Sergio Mattarella e Mario Draghi: una coppia da non separare

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Il 7 dicembre scorso al Teatro alla Scala di Milano è andata in scena la prima dell’opera Macbeth di Giuseppe Verdi in chiave moderna. Un’opera ispirata a Shakespeare, alla tragedia della brama del potere che distrugge e che la regia di David Livermore ha reso allusiva immaginando un mondo che crolla dominato dal denaro e dall’avidità. Un applauso lungo parecchi minuti, forte e ritmato da plurimi “bis” “bis” tutti in piedi, ha salutato Sergio Mattarella al suo arrivo sul palco d’onore. E lui, il Presidente, emozionatissimo, ha salutato con il suo stile elegante e sobrio senza muovere altro che gli occhi e la mano per salutare; per un attimo mani giunte per dire grazie. All’esecuzione dell’inno nazionale diretto da Riccardo Chailly in forma strepitosa, con la bacchetta alzata, altra ovazione con i “bis”. Una Prima molto particolare che ha fatto pensare alla ripresa anche del Paese che l’anno scorso era tutto chiuso e la prima non ci fu. Ma anche il saluto affettuoso riservato al Presidente Mattarella è stato molto più che un prolungato applauso. Quasi alla fine del suo mandato è stato un appello, una preghiera: rimanga ancora al Quirinale Presidente, il Paese ha bisogno di lei. Una richiesta condivisa e in sintonia con il popolo.

13 dicembre2021: il governo di Mario Draghi compie dieci mesi. Ho ripensato al percorso che ha portato il Presidente Mattarella a dare l’incarico a Mario Draghi. All’apertura della crisi di governo, fallito il tentativo con l’incarico al Presidente della Camera Roberto Fico, il nostro Presidente ha pronunciato parole forti e chiare prima di incaricare Mario Draghi di formare il nuovo governo: era il 2 febbraio u.s. Ricordò che dalle consultazioni erano emerse posizioni diverse rispetto alle quali così si espresse:

“Vi sono due strade tra di loro alternative. Dare, immediatamente, vita a un nuovo Governo, adeguato a fronteggiare le gravi emergenze presenti: sanitaria, sociale, economica, finanziaria. Ovvero quella di immediate elezioni anticipate…perché le elezioni rappresentano un esercizio di democrazia”. Aggiungeva poi una riflessione che faceva intendere come le elezioni anticipate fossero un pericolo per il Paese che doveva affrontare più emergenze: la lotta alla pandemia, i piani per utilizzare i finanziamenti europei e far fronte ai gravi problemi sociali. Interpretava tutte le preoccupazioni dei cittadini che volevano e vogliono risposte concrete e rapide ai problemi quotidiani, oltre che progetti innovativi e che guardano al futuro, per l’ambiente, la scuola e la cultura, lo sviluppo e il lavoro. Concludeva così:

“Avverto, pertanto, il dovere di rivolgere un appello a tutte le forze politiche presenti in Parlamento perché conferiscano la fiducia a un Governo di alto profilo, che non debba identificarsi con alcuna formula politica. Conto, quindi, di conferire al più presto un incarico per formare un Governo che faccia fronte con tempestività alle gravi emergenze non rinviabili che ho ricordato”.

Il 13 febbraio, undici giorni dopo, il governo Draghi con i suoi 23 ministri giurava nelle mani del Presidente Mattarella e si riuniva il primo Consiglio dei Ministri. Non ricordo una crisi risolta in soli dieci giorni. Una scelta lungimirante e forte che poteva anche aiutare i partiti a uscire da una crisi profonda, accentuata dopo le elezioni del 2018 e la formazione di governi con maggioranze opposte. I partiti potevano/dovevano ritrovare lo spirito costituente “per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”, ricostruire una relazione anche sentimentale con i propri popoli e impedire “il naufragio della civiltà” come ha detto Papa Francesco con drammatiche parole. Ma finora non è successo. La maggioranza che si è formata attorno a Mario Draghi, molto ampia, ha cominciato a sgretolarsi dopo le ferie estive, appena iniziato il semestre bianco durante il quale il Presidente della Repubblica non può più sciogliere le Camere (articolo 88 della Costituzione).

Per essere più chiara: mi sembra che ognuno pensi alla sua “bandierina”, alla convenienza della sua parte politica, a cosa sia meglio fare: andare alle elezioni al più presto oppure no, e di conseguenza agire. E così ognuno propone un giorno una cosa e un giorno un’altra. Anche per quanto riguarda il Quirinale. Si sussurra che il Presidente Mattarella potrebbe restare ancora, si propone che sia una donna a sostituirlo … altri ancora propongono che sia il Presidente del Consiglio a essere eletto al Quirinale. Alcuni senatori del PD hanno presentato una riforma costituzionale che vieta la rielezione del Presidente della Repubblica con ambigua interpretazione e di certo nel momento meno adatto. Il comunicato del Quirinale ha usato la parola “irritazione” del Presidente Mattarella.

Ovviamente ognuno ha in mente le conseguenze possibili di una scelta piuttosto che un’altra: non vengono esplicitate anche se si intuiscono. Invece bisognerebbe esplicitarle e porsi la domanda che è ancora la stessa di dieci mesi fa: di cosa ha bisogno oggi il Paese in questo momento che non è di normale fine anno? Qui ora c’è bisogno di proseguire il cammino iniziato dieci mesi fa verso una grande rivoluzione pacifica nonviolenta che ridisegni le priorità dello sviluppo. Per combattere le disuguaglianze intollerabili: condizione necessaria perché si affermi la libertà e la responsabilità verso se stessi, gli altri, il pianeta. Con questa attitudine si dovrebbe lavorare per l’approvazione della prima legge di bilancio del governo Draghi senza caricarla di tutti i problemi accumulati in decenni. Questo si attende il Paese.

È appena il caso di accennare a quanto in dieci mesi si è costruito: la campagna di vaccinazioni e la sua estensione ampia ha portato l’Italia ad essere esempio in Europa e nel mondo, nonostante l’ostruzionismo irresponsabile di una minoranza rumorosa che contesta, con la copertura anche di qualche intellettuale, la voce degli scienziati. Le numerose iniziative e azioni del governo e di Mario Draghi, anche come Presidente del G20, hanno contribuito ad avviare una fase di crescita importante e, soprattutto, ad affermare una forte credibilità dell’Italia in Europa e nel mondo. Nel 2021 oltre ai G20 nel nostro Paese si sono tenute la Conferenza sui cambiamenti climatici e il vertice mondiale sulla salute. È partita anche l’ASTRONAVE DELLA RICERCA (a Milano dove fu l’EXPO): molti ricercatori e scienziati italiani hanno già cominciato a rientrare in Italia. E dall’Unione Europea, sono in procinto di giungere le prime risorse del programma Next Generation. Questo anche con grande attenzione ai mutamenti che sono avvenuti nella geopolitica che annunciano pericolosi possibili conflitti al centro dell’Europa (pensiamo all’Ucraina, alla Biellorussia oltre ai conflitti aperti attorno al Mediterraneo e alla violazione dei diritti umani ovunque, come in Afghanistan in Egitto in Libia …).

Il recente Trattato del Quirinale tra Francia e Italia è molto importante e può costituire una nuova fase in Europa, con Francia Germania ed Italia che operano d’intesa. Anche a questo trattato si è giunti con l’impegno di Sergio Mattarella e di Mario Draghi insieme. E può essere decisivo perché l’Europa affronti le sfide difficili con una rafforzata identità, nuovi poteri una rinnovata capacità di parlare ai popoli e non solo ai loro governi: un’Europa dei diritti e un’Europa sociale non solo economica.

Scelte importanti sono state fatte e c’è un indubbio miglioramento ma non siamo ancora usciti dalla pandemia. La critica delle organizzazioni sindacali, divise sulle forme di lotta, obbligano il governo a non ignorare la parte grande del mondo del lavoro che soffre da tempo (pensionati lavoratori dipendenti, giovani e donne… fabbriche che chiudono lasciando lavoratori e le loro famiglie senza reddito) e che la manovra potrebbe aiutare di più stante il fatto, per esempio, che tra i ricchi c’è una grande parte di evasori fiscali: un insulto per chi le tasse le paga e per lo Stato. Lega, Fratelli D’Italia, Forza Italia e Italia Viva hanno bocciato la proposta del Presidente del Consiglio del “contributo di solidarietà” (congelare per un anno lo sgravio IRPEF per i redditi superiori a 75 mila euro.) È bene ricordare che il 53% dei redditi sono di lavoratori dipendenti – reddito medio 21.060 euro; il 30% di pensionati – reddito medio 18.290 euro (calcolato su tutti i pensionati, da quelli con pensioni sotto i mille euro, i più, a quelli con pensioni alte per non dire d’oro). Poteva essere una buona proposta anche se insufficiente ad alleviare le sofferenze di chi ha molto poco. Così come anche intervenire in parte sulla tassa di successione. Angela Merkel nel discorso di saluto alla fine dei suoi sedici anni di Cancelliera ha esordito con parole significative: “Mi rivolgo a voi con umiltà e un grazie di cuore per la fiducia che mi avete rivolto in questi anni. La fiducia è la cosa più importante per la politica. … .” Mi ha colpito il suo discorso e il suo stile sobrio e rigoroso, due parole in particolare: umiltà e fiducia. Penso che il Paese abbia bisogno che Sergio Mattarella rimanga Presidente della Repubblica e che Mario Draghi continui l’impegno di Presidente del Consiglio: due persone di valore che hanno lavorato in sintonia per il bene del Paese nel pieno rispetto dei ruoli diversi previsti dalla Costituzione: il governo del paese e la sua unità. Il presidente del Consiglio ha parlato raramente ma quando era necessario: con parole forti chiare. Il Presidente della Repubblica ha preso sovente la parola e non solo negli appuntamenti più rituali.

Lo ha fatto anche lui con grande sobrietà con le parole giuste che sottolineano che l’unità del paese nasce e si sviluppa attorno a storie valori simboli. Non dal fatto che tutti la devono pensare allo stesso modo. Lo ha fatto valorizzando sempre la Costituzione; spesso ha ricordato l’Articolo21 sottolineando che la libertà di stampa è bene pubblico, questione che attiene alla libertà delle persone e termometro della salute democratica del Paese.

Il Presidente Mattarella il 31 dicembre 2020 così si rivolgeva al Paese:“…La sfida che ancora oggi è dinanzi a quanti rivestono ruoli dirigenziali nei vari ambiti, e davanti a tutti noi, richiama l’unità morale e civile degli italiani. Non si tratta di annullare le diversità di idee, di ruoli, di interessi ma di realizzare quella convergenza di fondo che ha permesso al nostro Paese di superare momenti storici di grande, talvolta drammatica, difficoltà”.

 

 


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