La riforma dell’esecuzione penale in Turchia e l’estensione dei benefici di pena

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L’ordinamento turco di esecuzione penale prevedeva che i benefici di riduzione della pena scattassero solo col compimento dei due terzi della detenzione.

Ebbene questa riforma prevede ora, per una serie di reati, la sospensione della pena per tutti i detenuti che abbiano scontato la metà della detenzione

Sono esclusi dai benefici della riforma dell’esecuzione penale 5 tipi di reato: quelli legati al terrorismo, agli abusi sessuali, alla violenza sulle donne e sui bambini, agli omicidi premeditati e quelli legati al traffico di droga.

Ma tale legge è stata definita dall’opposizione e dalle organizzazioni dei diritti umani ‘’ingiusta e crudele’’ perché non prevede alcun beneficio di sconto di pena per i giornalisti, per i politici d’opposizione, per gli attivisti per i diritti umani, per gli avvocati, per tutti coloro che hanno osato criticare Erdoğan e il suo governo.

Insomma, nessun beneficio per coloro che sono detenuti per le loro idee, questi resteranno in carcere nonostante la diffusione della pandemia che sta provocando già i primi morti nelle carceri turche.

Abbiamo aperto il microfono di Radio Radicale ad esponenti politici di partiti di opposizione che chiedono l’estensione dei benefici previsti dalla legge sull’esecuzione penale a tutti i prigionieri compresi quelli politici, agli ammalati e a coloro che sono in attesa di giudizio senza eccezioni, e invece il governo dell’AKP e del suo alleato MHP ha varato una riforma che limita i benefici ad alcuni crimini e per questo come sostiene l’opposizione, questa legge è ingiusta e anticostituzionale dal momento che viola il principio di uguaglianza regolato dall’articolo 10 della Costituzione turca.

‘’Si tratta di una legge proposta con il pretesto dell’emergenza del coronavirus e del sovraffollamento, ma che non risolve né il rischio di diffusione dell’epidemia nelle carceri turche né il sovraffollamento’’, sostiene Sezgin Tanrıkulu, parlamentare del maggior partito d’opposizione CHP e vicepresidente della Commissione diritti umani della Grande assemblea nazionale turca.

‘’Un’ampia popolazione di dissidenti, giornalisti, sindaci e parlamentari d’opposizione, avvocati ed esponenti dei diritti umani, ammalati, sono prigionieri esposti al rischio del contagio’’, dice Garo Paylan, deputato del Partito democratico dei popoli (HDP), di sinistra libertaria e filocurdo.

‘’Molti di essi si lamentano della scarsissima igiene per la mancanza di acqua calda, Siamo dei sepolti vivi, dicono’, e anche le misure anticoronavirussono inesistenti’’, ha aggiunto Paylan.

La Turchia ha 385 prigioni, i detenuti sono 286 mila e il sovraffollamento è di oltre il 150%.

‘’Si dorme a terra…’’, dicono i detenuti di alcune prigioni. ‘’Siamo costretti a fare i turni per dormire sui letti per non trascorrere tutta la notte a terra.

Sono così affollate alcune prigioni turche che i detenuti lamentano difficoltà respiratorie. ‘’Siamo quasi sepolti vivi!’’, dicono.

“Mio marito è in galera da 4 anni ed è attualmente nella prigione di Çorum. Dorme per terra da 1,5 anni in un reparto che può ospitare al massimo 18 persone, ma in realtà ne ospita 39″, questa è la testimonianza di una moglie di un detenuto.

L’obiettivo, sostiene l’opposizione, è quello di far uscire dal carcere i ‘’seguaci’’ dei due partiti alleatiAKP e MHP, tutte persone di peso di entrambi i partiti.

E giovedì, 16 aprile si è visto aprire le porte del carcere Alaatin Çakıcı, noto boss della mafia turca, pluriomicida, appartenente al movimento panturanico dei Lupi Grigi e al Partito del movimento nazionalista MHP, prezioso alleato di Erdoğan.

Alaattin Çakıcı è molto amico del leader del MHP, Devlet Bahçeli.

Nel 2018 il leader nazionalista lo andò a trovare in ospedale perché era ricoverato durante la sua prigionia per gravi motivi di salute, e disse:

“È in prigione un individuo con gravi problemi di salute e lo si ritiene un mafioso, ma è un figlio della Patria che ha dato molto alla Turchia e la sua lotta per questo paese è stata riconosciuta dallo stato”.

Con l’espressione ”lotta per questo paese”, Bahçeliintende la militanza nelle file del movimento degli Ülkcü Öcakları (I Focolari degli İdealisti) e quando dice che ”la lotta di Çakıcı è stata riconosciuta dallo stato” si riferisce al fatto che egli fu impiegato negli anni Novanta come agente sotto copertura dai servizi segreti turchi, il MİT, per “eliminare i terroristi” e compiere “azioni che non potevano essere intraprese legalmente”. Per terroristi si intendono gli esponenti della sinistra rivoluzionariaturca e quelli curdi del PKK.

Çakıcı si è macchiato di 41 omicidi, quasi tutti di esponenti di estrema sinistra.

Per questo Bahçeli chiedeva da diversi anni la scarcerazione dei leader dell’ultradestra turca e nel 2018, da quando è iniziata la sua all’alleanza con l’AKP, ha esercitato una forte pressione su Erdoğanperché fosse varata una amnistia.

Il presidente turco si era sempre opposto alla richiesta di Bahçeli di una amnistia, perché temeva che la sua base elettorale conservatrice e islamica non avrebbe approvato un tale provvedimento.

Ma ora ha ceduto all’insistenza del suo alleato ultranazionalista che ha proposto con decisione tale provvedimento motivandolo con l’urgenza dettata dall’epidemia del coronavirus.

Il Ministero dell’Interno sostiene che sono stati riscontrati 17 casi di contagio al virus e 3 detenuti delle ‘’carceri aperte’’ sono morti a causa dell’infezione di COVID-19. Ma le organizzazioni dei diritti umani sostengono che i casi di contagio e i morti sono molti di più.

È morta per coronavirus anche una guardia carceraria nel famigerato carcere di Şakran, a nord di İzmir.

Morto il prigioniero Mehmet Yeter nella prigione di Bafra a Samsun, aveva il diabete, ha subito l’amputazione di una gamba e dopo 3 giorni è stato rimandato in prigione ed è morto con i sintomi del coronavirus.

Gülseren Yoleri, presidente della filiale di Istanbul dell’Associazione per i diritti umani İHD, ha reso noto che cinque prigionieri nella prigione di Silivridell’alta sicurezza, nella periferia di Istanbul, si erano lamentati di avere sintomi di coronavirus, come la difficoltà respiratoria, la tosse acuta, la febbre e la perdita di appetito.

Şebnem Korur Fincancı, capo della Fondazione per i diritti umani della Turchia, ha affermato di aver ricevuto anche rapporti su diversi prigionieri del carcere di Maltepe che presentavano sintomi evidenti di infezione da coronavirus.

L’İHD ha pubblicato rapporti secondo cui alcuni medici del carcere erano stati messi in quarantena per l’esposizione al virus.

‘’Temiamo che Erdoğan voglia eliminare glioppositori facendoli morire in prigione grazie alla diffusione del contagio nelle carceri. Il coronaviruscompleterebbe l’opera di sfoltimento delle prigioni e si conterebbero i cadaveri’’, ci ha riferito il deputatoGaro Paylan.

‘’Il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan sta usando la pandemia di coronavirus per continuare a reprimere le decine di migliaia di prigionieri politici del paese’’, ha dichiarato Can Dündar, ex direttoredel quotidiano Cumhuriyet, dal suo esilio a Berlino, in una pubblicazione per il Washington Post.

Ora si sono mobilitate numerose organizzazioni turche dei diritti umani che sono pronte a presentare i loro ricorsi alla Corte costituzionale e che intanto hanno lanciato un appello: “Liberate subito i giornalisti, prima che sia troppo tardi, rischiano il contagio da Covid-19 nelle prigioni sovraffollate del paese”.

Ma la legge di riforma sull’esecuzione penale approvata dal Parlamento pochi giorni fa ha un altro aspetto inquietante. Consente alle forze di sicurezza di interrogare fuori dal carcere e per 15 giorni i detenuti per terrorismo. Non è noto dove e come ciò avverrebbe, come e quali diritti sarebbero garantiti.

Questa pratica era legale quando erano in vigore i tribunali speciali, poi aboliti col referendum del 2010.

La legge non specifica dove verrebbe trattenuto il prigioniero per 15 giorni e in quali condizioni verrebbe tradotto.

Il prigioniero sarà informato su tutto questo? Si chiedono le organizzazioni dei diritti umani.

E per quale motivo ciò avverrebbe?

Il personale di sicurezza che dovrebbe portare il prigioniero fuori dalla prigione fornirebbe le proprie generalità al detenuto? Spiegherebbe ad esso il motivo?

E ancora: le condizioni in cui il detenuto saràtrattenuto per 15 giorni saranno conformi ai diritti umani?

Quali sono le “autorità competenti” indicate nella legge? La polizia o la gendarmeria? Poiché non sono indicate le autorità che dovranno effettuare gli interrogatori, ci si chiede se potranno essere effettuati anche dai membri dell’Organizzazione nazionale di intelligence (MİT).

Sono tutte questioni queste sollevate dai parlamentari di opposizione e dagli esponenti dei diritti umani.

Perché un interrogatorio può non svolgersi all’interno della prigione?

Perché viene adottato questo metodo? L’avvocato potrà assistere a questo tipo di interrogatorio previsto dalla nuova legge?

E infine, sara’ effettuato un esame medico prima e dopo che il detenuto avrà lasciato la prigione? E quali garanzie vi saranno per la tutela dell’incolumità fisica del prigioniero. Sarà emesso un referto medico prima e dopo la traduzione del detenuto?

Orhan Kemal Cengiz, noto avvocato per i diritti umani, mette in guardia sul fatto che l’articolo che disciplina gli interrogatori dei detenuti inserito nella legge che riforma l’esecuzione penale, rappresenta un rischio di introduzione di una vera e propria forma di tortura.

Questa riforma di fatto sospende la Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU): viola dell’articolo 5 della CEDU.

Possiamo dire che nell’indifferenza generale della comunità internazionale la Turchia si sta allontanando dal Consiglio d’Europa.

 


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