La storia di Suleya che racconta l’innocenza spezzata dei bambini soldato

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Oggi, 12 febbraio, è la giornata mondiale contro l’uso di bambine e bambini soldato, una piaga che conosco molto bene e che ho raccontato nel libro “L’innocenza spezzata”, Edizioni Gorée, attraverso la storia della protagonista, Suleya, 12 anni, vittima di un destino spietato ma che dopo sofferenze ed esperienze atroci è riuscita a ritrovarsi e a riprendersi la sua vita.
Non c’è modo migliore, per squarciare il velo dell’indifferenza su questo tema, che ricordare le sue parole: le bambine e i bambini devono giocare, non imbracciare fucili!

Il rapimento

Sono diventata una bambina soldato perché il mio villaggio era stato attaccato. Non c’era nessuno che ci difendeva.
Ero a casa a martellare foglie di manioca, quando la milizia è arrivata al villaggio. Mio padre ha cercato di nascondermi ma loro lo hanno ucciso e sono riusciti a portarmi via .

L’addestramento

Al mio primo giorno al campo, l’addestramento fu molto duro.
All’inizio non ci facevano usare nessuna arma. Ci davano il machete o, qualche volta, arco e frecce.
Non so nemmeno come ho imparato a uccidere. Ci hanno insegnato a colpire il nemico appena distoglievano lo sguardo dalle loro pistole, dovevamo lanciarci su di loro e tagliargli la gola.
Quando ho preso tra le mani la mia prima arma ho provato una sensazione forte. il mio corpo era tremante. Ero spaventata. Poi però è diventata una gioia avere un fucile e uccidere. Mi sentivo davvero bene.
Era una guerra. Non potrei nemmeno dirti quante persone ho ucciso. Ho continuato a lasciare indietro i corpi per andare avanti…
Ci facevano fumare marijuana, per uccidere senza paura. Fumare e bere ci faceva sentire euforici, ci dava una ferocia simile agli animali.

Lo stupro

C’erano molti stupri nel campo. Non amo parlarne, mi fa ancora troppo male. Che ti piacesse o meno, cinque uomini venivano da te. Non hai alcun potere di fermarli.
Io non lo volevo, non ero pronta. Anche dopo che mi avevano violentata a 12 anni. Arrivavano hanno facevano quello che volevano e poi andavano via. È andata avanti così per 2 anni… 2 anni.
È tutto qui nella mia testa…

La scuola

Quando i ribelli ci hanno ceduto a UN ho iniziato ad andare a scuola. I volontari di una ond mi hanno salvata. Loro mi hanno dato consigli, mi hanno dato soldi per continuare a studiare.
Io sono stata fortunata, altri amici non altrettanto. Su 30 in 10 abbiano potuto accedere al programma di recupero. Per questo ho deciso di aiutare quei bambini che come me hanno subito l’arruolamento forzato.

Un privilegio, per me, raccontare la storia di questa straordinaria giovane che ha dedicato la sua rinata esistenza ad assistere e sostenere tanti bambini e adolescenti trasformati in macchine da guerra che, una volta usciti dall’inferno dei conflitti, erano lasciati a loro stessi.

L’immagine e del maestro Alekos Prete

Source https://www.focusonafrica.info/wp-admin/post.php?post=7996&action=edit&lang=it&message=1


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