Vulnus “malus bonus”. Una scelta finanziaria anti-economica

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Anni fa in un condominio l’impresa esecutrice aveva passato (male) un poco di colore sulla facciata. Anche sulle intonse rondelle dei tasselli a muro. Il direttore dei lavori contabilizzò invece: demolizione intonaco, trasporto, conferimento in discarica, rifacimento dei tre strati d’intonaco e tinteggiatura. Il “dominus“ dell’impresa fu poi condannato ai sensi del 41bis. Come per la pubblica “somma urgenza” le ristrutturazioni possono nascondere dei “vulnus” contabili enormi. Pare che grazie al “Bonus casa” una associazione a delinquere abbia letteralmente rubato una cifra prossima al miliardo di euro, per lavori non eseguiti. Ma questo non è l’unico problema del “bonus”.

Personalmente ritengo che le enormi risorse impiegate per i vari “bonus casa” sono male utilizzate, facendo soprattutto intravedere degli aspetti di incostituzionalità. In sostanza si favorisce solo la classe sociale medio-alta, che una casa ce l’ha già e che può avere concreti benefici in funzione dei maggiori redditi e maggior abbattimento fiscale. Per i milioni di cittadini italiani che vorrebbero una casa non c’è nulla, né un equivalente, in merito di finanziamenti a fondo perduto. Non si tratta solo dei meno abbienti, ma anche dei giovani, che non fanno figli per mancanza di case (il nido), anche perché fanno parte della nuova schiera dei lavoratori-poveri.

Nel dopoguerra Fanfani si inimicò gli USA, avendo dirottato parte dei fondi americani per il suo “piano casa”, che favorì la ripresa. Ai nostri alleati non andava a genio una legge che favoriva l’occupazione e le esigenze abitative dei poveri. Avrebbe preferito che le somme fossero destinate alla classe media che poi si sarebbe rivolta alla finanza USA per investire. La storia si ripete. Tristemente.


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