Sutra, il lavoro di Sidi Larbi Cherkaoui, spettacolo inaugurale dell’edizione 2019 di  Torinodanza

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Colpisce come un giovane uomo, coreografo e danzatore di fama, si sia domandato a 31 anni il modo di togliersi dalla routine di ciò che stava facendo, per poter sbloccare se stesso e la propria vena creativa. Qualcuno a lui vicino lo ha portato a riflettere circa le proprie passioni e lentamente le risposte sono arrivate: la pratica dello yoga e del  kung fu, l’arte marziale e meditativa praticata da i monaci Shaolin. Sidi Larbi Cherkaoui inizia ad affrontare un percorso che lo porta a risalire fino alla fonte e che gli ha permesso di fondere, sia da un punto di vista del movimento sia da quello dell’avvicinamento, alle filosofie orientali, le proprie inclinazioni e trovare il filo capace di condurlo fino a i giorni nostri. Questa la genesi, seppur molto semplificata, di Sutra, il lavoro di Sidi Larbi Cherkaoui, spettacolo inaugurale dell’edizione 2019 di  Torinodanza  andato in scena al Teatro Regio.

Dieci anni or sono il coreografo belga di origini marocchine e conclamato artista associato del Festival, ha saputo trovare la via giusta (sutra in sanscrito) mettendosi alla prova e cimentandosi con 19 monaci che abitavano il Tempio Shaolin in Cina – culla del buddismo –  dapprima apprendendone la fisicità, il movimento, per poi rendersi conto di come erano un mezzo per raggiungere elevati stati di meditazione  e consapevolezza del sé.

Lo spettacolo, prodotto dal Sadler’s Wells di Londra, si basa sulla inscindibile collaborazione con lo scultore inglese Antony Gormley, autore della scenografia  costituita da una composizione di scatole rettangolari color legno grezzo, a misura d’uomo da diventare estensioni dei corpi dei monaci danzatori, e in continua trasformazione letti, armadietti, o costruzioni di immaginari ambienti naturali.

Un uomo dalle evidenti origini occidentali (lo stesso Cherkaoui eccezionalmente in questa occasione) ed un monaco bambino vestito della tipica tunica, giocano con una miniatura riproducente la scena principale, posata su di una delle scatole scenografiche ma di colore argento. Un monaco estrae dalle scatole grezze, adagiate sul palco, ad uno ad uno  tutti gli altri con la propria spada. Scompiglia poi il modellino tra le mani del performer e in quell’attimo si comprende come stia accadendo qualcosa di diverso. I monaci,  nell’interpretare i precisi rituali del kung fu e del tai chi, in contemporanea si lanciano in movimenti zen precisi, velocissimi, animaleschi ed eleganti. Uniscono e separano le scatole, si muovono e saltano e precipitano tra le pareti dei labirinti e tra i bastioni creati da loro stessi. Si sdraiano all’interno delle scatole  come fossero bare e poi guizzano al di fuori per creare vertiginose costruzioni e danzare su di esse, allontanandosi appena in tempo prima che si disfino per diventare altro. I sessanta minuti di spettacolo sono un tripudio di formazioni sincronizzate, equilibri ginnici, kung fu acrobatico, con sciabole e bastoni ma anche tai chi gentile: un incedere dolce e feroce, lento e maniacale, con esplosioni individuali e potere di massa. Smesse le loro tuniche orientali ed indossando abiti da città neri, infine, si ergono in cima alle loro scatole-colonne come fossero  stiliti,  osservando il nuovo mondo.

La danza contemporanea qui è destinata a fare da spettatrice, non si integra con la maestosità ed unicità dell’arte orientale, ma forse non è neanche questo l’obiettivo.  Solo alla fine il coreografo si unisce al gruppo, come se finalmente si fosse guadagnato il proprio posto al termine del viaggio in grado di portare a raggiungere l’altra riva. La colonna sonora è eseguita dal vivo dai musicisti diretti da Szymon Brzóska, appena visibili nelle loro movenze da concerto in fondo nel retro palco, divisi dalla scena da un sipario di garza bianca. La partitura è suggestiva, fatta di archi, percussioni e pianoforte, a tratti molto dolce, in netto contrasto con i  movimenti concitati della coreografia, ma sul finire della narrazione diventa tumultuosa in una partitura che è un  crescendo di tamburi.

crediti foto  @Andree Lanthier

Visto al Teatro Regio di Torino l’11 settembre 2019

SUTRA
direzione e coreografia Sidi Larbi Cherkaoui
creazione visiva e scene Antony Gormley
musiche Szymon Brzóska
con Sidi Larbi Cherkaoui e i Monaci del Tempio Shaolin

Sadler’s Wells London Production
Spettacolo inserito in MITO SettembreMusica


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