“Il commento ve lo inviamo noi”. Il decreto sulla presunzione di innocenza e un balzo indietro di 100 anni

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Tra il 1923 e il 1928, attraverso diverse leggi, fu soppressa di fatto la libertà di stampa in Italia. Il 29 novembre 2021 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto legislativo di recepimento della Direttiva europea sulla presunzione di innocenza.
Il 23 settembre 1939 il Minculpop invitava la stampa a pubblicare un discorso di Mussolini, indicando che «poteva essere commentato», ma precisando: «il commento ve lo inviamo noi».
Il 21 dicembre 2021 un comunicato ufficiale della Procura Generale presso la Corte di Cassazione si occupa di come trattare le  notizie di cronaca giudiziaria. Una nota che segue di poche ore quanto accaduto in Procura a Roma:  due giorni fa  il Procuratore capo, Michele Prestipino, ha tenuto una conferenza stampa sulla chiusura indagini del caso Biot (il funzionario di Marina che avrebbe venduto informazioni riservate ai russi). Sono stati ammessi alla conferenza soltanto i colleghi che lavorano con le agenzie di stampa, lasciando fuori i quotidiani. Nel pomeriggio è arrivata una precisazione importante ma non risolutiva della Procura Generale. Questa: “Il 6 dicembre la Procura generale della Cassazione ha inviato una nota agli uffici di procura, finalizzata a raccoglierne le esperienze e le valutazioni, al fine di raggiugere orientamenti condivisi che diano piena attuazione alla presunzione di innocenza e al rispetto delle vittime e dei testimoni. La nuova disciplina richiede agli uffici del pubblico ministero un approccio uniforme e consapevole al diritto di informazione. Deve essere infatti chiaro che informare l’opinione pubblica non è manifestazione della libertà di espressione del magistrato, ma è un preciso dovere di ufficio, come più volte affermato anche dalle fonti europee. L’informazione deve essere rispettosa della dignità della persona e dunque degli imputati, delle vittime e di tutti coloro che prendono parte al processo; essa deve essere corretta e non basarsi su canali privilegiati tra magistrati e giornalisti. Al tempo stesso, l’informazione deve essere tempestiva, completa e tale da fornire all’opinione pubblica, in maniera aperta e trasparente, tutto ciò che è proporzionato alla rilevanza della notizia. Non si può neppure abdicare al dovere di fornire con continuità le informazioni necessarie, nelle varie fasi di un procedimento basato sul contraddittorio tra le parti, al fine di evitare che questo si trasformi in processo a mezzo stampa o peggio nei salotti televisivi e senza che sia possibile una completa conoscenza dei fatti”. E’ l’ultimo atto di uno stato confusionale in cui è caduto il mondo che ruota attorno alla cronaca nera e alla giudiziaria da quando è stato pubblicato il decreto.

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