costituzionale accertarlo. Il nostro ordinamento ha tutti gli anticorpi per reagire e annullare una legge liberticida. Certo, occorre sempre massima cautela e prudenza quando si disciplinano fattispecie penali che possono andare in contrasto con diritti fondamentali. Ricordiamoci, poi nel caso in esame, sempre che la libertà di riunione, idealmente collegata alla stessa libertà di manifestazione del pensiero, è costituzionalmente “sacra”, nel senso il Costituente pone solo un onere di preavviso alle autorità per le riunioni in luogo pubblico, che devono essere pacifiche e possono essere vietate soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica.

Passerà il vaglio della Corte Costituzionale?

Vanno distinte le questioni. Per quanto riguarda il ricorso al decreto legge, che perpetua una prassi ricorrente di abusi, si deve vedere se la Corte costituzionale valuterà di sanzionare proprio il primo decreto del nuovo governo. Sugli altri dubbi di costituzionalità dobbiamo leggere prima il testo che verrà alla luce degli emendamenti che verranno apportati in sede di conversione del decreto da parte del Parlamento.


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