Le minacce che non si fermano. Intimidazione contro la giornalista catanese Fabiola Foti

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Un’amara consapevolezza rappresentata dapprima da minacce giunte attraverso i social network e poi costituita da due teste di agnello, messaggio classico della becera cultura mafiosa, lasciate sul parabrezza della sua auto. Intimidazione precisa che ha colpito in Sicilia la giornalista Fabiola Foti direttrice della testata on line di Catania “L’Urlo”. L’amara consapevolezza è quella di una Sicilia laddove resistono frontiere criminali che sono sempre pronte e armate a colpire il mondo del giornalismo e l’informazione, la classica maniera di colpirne uno per educarne cento. La cronista, mamma di due bimbi, ha già denunciato i fatti i carabinieri e ha già affermato – in un articolo pubblicato dopo le minacce mafiose – che con intende arretrare di un passo nel suo lavoro. E di questo siamo contenti e a Fabiola arriva il puntuale sostegno della nostra associazione Articolo 21. ” Riprendere le sue inchieste e non lasciarla sola” è l’appello lanciato nell’immediatezza dei fatti da Beppe Giulietti, presidente del sindacato nazionale dei giornalisti. Le minacce a Fabiola sono arrivate dopo alcuni suoi articoli sulla recente processione di Sant’Agata a Catania. Fabiola ha documentato presenze inquietanti, comportamenti fuorilegge come ha anche sottolineato l’Assostampa catanese: “Le pesanti intimidazioni sono arrivate dopo gli articoli pubblicati sulla testata on line “L’Urlo” dopo quanto accaduto alla fine della processione del fercolo di Sant’Agata e sulla presenza costante di pregiudicati nelle vicinanze del fercolo stesso. Il sindacato – ha detto Daniele Lo Porto segretario provinciale di Assostampa a Catania – ribadisce con forza l’importanza sociale di un giornalismo libero e respinge qualsiasi tentativo di condizionamento. In questa occasione rivolge un appello al Prefetto Claudio Sammartino affinché si affronti il tema della libertà e serenità dei giornalisti nel corso di un prossimo tavolo del Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica».

Anche Giulio Francese presidente dell’Ordine regionale dei Giornalisti siciliano ha alzato la voce: «Il consiglio dell’Ordine dei giornalisti di Sicilia esprime profonda preoccupazione per l’inquietante episodio che ha visto suo malgrado protagonista la collega Fabiola Foti. Il consiglio garantisce sin d’ora alla giornalista la propria vicinanza, certo che proseguirà la propria attività senza lasciarsi intimidire. Al tempo stesso si augura che le forze dell’ordine diano una immediata risposta a chi, anche attraverso tali gesti, prova a condizionare il ruolo dell’informazione in Sicilia». Se ne parla sempre ma poi il risultato è sempre quello che i giornalisti devono fare i conti con questa realtà di minacce e intimidazioni. E’ chiaro e forse solo nelle stanze del potere politico di Governo di tutto questo non si rende conto nessuno, che in certe Regioni d’Italia e la Sicilia è tra queste la prima di queste Regioni, un giornalista che descrive senza veli le trame del potere occulto, illegale e mafioso, scrive rischiando la propria vita. E i rischi dei giornalisti non sono quelli di scrivere che tizio o caio sono dei mafiosi, il rischio lo si corre quando si scrivono reportage, inchieste e semplici articoli di cronaca dove si indicano i complici dei mafiosi, i detentori degli affari occulti. Come ha fatto Fabiola nei suoi articoli. E’ di questo che presto bisogna occuparsi, perché è vero che a Fabiola è giunta tanta solidarietà, ma purtroppo non sono pochi coloro i quali hanno scelto di non seguire il suo esempio e l’esempio di tanti altri giornalisti , uccisi, minacciati e intimiditi.

Sappiamo che non sempre è colpa solo dei colleghi, anche se non sono pochi quelli che hanno scelto la via dell’autobavaglio per scelta, convenienza o patti scellerati, ma ci sono redazioni, a cominciare dalla Sicilia, dove i giornalisti portano notizie che però poi non vengono pubblicati per decisione di editori, capi redattori, capi servizio. E sappiamo che questi comportamenti non sono soltanto propri della Sicilia. E’ un costume che è presente anche in tante altre Regioni. Anche in questo caso la famosa “linea della palma” con la quale Sciascia indicava l’oramai estesa presenza della mafia nel resto d’Italia, riguarda anche il giornalismo e l’informazione. “Si tratta di casi – scrive l’Unci – che testimoniano come il mondo dell’informazione continui a ricevere da più parti tentativi di condizionamento”. Il Presidente della Commissione antimafia regionale Claudio Fava ha anche lui espresso tutta la propria solidarietà: «Un segnale inquietante e preoccupante. Occorre accertare le identità degli autori del gesto intimidatorio. La macabra intimidazione di cui è stata vittima la giornalista Fabiola Foti non può restare impunita. Siamo certi che non sarà certo il messaggio mafioso a farla desistere dal suo lavoro, ma allo stesso tempo lo Stato e le Istituzioni devono dimostrare la propria vicinanza perché la Sicilia non ha certo bisogno di giornalisti e giornalismo silenziosi e accondiscendenti».


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