Video sul figlio di Salvini, il gip archivia la denuncia di Valerio Lo Muzio. “Non ci fu peculato” ma “lavoro eccellente” del giornalista

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Non ci fu peculato nell’uso della moto d’acqua della polizia con a bordo il figlio di Matteo Salvini né violenza privata nei confronti del giornalista Valerio Lo Muzio da parte della scorta. Con questa formula “bilanciata” il gip del Tribunale di Ravenna, Corrado Schiaretti, ha archiviato la denuncia del giornalista di Repubblica, perché i fatti non costituiscono reato. Alla stessa conclusione, ma con motivazioni diverse, era arrivata anche la Procura. L’episodio viene però letto dal giudice come “certamente poco commendevole” per quanto abbia , altresì, una “portata molto modesta” che dunque non integra reati. I fatti, come si sa si verificarono a luglio del 2019 a Milano Marittima. Secondo quanto riportato nell’ordinanza da parte dei poliziotti della scorta di Matteo Salvini ci fu “una pressante, anche irrequieta e magari perfino irritante richiesta di ‘collaborazione’ (in realtà di comprensione per la loro scomoda posizione)”. Ma la loro condotta non fu violenta e di conseguenza non integra un reato. La richiesta di non riprendere il figlio di Matteo Salvini, all’epoca ministro dell’Interno, su una moto d’acqua della Polizia di Stato, è stata per il giudice “non illegittima”, e “legittimamente respinta dal reporter”. “Ciò che hanno effettivamente fatto gli indagati, e che ha sospeso l’attività del videomaker, è stato legittimo, ovvero controllare i documenti di Lo Muzio che tuttavia, subito dopo, ha potuto continuare a effettuare le sue riprese”.

Da un lato il giornalista “aveva il diritto di collocarsi sulla spiaggia nel punto più favorevole per effettuare le riprese”. Dall’altro, “anche gli altri protagonisti della vicenda avevano il diritto di farlo, magari anche per l’opposto scopo di impedirgli di riprendere parte o tutto quanto stava accadendo”.
Per il gip “dalla competizione” è “uscito vincente il giornalista”. E nell’ordinanza si sottolinea anche che “Lo Muzio ha operato in modo eccellente, perché se voleva documentare che il figlio del Ministro dell’Interno era salito su una moto d’acqua della Polizia di Stato e aveva ottenuto da un poliziotto una esposizione sul suo funzionamento, effettuando anche qualche minuto di navigazione, ha raggiunto egregiamente il proprio obiettivo professionale. E le immagini acquisite ne sono evidente testimonianza”. Il video ha rappresentato la prova migliore e inconfutabile di ciò che è avvenuto come accade poche altre volte nei procedimenti penali. Di questa storia resta il fatto che non fu per niente edificante né per il Ministro dell’epoca né per la scorta ma non è stato ritenuto che ciò integri fattispecie di reato.


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