Il Vangelo per sentito dire

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In risposta al ministro Fontana, che tenta di giustificare il “prima gli italiani” con il precetto “ama il tuo prossimo”. Nella Bibbia “il prossimo non è la persona soccorsa, ma il soccorritore. Il prossimo sei tu che decidi di farti vicino e di prenderti cura dell’altro, chiunque sia”

Il Vangelo per sentito dire. Non si può che definire così l’uscita di Lorenzo Fontana, il ministro per le politiche della famiglia, che a Pisa due giorni fa ha giustificato la politica sovranista – «prima gli italiani» – del suo partito con l’insegnamento di Gesù. Sui migranti, ha affermato Fontana, “ci dicono che [noi leghisti] siamo cattivi cristiani. Però bisognerebbe anche guardare un po’ il catechismo. C’è un passaggio da tener conto: “ama il prossimo tuo”, cioè quello in tua prossimità. Quindi, prima di tutto cerchiamo di far star bene le nostre comunità».

Il ministro associa la parola “prossimo” alla parola “prossimità”, suggerendo che il mio prossimo è quello che mi sta e mi è più vicino. Una interpretazione ap-prossima-tiva, se vogliamo continuare con le assonanze, buona per chi si accontenta del Vangelo per sentito dire, ma non ha intenzione di leggere le Scritture.
Nel Vangelo secondo Luca, al capitolo 10, è un maestro della legge a chiedere a Gesù: “Chi è il mio prossimo”. Una domanda posta precisamente per definire i limiti della responsabilità verso l’altro: sono limiti ristretti al mio gruppo o mi spingono a guardare più lontano?

Gesù risponde con la parabola del buon samaritano, quella in cui un sacerdote e un levita – persone autorevoli della comunità a cui appartenevano gli ascoltatori di Gesù – lasciano sulla strada un poveretto malmenato dai briganti, mentre un samaritano – una persona particolarmente disprezzata dagli uditori del racconto – lo aiuta. E fin qui siamo nell’ambito del “Vangelo per sentito dire” perché l’originalità dell’insegnamento di Gesù sta nella domanda che segue la parabola.

“Gesù chiede al dottore della legge: ‘Quale dei tre personaggi ti pare essere stato il prossimo di colui che s’imbatté nei ladroni?’ Egli rispose: ‘Colui che gli usò misericordia’. Gesù gli disse: ‘Va’, e fa’ anche tu la stessa cosa’”.

Nella parabola il prossimo non è la persona soccorsa, ma il soccorritore! Non è l’altro, sei tu! Il prossimo non è la persona identificabile da particolari criteri di necessità – aiutiamo gli stranieri che ne hanno veramente bisogno, dice il ministro – o geografici – prima gli italiani. Il prossimo sei tu che decidi di farti vicino e di prenderti cura dell’altro, chiunque sia e a qualunque luogo appartenga. Il prossimo non è una categoria, ma frutto di una decisione, è una relazione nella quale tu decidi di renderti disponibile oppure no. Ha ragione il ministro quando dice «Se io amo le persone che arrivano dall’altra parte del mondo, però poi mi dimentico del disabile o della persona in difficoltà o del vicino di casa, sono un ipocrita». Verissimo, ma è altrettanto vero il contrario, perché è soltanto la tua decisione di renderti indisponibile verso lo straniero a definirlo come un “non prossimo”.

L’interpretazione data dal ministro è dunque un travisamento del Vangelo proposto attraverso un linguaggio bonario, dall’apparenza ragionevole. «Parlo con il buon senso di un padre di famiglia ….» ha più volte affermato, proponendo la retorica pericolosissima, tipica dello scenario politico attuale, in cui il mondo in cui viviamo è descritto con frammenti di problemi veri uniti a elementi che invece travisano la realtà e, nel caso del Vangelo, la verità.

Il fatto è che in Italia e in Europa esiste ormai un cristianesimo di identità che assume caratteri diversi, se non opposti, al cristianesimo di fede. Il cristianesimo di identità è ben descritto da Fontana quando afferma che il suo è un partito che ama: «amiamo il nostro territorio, la nostra gente, la nostra comunità, la nostra tradizione, la nostra identità». Questo tipo di amore che definisce un’identità più che una fede e definisce strettamente chi è dentro e chi è fuori, è quello che meno di tutti si adatta all’insegnamento di Gesù che è un continuo sconfinare, superare i confini geografici ma soprattutto culturali del mondo per un messaggio universalista di inclusione. Prima o poi qualcuno di autorevole nel mondo cristiano dovrà dire chiaramente che il cristianesimo di identità e il cristianesimo di fede sono due cose diverse che si assomigliano solo per ap-prossima-zione.

E, comunque, è sempre bene che ognuno si prenda le responsabilità delle proprie opinioni politiche evitando di citare il Vangelo per sentito dire.

*Segretario esecutivo della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei)


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