Alfa e Maserati malate. A Fca manca Marchionne

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E’ quasi allarme rosso. Alfa Romeo e Maserati sono le grandi malate del gruppo Fiat Chrysler Automobiles. L’Alfa Romeo ha venduto in Europa poco più di 29.000 auto nel primo semestre del 2019 (meno 41,6% rispetto allo stesso periodo del 2018) e 9.000 vetture negli Stati Uniti (giù del 26%). La Maserati in tutto il mondo, invece, ha smerciato appena 5.500 vetture nel primo trimestre di quest’anno (meno 41%). 

E’ un pesante crollo. Il ritardo degli investimenti e dell’arrivo dei nuovi modelli previsti ha causato la frana. Uno smottamento particolarmente pericoloso per l’Italia. Sergio Marchionne aveva puntato proprio sul rilancio di Alfa e Maserati, i due marchi premium di Fca, per garantire produzione e occupazione negli stabilimenti italiani del gruppo. L’ex amministratore delegato puntava su Alfa, Maserati, Jeep e Ram per sfondare sui mercati mondiali. Le auto Fiat e Chrysler le aveva messe da parte, le considerava dei veicoli commerciali con una scarsa capacità di produrre profitti al contrario delle vetture di lusso, sportive e fuoristrada. Aveva fatto due sole eccezioni:

credeva nella Panda e nella 500 e le aveva valorizzate quasi come brand autonomi.

E’ tutto il gruppo a soffrire la mancanza di Sergio Marchionne morto improvvisamente il 25 luglio del 2018. Le vendite in Europa di Fca nel primo semestre 2019 sono calate del 9,5% rispetto allo stesso periodo del 2018. Mesi positivi e negativi si susseguono negli Stati Uniti e in Sud America. Il gruppo italo-americano in Cina sta cercando di riorganizzarsi per recuperare terreno. Poteva andare anche peggio: Panda, 500, Jeep e Ram hanno salvato la multinazionale. Panda e 500 dominano le classifiche delle vendite in Italia e in Europa mentre le americane Jeep e Ram vanno a gonfie vele su tutti i mercati mondiali.

Le difficoltà produttive del gruppo di proprietà della famiglia Elkann-Agnelli hanno avuto pesanti ricadute in Borsa: le azioni Fca oggi oscillano sotto i 12 euro mentre a luglio 2018, quando Marchionne era ancora in sella, quotavano 16 euro.

Tra tante ombre c’è una luce. La Ferrari, perla della galassia Elkann-Agnelli, invece batte ogni record positivo. Le vendite nei primi tre mesi del 2019 sono salite del 23% a 2.610 auto. L’utile netto è cresciuto del 22%. Il Cavallino rampante ha raggiunto risultati strepitosi su tutti i mercati grazie soprattutto al nuovo modello Portofino. In Cina, Hong, Kong e Taiwan ha aumentato le vendite addirittura del 79%.

Il 2019 è un delicato anno di transizione per Fca impegnata ad impiantare le nuove tecnologie. Sono in allestimento gli impianti per i nuovi modelli elettrici e ibridi, meno inquinanti di quelli a benzina e diesel. La 500 elettrica, prodotta a Mirafiori, principale cavallo di battaglia, sarà in vendita dall’inizio del 2020. John Elkann, commemorando a luglio i 120 anni della Fiat divenuta Fca,  ha indicato i progetti innovativi su «trazione elettrica, connessione e guida autonoma». Il presidente di Fca è cosciente dei problemi: «Le aziende che non hanno il coraggio di cambiare sono destinate a sparire».

Mike Manley ha invitato a avere fiducia. L’amministratore delegato di Fca ha promesso: «Nei prossimi dieci anni dimostreremo ancora una volta al mondo chi siamo». Pietro Gorlier ha confermato i 5 miliardi di euro d’investimenti nelle fabbriche italiane nel triennio 2019-2021. Il responsabile Fca per l’area Europa, Medio Oriente, Africa ha anche confermato l’impegno sui nuovi modelli per l’Italia: «Nei prossimi tre anni sono previsti 12 nuovi modelli che saranno proposti elettrificati o ibridi».

C’è la necessità di innovare, d’investire somme colossali nei futuri modelli dotati delle nuove tecnologie. Di qui l’esigenza di cercare nuove aggregazioni industriali per ridurre i costi e realizzare grandi economie di scala. John Elkann a fine maggio ha proposto “una fusione paritaria” al gruppo Renault-Nissan.  La frenetica trattativa però è naufragata ai primi di giugno. Il presidente francese ha fatto saltare tutto alzando la bandiere del patriottismo industriale. Elkann  ha spiegato: «Non vi sono attualmente in Francia le condizioni politiche perché una simile fusione proceda con successo». 

Il problema di una aggregazione resta in piedi, anche se solo limitata a una collaborazione industriale come quella varata tra Ford e Volkswagen. Si parla di possibili intese con l’americana General Motors, la cinese Geely, la coreana Hyundai. Potrebbe riaprirsi anche il dialogo con la Renault-Nissan. Marchionne riuscì ad acquisire la Chrysler sull’orlo del fallimento, rilanciando la Fiat e la casa americana.


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