Iran, chiuso un quotidano: vietato diffondere i reali numeri della pandemia

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In Iran ieri é stato chiuso un quotidiano. Il Consiglio di sorveglianza della stampa del Ministero della cultura e della Guida Islamica iraniano ha revocato la licenza operativa al quotidiano Jahan-e-Sanat per aver pubblicato un’intervista con un membro della Task Force nazionale iraniana sul Coronavirus.

É stato lo stesso caporedattore del quotidiano Mohammadreza Saadi, ha dichiarare all’agenzia di stampa della Repubblica islamica (IRNA) gestita dallo stato che il consiglio “ha emesso un verdetto per la sospensione temporanea del giornale a seguito della pubblicazione dell’intervista”.  Il  rapporto IRNA non dice peró se si tratta di chiusura definitiva o solo di una sospensione.

L’intervista incriminata aveva come titolo “Nessuna fiducia nelle statistiche del governo”, nel quale l’epidemiologo del governo Mohammadreza Mahboubfar ha dichiarato a Jahane Sanat che i dati sul virus nel paese “sono stati certamente progettati dall’inizio dell’epidemia”.

Ha inoltre aggiunto che il governo “ha nascosto” il primo caso della malattia per motivi politici e di sicurezza. La notizia peró che piú ha destato attenzione é sul numero dei decessi. Secondo l’epidemiologo  i morti di Coronavirus in Iran potrebbero essere 20 volte superiori alle cifre del governo.

Giá la scorsa settimana la BBC nel suo canale persiano aveva riferito che secondo le ricerche svolte dai dati trapelati dai registri governativi,  il numero delle vittime del Covid-19 nella Repubblica Islamica  sarebbe potuto essere tre volte maggiore a quanto affermato dai rapporti ufficiali.

Gli stessi registri del governo dicono che quasi 42.000 persone sono morte con sintomi di Covid-19 fino al 20 luglio, contro le 14.405 riportate dal suo ministero della salute. Anche il numero di persone dichiarate di essere infette sono quasi il doppio delle cifre ufficiali: 451.024 contro 278.827.

Secondo questi dati l’Iran sarebbe il paese piú colpito dal virus in tutto il Medio Oriente.

Non é difficile ipotizzare che la chiusura di Jahane Sanat sia solo un esempio di come il regime islamico voglia reprime la libertà di stampa e faccia del suo meglio per sopprimere le informazioni vitali sul Covid-19.

Il CPJ, il Comitato per la protezione dei giornalisti, ha documentato che ai giornalisti in Iran è stato ordinato di annunciare solo i dati ufficiali sul virus, anche dopo che sono emerse notizie di fosse comuni, suggerendo che il bilancio delle vittime era in realtà molto più alto del conteggio ufficiale.

“Quest’ultima mossa per prendere di mira un giornale per la segnalazione di COVID-19 è un atto irresponsabile di fronte alla più grande crisi di salute pubblica del nostro tempo. La chiusura di Jahane Sanat è una sfortunata continuazione della lunga pratica iraniana di sopprimere le informazioni a scapito del benessere del popolo iraniano “, ha detto Ignacio Miguel Delgado, rappresentante del CPJ per il Medio Oriente e il Nord Africa.

Nel rapporto annuale di Reporter Senza Frontiere del 2020, l’Iran viene classificato nella posizione 173 in una lista di 180 paesi. Soprattutto negli ultimi mesi erano giá riscontrati numerosi casi di soppressione dell’informazione, a volte di mera disinformazione.

Dall’inizio dell’emergenza sanitaria legata al Covid19, infatti, la gestione della veicolazione delle notizie é stata particolamente complessa, se non del tutto manipolata. L’Iran é stato uno dei primi paesi ad essere contagiato dalla pandemia che si é diffusa a partire dal 19 febbraio 2020 nella città di Qom dove si é registrato il primo focolaio per poi diffondersi in tutto il Paese.

Alla metá marzo il direttore delle operazioni di emergenza per il Mediterraneo orientale dell’Organizzazione mondiale della Sanità, il dottor Rick Brennan aveva dichiarato a Reuters che i numeri forniti dal regime, giá in quel periodo, avrebbero rappresentato solo un quinto del numero reale dei contagi.

Nel rapporto di RSF si legge che il Governo Iraniano una volta appreso della gravitá del virus avrebbe fatto di tutto per limitare il flusso delle informazioni sulla crisi in atto nel paese. Diversi giornalisti che avevano pubblicato dettagli ‘non ufficiali’ cioé non derivati dalle dichiarazioni delle autoritá governative erano stati convocati, interrogati ed accusati di ‘diffondere voci non vere’.  Giá ad aprile un noto ex presentatore televisivo e radiofonico nazionale Mahmoud Shahariari molto attivo sui social media era stato arrestato da funzionari del ministero dell’intelligence a Teheran con l’accusa di ‘pubblicazione di fake news sul coronavirus’ dopo aver pubblicato un video, visto da centinaia di migliaia di iraniani, in cui riferiva di un insabbiamento di informazioni sulla diffusione del virus dall’inizio di marzo.

In Iran dunque non esiste libertá di espressione per cui é vietato rivelare i dati reali della pandemia. Il tutto é sotto l’inesorabile controllo statale, che veicola le notizie e le informazioni. Si stima che almeno 860 giornalisti e cittadini-giornalisti dal 1979 siano stati incarcerati e/o giustiziati.

E chissá quanti altri di cui non siamo a conoscenza.


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