‘La Repubblica’ dimentica il Pci

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Leggo e rileggo incredulo un cartellone accanto all’edicola. Pubblicizza un libro centrato sulla scissione di Livorno, la più celebre delle mille divisioni avvenute nella sinistra: la nascita del Pci da una costola del Psi. Leggo con attenzione: «I00 anni di sinistra. Personaggi e interpreti da Livorno al Pd». Poi sulla mega locandina leggo ancora: «1° volume: Dalla scissione alla Resistenza. Gramsci, Togliatti, Iotti, Rosselli, Nenni, Foa…».

È incredibile, nel cartellone pubblicitario del libro manca il nome del protagonista principale: il Pci. Manca, è stato dimenticato, cancellato. Un errore grave, da matita blu, riandando ai miei ricordi scolastici, quando i professori correggevano i compiti. Speriamo che nella presentazione degli altri tre volumi che seguiranno si evitino errori simili.

La scissione di Livorno ha segnato duramente la storia della sinistra e della democrazia italiana. La scissione della “frazione comunista”, cento anni fa, spezzò il Partito socialista italiano e divise il movimento operaio proprio alla vigilia della Marcia su Roma di Mussolini. In Italia non arrivò la rivoluzione comunista, sul modello sovietico, ma quella fascista con la fine della libertà di parola e di stampa, il carcere per gli oppositori, la chiusura del Parlamento, lo scioglimento dei partiti e dei sindacati. In una parola: la dittatura.

Il 21 gennaio del 1921 la “frazione comunista” guidata da Amedeo Bordiga lasciò il Teatro Goldoni a Livorno nel quale si teneva il XVII congresso del Psi e si riunì nel Teatro San Marco. Lì nacque il Pcd’I, il Partito comunista d’Italia, in seguito divenuto Pci. Bordiga fu il primo segretario, sostituito poi da Gramsci (presente alla fondazione) e quindi da Togliatti (assente in quello storico appuntamento).

Lo scontro fu furente, come sempre accade nelle guerre intestine. Nel Partito socialista, fondato nel 1892 a Genova, restò la corrente massimalista di Giacinto Menotti Serrati e quella riformista di Filippo Turati, nettamente minoritaria e in seguito estromessa dal partito. La corrente di Turati, un tempo maggioritaria e protagonista delle grandi riforme democratiche e sociali dei primi anni del 1900, divenne netta minoranza dopo la fine della Prima guerra mondiale.  Turati svolse un intervento accorato e profetico nel congresso di Livorno: «Quando anche voi avrete impiantato il Partito comunista in Italia, sarete forzati (e lo farete, perché siete onesti) a ripercorrere la nostra via, la via dei social traditori». La storia alla fine ha dato ragione a Turati.

Dalla scissione di Livorno partì, tra alti e bassi, una lunga sfida tra Pci e Psi per l’egemonia a sinistra. Prevalse lo scontro a livello nazionale, la collaborazione ci fu solo nelle amministrazioni di comuni, province, regioni e nella Cgil. Il risultato disastroso oggi è sotto gli occhi di tutti. Tra sue tante varianti la sinistra o è stata cancellata o è diventata irrilevante. Nel Pd che certo non gode di buona salute prevalgono, invece, le identità e le impostazioni liberaldemocratiche.


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