Crisi Russia-Ucraina: bavagli mediatici e informazione manipolata

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La rapida escalation della crisi tra Russia e Ucraina ha portato nelle scorse ore a uno spostamento fisico dell’area cuscinetto della Russia, attuato dal riconoscimento da parte del Cremlino dell’autonomia delle due Repubbliche del Donbass.
La Guerra a colpi di informazione a cui il mondo sta assistendo ha stabilito un livello di subalternità tra i due Paesi, reso evidente da una ricostruzione storica volta a svilire e delegittimare la sovranità dello Stato costretto da anni nel mirino russo.

La dialettica politica assume qui un valore fondamentale, nel momento in cui la scelta semantica di determinate espressioni è un’implicatura fuorviante o distorsiva dell’assetto geopolitico che l’attualità ci presenta. Le ripercussioni principali di tale narrazione si manifestano ai danni della società civile, al momento nella morsa di un clima di opinione altamente polarizzante.

Ciò che preme evidenziare in tale scenario sono i limiti imposti alla libertà di espressione e i bavagli sociali e mediatici che comportano un isolamento delle voci in contrasto con la linea del Cremlino, rispetto al resto del mondo. In Russia sono infatti presenti movimenti di natura prettamente artistica e culturale che sostengono la sovranità dell’Ucraina, ma che vengono nascosti o considerati gruppi dissidenti a causa dei meccanismi di autocensura attuati dai mezzi d’informazione russi. Tali aggregazioni risentono anche della “legge sulle organizzazioni indesiderate”, firmata da Putin nel 2015, un anno dopo l’annessione della Crimea, che consente allo Stato il pieno controllo sull’associazionismo, con facoltà di vietare anche le attività di ong straniere considerate pericolose, stabilendo pene e controlli per i cittadini russi in contatto con esse.

A tale forma di isolamento, si aggiunge il controllo del governo centrale russo sulla maggior parte dei media, incrementato da un processo di nazionalizzazione che negli ultimi vent’anni – in concomitanza con la sedimentazione del potere di Putin all’interno del Paese – è diventato sempre più incisivo.
La narrativa propagandistica e persuasiva alimentata attraverso i mezzi d’informazione è improntata in ottica antiamericana e antiatlantica, veicolata con un afflusso di notizie centellinate e volte a identificare Biden quale capro espiatorio della carente comunicazione diplomatica tra i due fronti. Il controllo russo sull’informazione ha preso piede anche sui social network, grazie a un massiccio lavoro di coordinazione tra i media sostenuti dalla Russia, e quelli ad essi ufficiosamente affiliati, presenti negli Stati Uniti e in Europa. Ciò consente la creazione di camere dell’eco nel contesto digitale, dove le informazioni vengono diffuse su larga scala e tradotte in più lingue, alimentando una guerra mediatica che concorre a deteriorare il già precario ordine mondiale. Occorre però considerare che tale meccanismo è principalmente orientato verso la propaganda estera, in quanto a livello domestico i cittadini russi sono già stati progressivamente allontanati dalle grandi piattaforme internazionali. Infatti, negli anni, i social network sono diventati una fonte di informazioni per schedare i profili russi, e controllare opinioni e commenti ad essi collegati, diventando fonte di notizie utili a campagne di persecuzione e arresti.

L’obiettivo della Russia, condiviso dalla Cina, è quello di creare una piattaforma propria, chiusa a qualsiasi contaminazione esterna ai confini nazionali, dominando parallelamente i flussi di informazione che circolano nel resto del mondo. Nell’area del Donbass si è inoltre intensificata la trasmissione di radio e tv filo governative russe, e il clima di caos e confusione sociale ci restituisce un quadro tragico sui limiti imposti alle libertà individuali.


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