Da Benedetta ai Måneskin: festa dell’Italia che vince 

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Un sabato indimenticabile, quello che abbiamo alle spalle. L’Italia che torna a vivere, a vincere e a essere protagonista in Europa e nel mondo. Grazie alle azzurre e agli azzurri impegnati negli Europei di nuoto e, in particolare, alla magnifica Bendetta Pilato, oro nei 50 rana, appena sedici anni, una campionessa che vince con la freschezza di un’adolescente e la saggezza di una veterana. Non si è persa d’animo di fronte al rinvio delle olimpiadi di Tokyo e ci arriverà, a luglio, ancora più forte, determinata e capace di gestire le emozioni e dominare le avversarie. Se alla sua classe cristallina, aggiungiamo quella di Simona Quadarella, di Detti e Paltrinieri e dell’intramontabile Federica Pellegrini, non è assurdo pensare che l’Italia possa ripetere i fasti di Sidney 2000, quando ci emozionano per le imprese di Rosolino, Fioravanti e Rummolo e ottenemmo un medagliere di tutto rispetto.
Quanto ai Måneskin, che tradotto significa “chiaro di luna”, non esprimo un giudizio sul loro rock ‘n’ roll e sulla qualità complessiva della loro musica: mi basta sapere che sono partiti dal basso, da un’amicizia sincera e profonda, dalla strada, dalle esibizioni con molta passione e pochi soldi, fino ad arrivare a Sanremo e addirittura al trionfo di Rotterdam, all’Eurovision song contest, mi basta questo, dicevo, per essere felice. In un’Italia ingrigita, incattivita e incapace di guardare al futuro, il trionfo di questi ragazzi acqua e sapone, ricchi di messaggi forti, se vogliamo trasgressivi, ribelli e controcorrente, è una boccata d’ossigeno e un atto di ribellione contro il dilagare del conformismo, dell’ipocrisia e della malvagità a buon mercato che abbonda pressoché ovunque.
Sta a noi,  ora, non disperdere questi risultati, trarre alimento dal tanto di buono che siamo ancora in grado di esprimere in tutti i settori e batterci per una maggiore coesione nazionale, che non significa cedere alle smanie larghintesiste che da un decennio rendono insopportabile la politica ma lavorare, nella diversità, e ciascuno nel proprio settore, per il bene comune, senza mai perdere di vista il prossimo e sentendosi pienamente parte della collettività.
Benedetta, Simona, i ragazzi dei Måneskin, gli sportivi in generale e tutti coloro che in questi mesi terribili hanno fatto qualcosa di significativo per gli altri sanno che siamo di gran lunga migliori di come veniamo descritti e di come noi stessi, spesso, ci descriviamo. Il guaio è che ce ne ricordiamo di rado, mai abbastanza, quasi vergognandocene, e in questo vuoto politico, morale e identitario nascono i mostri. Un’Italia e un’Europa migliori, invece, non possono nascere che da qui: dal sorriso sincero di una generazione che, piano piano, si sta affermando, dando speranza a tutti e inducendo chi a prendere una chitarra, chi a tuffarsi in piscina, chi a compiere un gesto apparentemente normale e magari straordinario, in grado di rivoluzionare per sempre una società che ha bisogno di essere cambiata da cima a fondo.
P.S. Dedico quest’articolo alle vittime della tragedia occorsa oggi a bordo della funivia che collegava Stresa al Mottarone. Davvero non ci sono parole per descrivere un simile dramma.

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