Ideologia no vax

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Sarà pure necessario limitare momentaneamente le manifestazioni, al fine di tutelare la popolazione nel suo insieme, i commercianti nei centri storici delle grandi città e tutti coloro che, essendosi vaccinati, hanno pieno diritto di tornare a una vita normale. Non possiamo, infatti, essere ostaggio di una minoranza tanto rumorosa e arrabbiata quanto pericolosa per la comunità nel suo complesso. E fin qui abbiamo dato il colpo al cerchio. Ora, però, diamo quello alla botte. Va bene tutto, ma l’idea di limitare le manifestazioni può essere accettabile solo se davvero momentanea e se a nessuno dovesse saltare in mente che la tutela del commerciante, sacrosanta, sia più importante di quella di chi vuole scendere in piazza per difendere le proprie idee, qualunque esse siano, altrimenti viene meno uno dei capisaldi della democrazia e, dati i tempi, non è proprio il caso. Ciò premesso, è bene aggiungere che chiunque persegua idee progressiste ha il dovere di interrogarsi sulle ragioni di questa rabbia dilagante che ha trovato nel contesto no vax il proprio habitat ideale. Ebbene, vien da pensare che quella no vax sia diventata una vera e propria ideologia o, per meglio dire, un crogiolo ardente nel quale si riversano tutte le furie diffuse nel Paese, un fuoco che cova sotto la cenere, una brace sempre accesa che purtroppo arde a causa delle mancate risposte della politica. Nelle piazze no vax, fatto salvo qualche caso isolato, si ha sempre più l’impressione che si riversi ogni sorta di furia, mescolando estremisti di destra e di sinistra, esagerazioni di varia natura, assurdità inammissibili e una voglia di menar le mani o, comunque, di gridare ancora più forte che mette in evidenza la fragilità di un sistema che non regge più. E allora è giusta la condanna, per carità, ma non ci si può non interrogare sulle ragioni per cui una visione del mondo così retrograda, assurda e dannosa per la salute propria e della collettività abbia un simile successo in una Nazione che ha già pianto oltre centotrentamila morti, in cui sono fallite non si sa quante imprese e il cui tessuto socio-economico è in condizioni da immediato dopoguerra. Molto c’entra la sfiducia: nel governo, nei partiti, nelle case farmaceutiche, in tutto e in tutti, in parte giustificata, in parte per nulla, comunque deleteria per il nostro stare insieme. Tuttavia, non comprendere che il no ai vaccini è solo la punta dell’iceberg di un malessere assai più diffuso significa alimentare ulteriormente questa massa di persone che si sentono escluse dalla vita pubblica, regalandole in via definitiva all’astensionismo o, peggio ancora, a qualche partito anti-tutto che potrebbe far saltare definitivamente un assetto istituzionale già minato da vent’anni di riforme devastanti e ormai ridotto ai minimi termini.
Arroganza, superbia, presunzione, violenza verbale, minacce prive di senso e atteggiamenti da sceriffo di Nottingham sono il miglior modo per perdere per sempre persino la parte ancora recuperabile di coloro che si sentono ormai fuori dalla comunità. Qualche elemento è irrecuperabile, qualche altro è proprio un delinquente, con il resto di quelle piazze, con la dovuta pacatezza, bisogna parlare e confrontarsi, anche aspramente. Con meno di questo, senza compiere la fatica della democrazia, spiace dirlo ma l’unico futuro possibile sarà una guerra civile neanche troppo a bassa intensità, con il conseguente affondamento di un’Italia stanca, impaurita, in cui il tutti contro tutti è diventato un modus vivendi e l’unica certezza è che domani staremo peggio di oggi. Così, però, il Paese è destinato a morire.

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