Dopo la scelta di Kiev un futuro inquietante

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di Luigi Sandri. Redazione Confronti.

Il 5 gennaio a Istanbul il patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I, presente il presidente ucraino Poroshenko, ha firmato il “tomos” – decreto sinodale – che concede l’autocefalia alla neonata Chiesa ortodossa d’Ucraina; e l’indomani l’ha consegnato al neo-primate Epifanyi. Che il patriarcato di Mosca, furente, considera “scismatico”.

Ora che lo “scisma” tra i patriarcati di Mosca e di Costantinopoli – irrimediabilmente divisi sulla questione dell’autocefalia (indipendenza) della Chiesa ortodossa in Ucraina – è stato consumato, ci pare utile qualche considerazione sulle ragioni apportate dai protagonisti della vicenda, e su «che cosa», ora, prevedibilmente accadrà. Lasciando sullo sfondo quanto già raccontato [vedi Confronti 10 e 11/18, 1/19], rivisitiamo i tre fronti della “battaglia”: ucraino, moscovita, costantinopolitano.

Il 5 gennaio, nella cattedrale di san Giorgio al Fanar (antico quartiere di Istanbul, residenza dei patriarchi di Costantinopoli) Bartolomeo I ha firmato il tomos – decreto sinodale – con il quale, come Chiesa-madre a una Chiesa-figlia, concedeva la “autocefalia” alla neonata Chiesa ortodossa in Ucraina.

Alla solenne cerimonia erano presenti il presidente ucraino Petro Poroshenko, e il metropolita di Kiev e primate della nuova Chiesa, Epifanyi, eletto a quella carica il 15 dicembre, da un Concilio per la riunificazione – “Conciliabolo”, secondo il patriarcato russo – formato da delegati del “Patriarcato di Kiev” e della piccola e preesistente Chiesa autocefala ucraina. Presenti anche due (due, su novanta) vescovi della Chiesa ortodossa ucraina legata a Mosca, che gode di amplissima autonomia, e fino al momento la più numerosa nel paese. Essa è guidata dal metropolita Onufryi. Il 6 gennaio Bartolomeo ha consegnato a Epifanyi il tomos che poi già l’indomani era esposto nella cattedrale di Santa Sofia, a Kiev, a perenne memoria dell’evento.

Sul lato ucraino, il protagonista principale – ci pare – è stato colui che fino al 15 dicembre 2018 era il “patriarca” di Kiev (“cosiddetto”, secondo Mosca), Filaret. Nato in Ucraina nel gennaio 1929, Mykhailo Antonovych Denysenko, diventato monaco – con il nome di Filaret – e poi prete, fece tutti i suoi studi in Russia e rappresentò poi il patriarcato di Mosca in varie missioni all’estero. Infine, fu scelto come metropolita di Kiev e, come tale, per anni fu membro permanente del Santo Sinodo di Mosca. Quando, nel maggio 1990, morì il patriarca russo Pimen, Filaret fu locum tenens del patriarcato. Egli sperava di diventare il successore del defunto, ma fu invece eletto Aleksij II, già metropolita di Leningrado. Pieno di rancore – questa l’accusa dei moscoviti – per la mancata nomina, nel ’92 (l’anno prima era collassata l’Urss e nata l’Ucraina indipendente) Filaret favorì la nascita del “patriarcato di Kiev”, al quale aderì una parte minoritaria degli ortodossi ucraini: il Concilio episcopale russo lo ridusse, allora, allo stato laicale. Ma egli nel ’95 accettò l’elezione a “patriarca” di Kiev: e perciò, nel ’97, lo stesso Concilio lo scomunicò. Bartolomeo riconobbe legittime le due punizioni.

Filaret, sdegnato, rifiutò quei provvedimenti, e continuò a ordinare preti e vescovi. Si adoperò perché Costantinopoli riconoscesse il “patriarcato” di Kiev; infine è stato il massimo sostenitore del “Concilio” del 15 dicembre. Bartolomeo e il suo Sinodo l’11 ottobre ‘18 gli avevano tolto le censure comminategli dall’episcoparo russo; una provocazione intollerabile, per quest’ultimo. I critici di Filaret sostengono che, stante l’Urss, egli fosse legato al Kgb: accusa, a dire il vero, rivolta a tutto l’establishment della Chiesa russa del tempo sovietico; e quindi da valutare criticamente e imparzialmente (tutti gli ecclesiastici di alto rango che viaggiassero all’estero, rientrati in patria dovevano in qualche modo riferire ai servizi di sicurezza russi). Gli ucraini fautori della nuova (quindicesima) Chiesa autocefala, considerano Filaret un padre della patria e della Chiesa. I suoi avversari, invece, ritengono che egli abbia agito per orgoglio. Il “Concilio” gli ha attribuito… Continua su confronti 


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