Direzione Generale del Cinema. Permane nebbia fitta in Valpadana

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Esattamente una settimana fa – anche sulle colonne di “Articolo21” – avevamo prospettato che era probabile un avvicendamento alla Direzione Generale del Cinema del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, dopo dieci anni di guida affidata a Nicola Borrelli (vedi “Articolo21” del 21 dicembre 2018, “Mibac. Il ministro Bonisoli sostituisce Nicola Borrelli, da 10 anni guida della Dg Cinema?”): a cavallo di Natale, le carte in tavola sembrano essere invece cambiate, e parrebbe che il Consiglio dei Ministri che si terrà stasera (convocato questa mattina per le ore 19) andrà a ratificare la decisione assunta dal Ministro Alberto Bonisoli, che riconfermerebbe Nicola Borrelli, venendo meno l’ipotesi di un incarico affidato all’altra candidata interna Marina Giuseppone (fino al 21 dicembre alla guida della Direzione Organizzazione del Ministero, stessa data in cui è cessato l’incarico di Borrelli). Si ricorda che la nomina del Direttore Generale di un ministero avviene su proposta del Ministro, ma è sottoposta all’approvazione del Consiglio dei Ministri, che la formalizza attraverso un proprio atto (giustappunto un Dpcm, Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri). La questione non ha gerarchia tale da assurgere nell’ordine del giorno, nemmeno tra le “varie ed eventuali”, ma sicuramente è oggetto di attenzioni in quel consesso.
Si tratta di una scelta di continuità politica, a fronte del rischio di un “vacuum” tecnico. La decisione sarebbe il frutto di una accesa dialettica tra il Ministro grillino Alberto Bonisoli e la Sottosegretaria leghista Lucia Borgonzoni, ovvero di una tensione tra… “innovazione” e… “conservazione”.
La scelta di rinnovare l’incarico per un anno soltanto (anche in considerazione del lungo mandato di Borrelli, dal 2009) rappresenterebbe un compromesso tra le due visioni.
Il redattore di quest’articolo aveva manifestato perplessità sui rischi determinati dall’affidamento dell’incarico ad un dirigente di alto livello professionale (qual è Giuseppone, osservando il suo curriculum), ma con nessuna specifica esperienza nel complesso settore del cinema e dell’audiovisivo, soprattutto alla luce delle esigenze determinate dal nuovo assetto normativo (la nuova “legge cinema”, la n. 220 del 14 novembre 2016, firmata da Dario Franceschini, approvata a fine novembre 2016) e dai (tanti) regolamenti di attuazione approvati nel corso degli ultimi due anni.
Se la nostra segnalazione di una settimana fa non si poneva certo come “ballon d’essai” (o, peggio, come “bufala” rientrante nel campo delle “fake news”), si ha notizia che la comunità del cinema italiano abbia reagito in modo controverso, vivendo un… Natale incerto, caratterizzato da alea e preoccupazione, e da diverse percezioni – ovviamente – da parte dei… “protetti” e degli… “esclusi”.
Gli esclusi… Coloro che criticano “il sistema” dell’intervento pubblico nel settore (e sono spesso esclusi o si ritengono mal trattati dalle procedure di intervento pubblico) avevano apprezzato la chance di un cambiamento (radicale se non addirittura rivoluzionario), dato che sostituire un Direttore Generale dall’esperienza ultradecennale con un manager della pubblica amministrazione estraneo al “sistema” determinerebbe una inevitabile revisione degli assetti storici, delle dinamiche relazionali, dei rapporti di forza: uno scardinamento della conservazione, l’inevitabile messa in discussione delle rendite di posizione e delle tante grandi e piccole “lobby”.
I protetti… Coloro che operano con soddisfazione nel settore (e beneficiano dell’intervento pubblico) hanno vissuto una scossa determinata dalla preoccupazione del rischio di cambiamento delle “regole del gioco”, che sono sì determinate da leggi e regolamenti, ma anche dalle persone che queste leggi debbono applicare ed interpretare: l’ingresso in campo di una persona estranea al settore (e senza specifiche competenze tecniche nello specifico del cinema e dell’audiovisivo) determinerebbe l’esigenza di una faticosa ricostruzione di rapporti e relazioni, mentre la riconferma di Nicola Borrelli è in una direzione di continuità.
Altri hanno temuto, pur criticando alcuni tratti della direzione Borrelli (ritenuto da alcuni un po’ troppo “slow”), che latente sarebbe comunque stato il rischio di un passaggio… “dalla padella alla brace”, come avviene in alcuni casi di “spoil-system” radicale.
Alcuni esponenti del settore ci hanno segnalato che un avvicendamento – quale che fosse – avrebbe potuto determinare conseguenze addirittura… “letali” nella fase di riassetto del settore alla luce della novella legge, la cui applicazione tarda ad arrivare a regime. Concreto il rischio, in effetti, di ritardi, di ulteriori ritardi, e di una paralisi del settore.
La questione riguarda comunque anche – più in generale – il delicato rapporto tra “politica” ed “amministrazione”, e le rispettive teorizzate (e talvolta ipocritamente decantate)… autonomie: in particolare, il Movimento Cinque Stelle ha spesso denunciato che la propria volontà innovatrice si scontra con il muro di gomma di una “macchina amministrativa” – ovviamente ereditata, nominata da altri governanti – che si caratterizza per una forte vocazione alla (auto)conservazione, nella migliore tradizione della lotta per la propria sopravvivenza (obiettivo primario di qualsiasi burocrazia).
Il caso di Roma Capitale è paradigmatico: la sindaca grillina Virginia Raggi evoca ancora oggi il fantasma della conservazione, a distanza di oltre due anni dall’insediamento, e pur avendo avuto chance di modificare, almeno in parte, i vertici dell’amministrazione capitolina.
Se Nicola Borrelli sarà ri-chiamato a governare la Direzione Cinema (anche se fosse per un anno soltanto, sebbene alcuni sostengano che questo vincolo temporale – che può essere di 3 o 5 anni per gli esterni all’amministrazione – non possa essere imposto), lo attende un compito comunque arduo: se è vero che la gran parte dei decreti di attuazione della legge cinema sono stati emanati (ben 20, su un totale di 22, se non… sbagliamo il computo!), la macchina ministeriale procede ancora con grande lentezza, e purtroppo i risultati della nuova legge cinema sono ancora avvolti nelle nebbie.
Da osservatori attenti del settore, non possiamo che ri-segnalare ancora una volta che lo “stato di salute” del settore non appare esattamente eccellente, anche se – ad essere onesti – esso è sostanzialmente… ignoto!
Esistono infatti soltanto indicatori fragili, frammentari, incompleti: lo stato dell’arte del “sistema informativo” del cinema italiano è semplicemente tragico.
Indicatori erratici: la debole quota di mercato del cinema italiano nel “box office theatrical” è sintomatica di criticità storiche… molti film prodotti con il sostegno dello Stato restano “invisibili” sia nelle sale cinematografiche sia sui canali televisivi… il territorio nazionale registra una continua “desertificazione” delle sale cinematografiche… l’assetto complessivo del sistema sembra continuare a caratterizzarsi per una notevole vischiosità…
Su tutto, ancora una volta prevale un deficit di conoscenza: se è stato apprezzato che la nuova legge sul cinema abbia finalmente previsto una “valutazione di impatto”, non può che essere ritenuta deludente la prima (non) valutazione, che è il risultato dell’affidamento, nel luglio 2018, dell’incarico da parte della Dg Cinema alla pur qualificata società specializzata britannica Olsberg Spi Limited.
Nel silenzio dei più, e quindi ponendosi “Articolo21” quasi come segnalatore di uno… “scoop”, il 14 novembre scorso il Ministro Alberto Bonisoli ha trasmesso al Presidente della Camera Roberto Fico (come previsto dall’articolo 12 comma 6 della legge n. 220) questa “relazione annuale” sullo stato di attuazione degli interventi previsti dalla legge cinema, la quale è formalmente entrata in vigore il 1° gennaio 2017 (e sono trascorsi due anni…).
Il documento (datato 30 settembre 2018) consta di una sessantina di pagine, e già dal titolo evidenzia la propria debolezza: non si tratta infatti di una “valutazione di impatto”, bensì di un mero esercizio teorico di analisi sulla “Metodologia per la valutazione d’impatto della legge sul cinema e l’audiovisivo”.
Il documento delinea soltanto la metodologia con la quale verrà effettuata la valutazione d’impatto (prevista dall’art. 12 della legge) a partire dal 1° gennaio 2018, data che costituisce in sostanza l’effettivo avvio dell’operatività della legge; elenca in appendice (con qualche falla, a parer nostro) i principali studi disponibili di scenario, che propongono dati e analisi del settore per i periodi antecedenti il 1° gennaio 2018.
Se grande era l’aspettativa da parte del settore – in particolare, l’aveva pubblicamente evidenziata Confindustria Radio Televisioni (Crtv) –, inevitabile lo sconforto rispetto a questa prima “relazione annuale”. Insomma, la “valutazione d’impatto” è ancora tutta… “in mente Dei”!
Il testo proposto dalla Direzione Cinema, a partire da un dossier predisposto dal raggruppamento temporaneo di imprese (rti) Olsberg Spi e Lattanzio Monitoring and Evaluation, propone infatti una “metodologia”, ma non offre purtroppo alcuna “valutazione”. Paradossale, ma reale.
In effetti, vengono proposte molte tabelle e schemi “metodologici”, ma non 1 dato uno, nel documento. Nessuna osservazione critica scenaristica significativa, se non un cenno ai problemi della piattaforma web DgCinema Online (che – come abbiamo già segnalato – il Direttore Generale Nicola Borrelli intende implementare ad inizio 2019).
Ci si augura che venga presto avviata una valutazione d’impatto vera e propria (per quanto la legge non sia ancora completamente a regime), perché altrimenti non si potrà comprendere realmente né lo stato di salute del settore, né le sue prospettive alla luce delle prime ricadute della nuova normativa.
Tante volte, abbiamo lamentato questo estremo deficit di conoscenze.
Il problema non riguarda soltanto “il cinema”, ma l’intero sistema delle industrie culturali italiane.
E se ha riprova ascoltando le audizioni promosse dalla VII Commissione del Senato (Istruzione), presieduta da Mario Pittoni (Lega Salvini) nell’economia di un’incerta “indagine conoscitiva” sul “Fus”, il famigerato Fondo Unico dello Spettacolo, la cui proposta è stata approvata il 3 ottobre 2018. Nel corso delle audizioni, c’è chi ha incredibilmente auspicato un… “Osservatorio dello Spettacolo”, dimenticando come questa struttura fosse stata contemplata dalla legge n. 163 del 1985, istitutiva del Fus giustappunto, ma l’Osservatorio dello Spettacolo è stato indebolito e destrutturato nel corso del tempo, e produce ormai una evanescente “relazione annuale” al Parlamento che pochi appassionati leggono…
In queste ancora fitte nebbie, in questo perdurante deserto di conoscenze, può accadere di tutto: segnaliamo ai nostri lettori una acuta analisi critica proposta in questi giorni da uno dei portali più accurati del sistema teatrale italiano, “Ateatro – Webzine di cultura teatrale”, promosso decenni fa da uno dei più qualificati esperti di politica ed economia dello spettacolo dal vivo, Oliviero Ponte di Pino, cui si è affiancata Mimma Gallina: la loro analisi critica di come il Ministro Alberto Bonisoli ha gestito i cosiddetti “progetti speciali” conferma come l’assenza di un “sistema informativo” adeguato possa consentire – nel bene e nel male – pratiche di assoluta discrezionalità, nonostante leggi (vecchie e nuove) e regolamenti (vecchi e nuovi). Il titolo dell’articolo, ironico quanto efficace, pubblicato alla vigilia di Natale (il 22 dicembre), la dice lunga: “Come prima, più di prima. I progetti speciali del Ministro per il 2018. I 106 regali di Natale di Bonisoli allo spettacolo italiano”. E le considerazioni critiche proposte riteniamo siano assolutamente condivisibili.
Cambia… il settore (“spettacolo dal vivo” piuttosto che “cinema”), cambiano… le leggi (se il 2016 è stato l’anno della “nuova legge” per il cinema, il 2017 resterà negli annali come l’anno della “nuova legge” anche per lo spettacolo dal vivo, comunemente nota come “Codice dello spettacolo”)…
Non cambiano le patologie, determinate (anche) dal perdurante deficit cognitivo. Si tratta di una problematica oggettivamente grave, che va ben oltre le “persone”, innovative o conservatrici che siano nella loro propria natura e nel loro percorso professionale e politico. Si tratta di una problematica oggettivamente grave, che va ben oltre le scelte del Ministro “pro tempore”.
Non resta che augurarsi che il Ministro Alberto Bonisoli (che può vantare una precisa esperienza manageriale), e la Sottosegretaria Lucia Borgonzoni (che ha dichiarato di credere nelle valutazioni di efficienza ed efficacia) sappiano presto dotarsi con la strumentazione tecnica adeguata al loro miglior “buon governo”.
Finora, purtroppo, permane però una grande… “nebbia in Val Padana”, come cantavano Enzo Jannacci e Cochi e Renato (alias Cochi Ponzoni e Renato Pozzetto): “Cosa c’è nella nebbia in Valpadana… Ci son cose che, a dirle, non ci credi… Non ci credi nemmeno se le vedi… A parte il fatto che non le vedi”.

Clicca qui, per leggere la prima “valutazione di impatto economico, industriale ed occupazionale” della nuova legge cinema, trasmessa dal Mibac alla Camera dei Deputati il 14 novembre 2018.

(Presidente Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult)


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