Dalla riforma agraria alla banca della terra

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Nel 2014 la Regione Siciliana istituisce la Banca della Terra per recuperare, valorizzare e completare l’assegnazione dei terreni espropriati ai latifondisti con la Riforma agraria del 1950. Destinatari potenziali imprenditori giovani under 40, singoli o associati, con progetti di sviluppo innovativo e di ricambio generazionale.

Nel 2016 lo Stato crea la Banca nazionale delle terre agricole con gli stessi obiettivi di quella siciliana cioè di recuperare terreni incolti della Riforma agraria alla produzione attiva. I bandi regionali e nazionali per l’assegnazione riguardano 4000 ettari in Sicilia e 16000 in Italia in possesso del Demanio e di altri enti pubblici che li propongono a condizioni vantaggiose.

Nei giorni scorsi a Tusa è avvenuta la presentazione di un pregevole libretto sul tema “ Dalla Riforma agraria alla Banca della Terra” scritto da Francesco Calanna, già dirigente di organizzazione professionale agricola, commissario dell’ESA, deputato regionale. Tusa, dal Risorgimento sino ai giorni della Repubblica, è stato l’epicentro delle lotte contadine dei Nebrodi contro il feudo e la mafia, braccio armato dei proprietari latifondisti. Tusa è stata anche il comune dell’ultima vittima contadina uccisa dalla mafia nella lotta per la terra. Nel 1966, a capo di una cooperativa di contadini entra in conflitto, per l’affitto delle terre, di un feudo con la mafia che le pretendeva, Carmelo Battaglia che fu ucciso la mattina del 24 marzo.

Le leggi nazionali e regionali di Riforma agraria del secondo dopoguerra hanno chiuso, dopo aspre lotte contadine e tante vittime di mafia tra i capi lega contadini e dirigenti politici comunisti, socialisti e democristiani, hanno chiuso una fase storica iniziata con l’abolizione del feudalesimo nel 1812 a cui fu costretto il reggente del Regno di Sicilia Francesco di Borbone di fronte la rivolta popolare e l’avanzata napoleonica a cui seguirono le lotte risorgimentali sino all’Unità d’Italia che disattese le aspettative di riforma agraria promesse ai contadini.

Il movimento contadino con i Fasci siciliani di fine ottocento, repressi nel 1994, da Francesco Crispi, primo ministro ex garibaldino e siciliano, segna la presenza moderna delle masse urbane e rurali, non solo contadine, sulla scena sociale e politica.

La riforma dei contratti agrari, del latifondo e del diritto alla terra diventano i temi centrali della modernizzazione della Sicilia e del Paese. Il pactum sceleris tra la classe dominante del Sud e quella del Nord che avvia l’industrializzazione e la modernizzazione capitalista lo impedisce perché al Sud venne concesso, col protezionismo sulla sua produzione agricola tradizionale, il mantenimento dei privilegi della classe agraria sostenuta da un potere politico corruttivo e dalla violenza mafiosa. Ai contadini fu reiterata la promessa di riforma agraria dal Governo dopo la deblacle di Caporetto per incoraggiare i contadini del fronte a resistere e contrattaccare sino alla vittoria. Subito dopo la guerra, il Governo Nitti infatti emanò leggi per migliorare i contratti agrari e la possibile assegnazione alle cooperative contadine parti dei latifondi incolti o mal coltivati. Scelta politica cancellata dal fascismo. Essa risorge col governo di unità nazionale del secondo dopoguerra con i decreti del 1944 firmati dal ministro dell’agricoltura, il comunista Fausto Gullo per arrivare alla fine degli anni quaranta, dopo aspre lotte e tanti assassini di mafia, alle leggi di Riforma agraria nazionali e nel cinquanta a quella regionale. La Riforma agraria seppellisce il potere ultrasecolare della classe sociale dei grandi proprietari sostituita dalla nuova classe borghese che al Sud e in Sicilia, sempre collusa con la criminalità organizzata, dominerà col suo potere corruttivo e predatorio. Ciò non impedirà che il boom economico coinvolga la crescita della Sicilia e del Sud accorciandone il divario col Nord fino alla crisi petrolifera degli anni settanta e al prevalere delle politiche neoliberiste a livello globale della Thatcher e di Reagan.

Tali dottrine neoliberiste del mercato senza lacci e laccioli che avrebbero risolto da sé le contraddizioni del sistema e fatti ricchi tutti si sono rivelate fallimentari e generatrici di nuove povertà, ingiustizie e disuguaglianze sociali interni ai paesi e tra nazioni come dimostrano le crisi sociali,finanziarie ed economiche durante gli ultimi quarant’anni segnati da una globalizzazione senza alcuna governance democratica. Oggi la pandemia, con la sua drammatica diffusione a livello planetario, ha messo in evidenza le fragilità del Pianeta, del suo ambiente, della sua vita animale e vegetale di fronte a un virus sconosciuto, al riscaldamento climatico e alle disuguaglianze sociali. Tale condizione impone una radicale svolta nei processi economici e sociali da concordare e coordinare a livello planetario. La riduzione delle emissioni del CO2, lo sviluppo di energie rinnovabili, la distruzione del virus Covid19 e delle sue varianti e delle possibili nuove pandemie impongono un governo politico dell’economia a livello nazionale e globale e quindi un nuovo modello di sviluppo.

Nel suo piccolo, la Banca della Terra disegna una traccia per un nuovo modello di sviluppo che vale anche per il Recovery plan, dei Fondi strutturali europei e di quelli nazionali e regionali.

La campagna degli incendi di questa caldissima estate del Pianeta è eloquente. La terra senza esseri animali, senza agricoltori e allevatori, senza curatori ambientali prima brucia e, quando pioverà, franerà. I disastri attuali provocati dalla scellerata convergenza tra interessi speculativi e criminali e l’assenza di politiche di prevenzione e cura del territorio urbano, rurale, forestale, agricolo, impongono un cambio radicale di passo nelle politiche pubbliche ambientali, agroalimentari, industriali e dei servizi. Esse non devono mancare l’occasione storica del Pnrr e delle altre misure, non basterà misurare solo la crescita del Pil, ma anche la sua distribuzione sociale, la riduzione della povertà fino alla scomparsa sua e di ogni ingiustizia e disuguaglianza sociali. Le modifiche del sistema economico indotte dall’automazione, dalla digitalizzazione, dalla globalizzazione impongono una governance democratica a livello mondiale e nazionale non condizionata dai poteri forti multinazionali che oggi controllano la maggioranza della ricchezza prodotta nel mondo, orientano i consumi, l’innovazione tecnologica, la ricerca scientifica guidati solo dal loro dio mercato senza etica, senza pudore e pronti a manovrare senza alcun rispetto dei diritti umani e della pace tra le nazioni. Questa logica predatoria non può risolvere le gravi questioni come le migrazioni d’intere popolazioni che fuggono dalla fame e dalle guerre, il riscaldamento globale e dare un futuro al genere umano che non è dominus immortale della Terra. Tanta vita animale e vegetale nella storia del Pianeta è scomparsa perché incapace di reggere di i mutamenti ambientali. Salvare il pianeta per salvare anche le sue forme di vita anche recuperando un pezzo di terra incolta e far crescere una nuova cultura ambientale, di sviluppo, di convivenza pacifica, di uguaglianza tra tutti gli esseri umani che può servire a farne capire l’urgenza storica non più rinviabile.


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