Heroides. Lettere di eroine del mito dall’antichità al presente – Campania Teatro Festival

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L’Heroides di Ovidio è una delle pochissime opere letterarie del mondo, se non l’unica (eccezion fatta per le poesie di Sulpicia che da poetessa racconta in prima persona i suoi sentimenti) a dare voce alle donne. Un gioco poetico in cui le eroine scrivono delle lettere d’amore al proprio amato dove professano i moti dell’animo e piangono per l’abbandono o il torto subito.

Nel buio entrano lentamente le sei eroine: sono Fillide, Enone, Arianna, Canace, Fedra e Medea, arrivano al centro della scena oscura come un coro di deliadi greche e si rivolgono a Ovidio – l’autore che ha messo per iscritto le loro passioni – non con semplice reverenza ma con vigore, comunicando al poeta che è arrivato il momento di illustrare la realtà dei fatti, e uscire dall’immagine di donne remissive, soggiogate dall’eros e straziate dal dolore dell’abbandono e del tradimento.

Ogni protagonista a turno raggiunge il centro della scena, mentre le altre si mettono in semicerchio per ascoltarla e sostenerla, e si racconta, permettendoci di accedere alle sue emozioni e renderle nostre. Allo stesso tempo esprime la preoccupazione di non recar danno all’amato, incurante di se stessa e delle rinunce fatte per stargli accanto. Eppure durante il racconto a poco a poco prende forma l’amore di Sé, e in ognuna affiora la volontà di contrastare qualsiasi sopruso dell’Uomo e di una società patriarcale che le rinchiude nel ruolo di mogli, schiave, protettrici del focolare. Questo messaggio senza tempo raggiunge i giorni nostri attraverso le parole delle cantrici che, tessendo le loro narrazioni, ci conducono alle terribili vicende dei femminicidi, dando vita alle parole che avrebbero voluto dire le vittime ai propri carnefici, mettendo in luce come la condizione della donna, nonostante i passi avanti per quanto riguarda l’emancipazione e le pari opportunità, ancora è soggetta alle barbarie di chi non accetta di non poter esercitare direttamente o indirettamente il controllo sull’Altro. Anzi, la donna non possiede neppure lo status di ‘altro’, poiché considerata una mera propaggine della domus sponsae.

Pietrelcina

Il canto corale si chiude con un gesto rituale delle eroine: l’abbandono di un oggetto di proprietà dell’amato che hanno tenuto con sé fin dal primo momento, per rappresentare il raggiungimento della libertà e la fine delle sofferenze.

La pièce, scritta e diretta da Elena Bucci, è caratterizzata dall’intrecciarsi dei racconti che si riflette anche nella sovrapposizione dei linguaggi – dal dialetto all’italiano e infine alle lingue straniere, per mostrare l’universalità dei sentimenti che vivono sulla scena. I movimenti scenici infondono forza e dinamicità alla narrazione, supportati da un accompagnamento sonoro che dà consistenza materica a uno spettacolo che unisce diversi stili (tragico, ironico e sarcastico) e diverse epoche (romana, greca e contemporanea).


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