Caso Pesci. La lettera del “presunto stupratore”: “Perchè non mi concedete il diritto di essere ascoltato?”

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Fonte: ParmaPress24

Abituato per sua stessa ammissione a una vita agiata e dissoluta, ma non per questo uno stupratore. Federico Pesci alza la voce e si difende con una lettera aperta a tutti i giornali. 

Una lettera in cui respinge ogni accusa, e chiede agli enti che difendono le donne di ascoltarlo. Di capire che anche lui è una vittima.

Una lettera che pubblichiamo integralmente, scevra da ogni giudizio, perché ogni essere umano ha il diritto alla replica.

“Spett.le Coordinamento dei Centri antiviolenza dell’Emilia Romagna

Non mi piace rivolgermi a un’entità astrattaConosco i vostri pensieri, conosco le vostre opinioni. Percepisco, palpabile e netto, il vostro odio nei miei confronti. 

Credo tuttavia, per quel che può per voi valere, che l’attività della vostra Associazione sia assolutamente meritoria, degna del massimo rispetto e della migliore considerazione.
Comprendo la rabbia che traspare da esse ma mi permetto di invitarvi ad una più serena riflessione sulla vicenda che, permettetemi, ha travolto me ed miei genitori il 30 agosto 2018.

Quello che accadde il 18 luglio 2018, lo urlerò finché avrò voce, non fu un atto di violenza ma solo ed esclusivamente un rapporto sessuale bondage a cui tutti e tre i protagonisti hanno partecipato di propria volontà. Questa è l’unica verità che sta emergendo oggi dal processo. Non potete certo non condividere il fatto che io paghi il pregiudizio per questo modo di fare sesso.

Un migliore studio e soprattutto un sereno ascolto della mia versione dei fatti ritengo che sarebbe da parte vostra conforme agli stessi principi di libertà che, almeno apparentemente, dimostrate di condividere quando parlate In alcuni passaggi dei vostri comunicati di “presunta” violenza. Affinché questo non sia un Garantismo di facciata ma di sostanza non potete negare ora l’evidenza: due anni di custodia cautelare per me, e il povero Wilson condannato anche in appello (in rito abbreviato) a cinque anni e otto mesi di carcere solo sulla base della credibilità della testimonianza diretta e indiretta della presunta – permettetemi – parte offesa e quindi vittima del reato.

Ciò che dimostrate di ignorare è che il Tribunale di Parma, il 24 giugno scorso, ha disposto d’Ufficio (e cioè senza che lo chiedesse nessuno) una perizia psichiatrica per valutare la capacità a testimoniare della signora Lucia (nome di fantasia già adottato da altri).
Vi devo confessare che la vostra presa di posizione di 
oggi mi sorprende non poco.
Quando voi, parlando di gogna mediatica, scrivete che “poco importa che la vittima non sia riconoscibile o che non sia stato pubblicato il nome e cognome perché lei stessa si riconosce” mi chiedo dove eravate prima.

Capisco che a voi non interessi nulla del fatto che, a dispetto della presunzione di innocenza, io sia stato sbattuto su tutti i giornali e telegiornali con foto, filmati, nome e cognome fin dal momento del mio arresto avvenuto il 30 agosto 2018 ma non credete che la pubblica narrazione, financo morbosa, di ogni atto sessuale che sarebbe stato “imposto” a Lucia non ne abbia urtato la sensibilità riconoscendosi in quella situazione?
La questura di Parma ha reso possibile la pubblicazione su tutte le televisioni, anche nazionali, dei video dei cosiddetti attrezzi del sesso con BDM, che avevano il logo della Polizia di Stato.

La questura di Parma ha aperto addirittura una pagina di Facebook per raccontare, distorcendoli in chiave seviziatori, i rapporti sessuali avvenuti quella notte.
Sapete cosa ha detto il Presidente del Tribunale di Parma quando i miei avvocati hanno tentato di chiedere conto al Capo della Mobile di tutto questo?
Ve lo dico io: Presidente – “Avvocato questa domanda non è ammissibile perché comporta un’eventuale responsabilità del testimone”.

Come vedete ci sono ben altri reati rispetto a quelli che voi volete denunciare ma per voi tutto questo andava bene perché significava ottenere la criminalizzazione di un essere umano. “Il mostro e la sua casa degli orrori”.

Nel salutarvi cordialmente non ho la presunzione di ottenere ascolto da parte vostra, perché per voi la sentenza può essere una e soltanto una. E mentre io posso essere offeso, minacciato, emarginato, non ho alcuna possibilità di far capire a tutti, in questo processo mediatico non certamente voluto o creato da me, che sono innocente. Devo stare zitto e farmi seppellire dal pregiudizio moralista del cosiddetto comune sentire. Federico Pesci”

Aggiungiamo, per ulteriore completezza, estratto di una lettera scritta da Roberto Cavalieri, Garante dei detenuti, uomo stimato e super partes, in cui racconta la gogna mediatica subita da Pesci (che non è amico, ne conoscente, di Cavalieri). La lettera è indirizzata al direttore della Gazzetta di Parma, dopo alcuni post comparsi sulla pagina Facebook della stessa.

Nella stessa, Cavalieri riportava un post che…parla da solo.

Cavalieri ricordava che “l’imputato è persona sottoposta agli arresti domiciliari ed è ammessa al lavoro, pertanto a contatto con le persone, e la cronaca giornalistica riporta immagini dell’imputato e le sue generalità.

Circa il post in questione, e purtroppo non è il solo, lascio a lei l’eventuale valutazione di una segnalazione alla Procura. Il post del lettore, Sig…. (omissis)…., ha un contenuto inaccettabile e la invito a farlo rimuovere così come anche gli altri post che hanno contenuti offensivi o minacciosi nel rispetto di una persona, il detenuto Federico Pesci, che è ad oggi è sottoposta agli arresti domiciliari, incensurata e innocente sino all’eventuale sentenza di condanna”.

In quel caso nessuno si è mai indignato. Perchè?


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