Le foto di Inge Morhat in esposizione al Museo di Roma in trastevere

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E’ Roma, dopo Treviso e Genova, ad accogliere la grande retrospettiva italiana dedicata alla fotografa austriaca Inge Morhat (Graz 1923 – New York 20102) con 140 opere esposte, in bianco e nero,  e con decine di documenti originali, che resterà aperta al pubblico dal 30 novembre 2019 al 19 gennaio 2020.  Curatori della mostra sono Marco Minuz, Brigitte Bluml-Kaindl e Kurt Kaindl. Entrata a far parte della Magnum Photos, una delle più importanti agenzia fotografiche del mondo, dapprima come scrittrice, traduttrice e ricercatrice, e poi come fotografa, la Morhat ne assimila, da subito, il mestiere avendo intorno a se dei fotografi di eccezione come Robert Capa, Ernst Haas e Henri Cartier–Bresson. Una passione, quella per la fotografia, che scoprirà nel corso di un viaggio a Venezia, dove inizierà a fare i suoi primi scatti, ammaliata dalle sue luci, dai suoi colori, dalla sua atmosfera. Una passione a cui dedicherà di lì in poi tutta la sua vita. E’ del 1958 la serie dei noti e curiosi ritratti fotografici con le maschere del disegnatore Saul Steinberg.

Sul set del film “Gli spostati” di John Huston conosce Arthur Miller, che sposerà nel 1962. Nel 1965 si reca per la prima volta in Unione Sovietica; è del 1978 il suo primo viaggio in Cina.

Viaggiatrice instancabile e meticolosa, la Morhat ha realizzato reportage da ogni angolo del pianeta. Poliglotta, conosceva e parlava numerosi idiomi, dall’inglese al francese, dal russo al mandarino, dal tedesco allo spagnolo etc.., ogni suo reportage rappresentava l’occasione per studiare gli usi e le abitudini dei luoghi, attratta, com’era, più dall’elemento umano che da quello astratto. Un’attenzione questa, che, del resto, ne pervade tutta l’opera. Infatti, in ogni suo scatto è possibile cogliere questa attenzione verso la vita, verso quei frammenti di vita che ogni fermo immagine deve saper e poter raccontare. “Ho amato la gente”, ripeteva spesso la Morhat; un amore corrisposto da parte di coloro che si offrivano ai suoi scatti, desiderosi di raccontarsi, di essere ascoltati. Un racconto corale, insomma, che accomunava in un sodalizio inestricabile la fotografa ai suoi soggetti (protagonisti).

Insomma, una fotografa in grado di cogliere con i suoi scatti l’intimità più profonda delle persone, sia di quelle più umili sia delle celebrità. Tra queste ultime, ricordiamo gli scatti a Henri Moore, ad Alberto Giacometti, a Jean Arp, a Pablo Picasso, a Fidel Castro, a Philip Roth, a Igor Stravinskij, a Merilyn Monroe, solo per citarne alcuni. Irrinunciabili, i suoi scatti degli studi di artisti e scrittori, come quelli della biblioteca di Puskin, della casa di Cechov, in cui sembra quasi possibile avvertire la loro presenza, una presenza discreta.

Una mostra da non perdere!


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