Caso Orlandi, la BMW di corso Rinascimento e i suoi controsensi

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Agli atti processuali non risulta che siano state svolte indagini al fine d’individuare sia l’autovettura notata dai testi sopracitati, sia la persona che al momento del fatto ne risultava possessore. Ciò stante richiedo con ogni urgenza, l’espletamento di ogni indagine nei limiti di cui sussista la possibilità e di riferire all’esito con relativi rapporti”. Roma, 19 ottobre 1985. Così l’allora giudice istruttore Ilario Martella si rivolse in due brevi audizioni separate a Nicola Cavaliere e Carlo Felice Corsetti, rispettivamente capo della Sezione Omicidi della Squadra Mobile e Capitano dei Carabinieri. Li invitava a trasmettere, alla sua attenzione di fresco titolare del fascicolo sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, accertamenti sulla BMW in presenza della quale su corso Rinascimento, di fronte al Senato, un vigile e un poliziotto il 22 giugno 1983 avevano visto la giovane cittadina vaticana parlare con un uomo poche ore prima che sparisse per sempre.

Semplice e disarmante il motivo di quella richiesta, subito raccolta dai destinatari che assicurarono massimo impegno e altrettanta celerità nel riferirne i risultati. Fino a quel giorno, ovvero due anni e quattro mesi da che la ragazza non era ritornata a casa, all’autorità giudiziaria non era pervenuto alcun atto su quella macchina. Al che ci si domanda: davvero non era mai stata cercata? Ma allora la storia della BMW della Balduina? E soprattutto: quella BMW come entrò nell’indagine Orlandi?

Partiamo dalla fine. Il suo ingresso è datato 24 giugno 1983. Quando Natalina Orlandi all’ispettorato di pubblica sicurezza del Vaticano integrò la denuncia di scomparsa della sorella, presentata ventiquattro ore prima, con due episodi. Il primo: la sera precedente, verso le 23:30, suo fratello Pietro aveva notato “un giovane, apparentemente agitato, 30-35 anni, vestito elegantemente” al volante di un’auto ferma su piazza S. Apollinare. Era una BMW, “targata Roma W***1, di colore blu”. Il secondo: il 24 pomeriggio, su corso Rinascimento, Andrea Ferraris e Pietro Meneguzzi, rispettivamente suo fidanzato e suo cugino, appresero dal vigile e dal poliziotto che il 22 pomeriggio era stata vista una ragazza “parlare con un uomo […] vicino a una BMW che corrisponde come modello e come colore a quello sopradescritto”.

A parte rilevare che in quell’integrazione non è menzionato alcun modello bensì soltanto la marca del veicolo, cioè una BMW, la notizia è che quella vista dai due agenti era “blu”. Ricevute le informazioni, la Mobile in meno di ventiquattr’ore espletò tutti i riscontri sull’auto di piazza S. Apollinare: era di un illustre avvocato con studi a Milano e a Roma, in “rapporti con esponenti della Città del Vaticano, molto spesso notato in compagnia di alti prelati”. Il 23 sera era a cena con una signora a “Il Passetto”, ristorante ieri come oggi situato proprio di fronte al palazzo di S. Apollinare, e l’uomo segnalato da Pietro Orlandi era il suo autista, la cui descrizione – folti baffi, capelli ricci, castani e scuri – differiva dalla corporatura snella, capelli castani chiari corti e leggera stempiatura dell’uomo – così lo riportò Natalina Orlandi – visto parlare con Emanuela. Cioè quello della BMW.

BMW che però da “blu” divenne “verde chiaro brillante”. Accadde il 28 giugno 1983, nella relazione del poliziotto. In quella del vigile, di pochi giorni dopo, il colore addirittura non fu menzionato. Giulio Gangi, l’agente del SISDe amico degli Orlandi che si occupò delle indagini nella fase iniziale, parlò con entrambi. Grazie alla descrizione del primo, che gli dettagliò il modello (BMW Touring), dette il via alla sua azione che lo condusse fino alla BMW verde della fascinosa signora del “Mallia”.

Giunti a questo punto, lo sbalordimento è in ascesa: come si fa a confondere un “verde chiaro brillante” (che poi nei decenni cangerà in “verde tundra”) con un “blu” e viceversa? Ma soprattutto, davanti a un’auto con due versioni cromatiche ben distinte, e appreso il suo ruolo nella vicenda, possibile che le forze dell’ordine non l’avessero cercata al punto da indurre il giudice Martella a quella convocazione?

L’ipotesi più probabile è che se fu fatta un’attività di ricerca, questa non produsse alcun risultato significativo e di conseguenza non fu nemmeno verbalizzata. È invece certo che di quella BMW se ne occupò il SISDe. E non soltanto con Gangi. Nell’inchiesta sui mandanti dell’attentato al Papa del giudice Rosario Priore un appunto riporta che alcuni 007 perlustrarono Roma con a bordo uno dei due agenti in servizio di fronte al Senato. Nei pressi del Vaticano la sua attenzione fu richiamata da una BMW. Ma era bordeaux. E sempre dalla documentazione della Mobile abbiamo appreso dell’esistenza di un fascicolo del SISDe del 1983 contenente approfondimenti su una “BMW Touring di colore verde o celeste”. Alla fine di gennaio avevo chiesto la possibilità di consultarlo. La risposta da San Vitale è stata però eloquente: “Siamo spiacenti, ma non è possibile dar corso alla sua richiesta”.

Invece i magistrati l’hanno visionato? Nel caso, che c’era scritto? Perché da “blu” la BMW divenne “verde chiaro brillante”? E su di essa polizia e carabinieri che risultati hanno stretto fra le mani? All’alba della trentasettesima ricorrenza la scomparsa di Emanuela Orlandi è sempre più un tunnel d’interrogativi del quale non sembra purtroppo scorgersi la fine. E che come in un disegno diabolico tiene inchiodati a quella sera del 22 giugno 1983.


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