Piero Gobetti, l’intellettuale che non si arrese

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Piero Gobetti, di cui ricorre il centoventesimo anniversario della nascita, giustamente omaggiato dal presidente Mattarella, costituiva tutto ciò che un intellettuale dovrebbe essere. Era un uomo libero, aperto, coraggioso, estremamente precoce nelle passioni e nell’impegno civile, al punto che arrivò giovanissimo a fondare una sua casa editrice ed ebbe modo di pubblicare gli “Ossi di seppia” di Eugenio Montale, prima di subire il barbaro pestaggio delle squadracce fasciste e di essere costretto a riparare in Francia, dove sarebbe morto, a causa delle percosse subite, a soli ventiquattro anni, il 15 febbraio 1926.
Gobetti era un socialista liberale, uno dei padri della corrente azionista che avrebbe innervato l’antifascismo e la Resistenza, un costruttore di scenari e un ragazzo costantemente proiettato verso il futuro. A differenza di Croce, ad esempio aveva colto il fatto che il fascismo non fosse una parentesi ma “l’autobiografia della Nazione”, il costante riproporsi dei nostri vizi e dei nostri difetti, la massima espressione di tutti i limiti di una società incapace di liberarsi della propria attitudine alla furbizia e alla divisione insensata, raramente in grado di far fronte comune, tendente a saltare sul carro del vincitore e a tentare di abusare di ogni porzione di potere che viene concessa a ciascuno.
Gobetti, tuttavia, non si arrese alla barbarie fascista, la contrastò con tutte le sue forze, ne denunciò la ferocia e la disumanità, mise in guardia la popolazione sulle conseguenze che quell’orrore avrebbe generato e pagò con la vita il prezzo del proprio coraggio, al pari di Gramaci e Matteotti, in una stagione nella quale i politici erano innanzitutto dei grandi giornalisti.
Quando parlava di “rivoluzione liberale”, aveva in mente uno Stato forte ma non oppressivo, l’idea di coniugare il bene comune con le libertà individuali, la bellezza dello stare insieme rispettandosi l’un l’altro e la percezione che, come scriveva Gramsci, il vuoto generato dal collasso del vecchio sistema liberale, in un tempo sospeso fra il più e il non ancora, stessero nascendo dei mostri.
Piero Gobetti è un simbolo, un esempio, un punto di riferimento, un combattente mite e tenace e un martire di una dittatura su cui non sono ammissibili minimizzazioni.
Oggi riposa nel cimitero parigino del Père-Lachaise, in un Paese libero e, all’epoca, ancora impregnato di ideali illuministi che lo accolse quando, purtroppo, era ormai troppo tardi per salvargli la vita. Molto di ciò che siamo, in senso positivo, lo dobbiamo a lui.
P.S. I migliori auguri agli amici e colleghi di La7 che, in questi giorni, festeggiano i propri venti anni di vita. Un’emittente libera, una voce indipendente di cui abbiamo, oggi più che mai, bisogno.

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