“Sputare fuoco” e terribili vendette

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di Sergio Nazzaro

vendetta

Sergio Nazzaro è l’autore di “Mafia Nigeriana, la prima indagine dell Squadra Antitratta”, edizioni Città Nuova

Sputare il fuoco. Ejor non lo ha capito. Appena entrato nel bagno, I.K. ha dato l’ordine e ha cominciato a scorrere il sangue. Un massacro di botte perché Ejor ha trasgredito agli ordini, ha affiliato senza consenso, ha commerciato con il gruppo degli Eye. Era stato avvisato più e più volte, ma nulla. Un matrimonio è il momento adatto per regolare i conti. Alla maniera nigeriana, con una violenza brutale e devastante.
Gli omicidi ancora non rientrano nel catalogo degli orrori, ma solo perché attirano troppa attenzione. Almeno al momento. Poi probabilmente c’erano e ci sono luoghi in Italia pieni di cadaveri, tanti nessuno senza documenti e senza storie, fantasmi abbandonati in un fosso. Ma la regola è chiara: non attirare l’attenzione delle forze dell’ordine. Ejor lo ha imparato a sue spese. Insieme a Uyi, massacrati di botte dentro un bagno, durante un matrimonio di connazionali.
Un palo a fare da guardia e dentro si regolano i conti. Gli Show Guy, ovvero gli affiliati Maphite, sempre pronti a marcare il terreno. E siccome il terreno di azione non è solo l’Italia, ma la casa madre in Nigeria, la direttiva è che i conti si regolano giù, con omicidi continui. Sgarri in Italia e muoiono i tuoi parenti in Nigeria. La direttiva è chiara: «Non attirare l’attenzione, niente di troppo rumoroso. Silenzio. E nella casa madre si colpiscono traditori, infami e nemici». Ejor, insieme a Uyi, è finito in una pozza di sangue. Denudato, le scarpe buttate vie. L’umiliazione oltre la violenza. Le regole non si possono sgarrare. Niente affari con i gruppi rivali. Non si ruba, non si tradisce il silenzio, non si collabora con le forze di polizia. Non ci si pente. Altrimenti paghi, tu e i tuoi familiari, anche se sono in Africa e non a Torino, o a Bergamo, a Brescia, a Castel Volturno o a Palermo.
La lunga mano nera della vendetta arriva dovunque. Senza risparmiare nessuno. Maga, la punizione corporale, è impartita appena viene “sputato il fuoco”, ovvero appena viene dato l’ordine di attacco, e i man fighters, il gruppo di fuoco, massacrano. E i Maphite continuano a imporre il loro potere.
Stessa sorte è toccata a Sege. Ha infranto la regola degli M., i Maphite.
«Gli uomini si sono presentati a casa della madre di Sege, direttamente. Anche una visita alla madre di Ede. Ti dico, adesso Sege deve stare zitto. Lui non potrà neanche più entrare a Benin City. Infatti da quello che so la faccenda di Sege ha oltrepassato i limiti. Si è messo in una posizione che non ti dico. Lui è malmesso, e se lo beccano gli fanno male. Non doveva fare arruolamenti nel gruppo illegali. Non possiamo prendere tutti. Tu dovresti ricordare che “quelli là su”, i capi dell’organo internazionale del GCA-Maphite, ci avevano dato la possibilità di risolvere questo tipo di problema a casa nostra, senza dover intervenire loro, ma ormai è tardi. Loro sono andati a casa dei parenti di questi. Si sono presentati a casa di Ede, di A-B e di Sege. Ti dico, per il pestaggio tutti i presenti sono dovuti scappare. Ede si è subito messo in contatto con i suoi parenti in Nigeria, stava provando a impedire la spedizione punitiva contro i suoi parenti. Ma non c’è scampo. La notte di sangue arriva sempre. Non c’è scampo per nessuno».
Riggs alza la testa dai suoi fogli. Nel corridoio qualche passo sparuto dei suoi uomini. Un’indagine è fatta di infinite ore dietro a una scrivania oppure in strada a un appostamento. Poi qualche giorno di azione, breve, intensa. Poi di nuovo analisi, studio, incrocio dei dati. Un orrore dopo l’altro. Lo lascia senza fiato l’ascolto di un’altra intercettazione. Può solo ascoltare. Non sa dove si trova l’intercettato. Un’intercettazione sporca, dove si sentono solo le grida di un presunto membro del gruppo massacrato di botte. Lacrime e urla. Avrebbero voluto intervenire ma nessuno sa dove si sta compiendo il massacro. Potrebbe essere dietro l’angolo come a centinaia di chilometri. Ha preso in mano lui la registrazione e si è incaricato di trascriverla per non dimenticarla. Nel perfetto linguaggio burocratico della polizia giudiziaria. Si è messo dietro la scrivania, mani sulla tastiera:
«Nella telefonata di cui al prog. Nr. 673 è stata registrata in diretta l’esecuzione di una punizione corporale da parte di Edogiawerie Bright, Don nazionale, nei confronti di una persona non identificata. Ha precisato la p.g. operante che non ha potuto predisporre un intervento per impedire che l’azione criminosa venisse portata a compimento in quanto non era noto il luogo ove gli interlocutori si trovassero. Inoltre l’ambientale non è stata ascoltata e tradotta “in tempo reale”, bensì a distanza di qualche giorno dal momento in cui il segnale è stato registrato».
Il senso di impotenza è la cosa peggiore. Non le ore infinite di lavoro, gli straordinari pagati il minimo. Non gli ostacoli burocratici, ma il senso di impotenza di non esserci al momento giusto. Anche se è una faida interna e potrebbe valere l’antica regola del “basta che si ammazzano tra di loro”. Per Riggs non funziona così, lui li vuole prendere tutti, interi e vivi. Non si devono uccidere tra di loro, li vuole vedere marcire in galera per mano sua. Una bella differenza. Per chi riesce a capirla.
Il commissario riprende in mano una vecchia informativa, anzi, per dirla tutta, un vecchio interrogatorio svolto in una piccola stazione di polizia nel sud Italia. Se vuole capire l’evolversi della mafia nigeriana, deve studiare quanto più possibile quello che è successo prima. Quella testimonianza è fondamentale, per certi versi. È la dimostrazione di come si muovono, di come dall’Africa arrivano in Italia, dal nord al sud, e poi di nuovo al nord, a Torino per la precisione. Tutto torna, bisogna solo unire i punti. Gira i fogli ingialliti e trova una stampa di quelle traforate ai lati. È un fenomeno vecchio quello della mafia nigeriana. E quella stampa dei colleghi del commissariato di Castel Volturno ne è la dimostrazione. Una stampa a fogli traforati, fatta ad aghi, sembra una cosa di un secolo fa. Gli hanno fatto avere  la copia originale, tanto a chi potrebbe interessare? Quei fogli dicono tutto, anche se non li ha ancora letti. Spontanee dichiarazioni, chissà quanto spontanee poi. Sorride e comincia a leggere. Per capire un fenomeno, meglio cominciare all’inizio piuttosto che dalla fine. Per quanto ovvio possa sembrare, è così che funziona. Legge sul foglio la data: 2005, quattordici anni prima.
«Amico bello, non sono arrivato qui su un gommone. Tu capisci? Ho scelto Jean come nome perché è elegante. Nome italiano no, io nero che mi chiamo Salvatore o Antonio. Sanno che è falso. Sono arrivato a Napoli con il treno. Semplicemente, cosa credi che sono disperato? L’Italia è sempre stato il Paese più facile dove stare. Basta entrare e rimanere. Sono partito da Benin City, sono andato a Lagos. E ho preso un aereo per Parigi. Poi con il treno sono andato prima a Torino, perché a Torino ci sono tanti fratelli e si sta costruendo una grande base. Poi sono sceso a Napoli, passando per Roma. A Napoli avevo già amici del mio Paese che potevano darmi da dormire, sai no, un posto. Prima era molto più facile, no. Tutti quelli dell’Est Europa che entravano, erano i nuovi, le facce nuove e chi li aveva mai visti. Erano più strani loro che noi con la pelle nera. Non vogliamo problemi. Sono arrivato a Napoli e mi sono spostato a Qualiano. Più tranquillo. Sono arrivato con solo una valigia sai, qualche vestito. E qualche soldo che avevo preso. Sapevo che alcuni lavoravano, ma per che cosa, pochi soldi, nella terra. A fare ricchi i bianchi. Voi non volevate fare più il lavoro pagato poco e lo facevamo noi, semplice. C’è sempre qualcuno che si accontenta di poco, se prima non hai proprio niente. Per i bianchi fanno schifo le case povere, non dire no amico, lo so che per voi fa schifo. Ma vedi, le case povere sono vicino al mare, il tempo è quasi sempre bello, io non avrei mai avuto una casa così a casa mia. E non ci sono topi. Il cesso funziona. La merda va via con l’acqua. Tutto regolare eh, si paga affitto. Sì, a nero. Nessuno sa mai di chi sono le case qui, però c’è sempre qualcuno a cui devi pagare l’affitto. Al padrone di casa. Meglio noi e i nostri soldi che nessuno. E poi la teniamo un poco a posto. Così non si rompe tutta. E poi facciamo la guardia che nessuno ruba. Ci sono troppi ladri, zingari, sai, che rubano qua. Ma ora hanno capito che quando vedono un satellite, sai, la televisione, devono stare lontani. Non devono avvicinarsi che si fanno male. Cerchiamo di tenerle nascoste, altrimenti sanno che c’è qualcuno dentro, ma loro, gli zingari, quando si avvicinano troppo possono vederle. Io vado a Qualiano e mi dicono che a Castel Volturno ci sono tante case. Che si sta più tranquilli, che basta seguire le regole. E basta così. C’è da lavorare, molto. E vado a stare a Castel Vol- turno. Con autobus. Arrivo e mi portano in un bar dove c’è già il padrone della casa. Qualcuno di noi fa solo questo di lavoro. Trova i padroni delle case e organizza gli affitti. Loro vengono da Napoli, da Caserta, una volta al mese, e prendono i soldi. Tu paghi e sai che loro non dicono niente. Non conviene. Devi essere preciso a pagare. Basta questo. Noi siamo tranquilli. Loro sono tranquilli. E tutto va a posto. Non bisogna imbrogliare il padrone di casa. Vedi, quelli che vengono con il gommone, non sanno proprio cosa fare. Noi nigeriani non facciamo queste cose. Noi veniamo come persone normali e rimaniamo. Tanto tempo fa. Ero venuto qui, come ti dicevo. Spacciare droga è il lavoro che dà molti soldi. Ma non è così facile. Tu puoi fare quello che vuoi qua. Ma devi stare attento agli altri gruppi. Poi ti spiego. Se hai soldi puoi organizzarti. Io volevo incontrare chi comandava. Nigeriani come me.
Ora sono troppi gruppi che vogliono fare tutti la stessa cosa. Loro sono venuti da nord, da Amsterdam, dal Belgio. Una riunione qui a Castel Volturno per i fatti loro. Tutti con belle macchine, permessi regolari, niente droga o schifezze. Tutto regolare. Sapevo che venivano. Volevo cominciare a lavorare, sai no. Devo mangiare anche io. Che succede però. Loro volevano dare una lezione a uno che non stava nei patti, no. Questo non portava mai i soldi puntuale. Chiedeva sempre, ma non portava mai. Sempre a mani vuote a dire che non funziona questo o quello. Lo chiamano e lo puniscono. Sai, non si deve fare molto rumore, però una lezione la devi dare. Loro si fanno chiamare Eye Supreme Lords, Black Axe, ma ci sono anche i Sea Dogs, i Pirati e i Bucanieri. Tanti nomi, ma poi hanno capito che basta la parola mafia. Come da voi. Questi chiamano questo ragazzo, Noel si chiamava. Lo chiamano per chiedere spiegazioni e per dare una lezione. Lo incontrano in una campagna vicino al mare. E gli danno una lezione. Lui cosa fa? Va dalla polizia, perché non aveva nessuna altra possibilità.
Lui aveva sbagliato, non pagare non si fa, non hai più amici. Io vado con il motorino a incontrare i capi. Loro stanno in una villetta ad Ischitella, appena prima di Napoli. Io vado e arriva anche la polizia mandata dall’infame. E che posso fare?Lascio il motorino e vado via. Là è rimasto. Puoi lasciare le cose qua, come da noi, scompaiono un poco alla volta. Se provi a nascondere qualcosa, la trovano tutti, se la lasci davanti agli occhi, nessuno lo vede. E poi scompare. Il giorno dopo sul giornale non c’era niente. Loro sono stati lasciati liberi e nessuno aveva capito che qui facevano riunione i capi. Troppi problemi qua, non puoi pensare anche ai neri. Io poi sono riuscito a incontrare i capi. Ora te la racconto. Sai, mi hanno anche arrestato. Perché ultimamente Castel Volturno stava diventando troppo conosciuta e dovevamo portare droga in altri posti, perché la cercano sempre tutti. Qui c’è lavoro da tutti i posti. Noi portiamo quello che cercano. Mi hanno arrestato molte volte, sempre cacciato, e io sono tornato qua. L’ultima volta mi hanno arrestato in questo posto nuovo, vicino Salerno. Stavo cercando di incontrare i miei piccoli. Poi ti spiego chi sono i piccoli. Però poi sono uscito. Come sempre. E ho comprato i fogli nuovi. Tanto per rimanere qui hai solo bisogno di fogli di carta. E non sono difficili da fare. E mi hanno portato al nord. Non ho capito perché, ma non penso che anche altri hanno capito perché. Sai, la prima volta ti spaventi quando ti arrestano, poi è normale. Qualche volta è pesante. Ma cosa hai da perdere? Quando non hai niente nella valigia, puoi solo riempirla. Non svuotarla. E così al nord sono rimasto. Ci sono tanti nuovi fratelli e non ci stanno tanti capi bianchi e lavori in santa pace. Torino è bella città. Nessuno ti dà fastidio».

(Estratto da Mafia Nigeriana. La prima indagine della squadra antitratta di Sergio Nazzaro, edizioni Città Nuova)

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