Amnesty, in Italia e tutta Europa aumentano intolleranza e discriminazioni. 2018 anno delle donne attiviste vittime di leader ‘bulli’

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Attivisti per i diritti umani uccisi o arrestati. Aumento della violenza sulle donne e della disparità salariale tra maschi e femmine. Criminalizzazione dell’omosessualità. Limitazioni della libertà di informazione e di espressione.
È questa la fotografia sul mondo dei diritti umani di Amnesty International scattata negli ultimi 24 mesi.
L’organizzazione non governativa internazionale fondata nel 1961 come ogni anno ha realizzato un ampio e dettagliato rapporto sulla situazione delle violazioni in 159 Stati del mondo.
In Italia lo hanno illustrato oggi, 10 dicembre – 
giorno in cui ricorre il 70° anniversario della proclamazione della Dichiarazione dei diritti dell’uomo – il presidente Antonio Marchesi, il direttore generale Gianni Rufino e il portavoce Riccardo Noury.
Grande spazio nel report è dedicato anche all’allarme per la pericolosa ondata d’odio in Italia: immigrazione, ong, procedure di asilo politico e una dilagante xenofobia i punti principali del capitolo che riguarda il nostro Paeee.
Secondo Amnesty, dopo mesi di stallo politico e istituzionale, il nuovo governo insediatosi a giugno si è distinto per una gestione repressiva del fenomeno migratorio.
“Le autorità hanno ostacolato e continuano a ostacolare lo sbarco in Italia di centinaia di persone salvate in mare – si legge nel rapporto – infliggendo loro ulteriori sofferenze e minando il funzionamento complessivo del sistema di ricerca e salvataggio marittimo”.
Amnesty evidenzia come a novembre “il parlamento ha approvato un decreto legge fortemente voluto dal ministro dell’Interno contenente misure su immigrazione e sicurezza pubblica che erodono gravemente i diritti umani di richiedenti asilo e migranti e avranno l’effetto di fare aumentare il numero di persone in stato di irregolarità presenti in Italia, esponendole ad abusi e sfruttamento.
Il decreto prevede tra le altre cose: l’abolizione del permesso di soggiorno per motivi umanitari (che in via temporanea verrà concesso solo a persone che rientrino in una ridotta casistica di situazioni); il prolungamento del periodo di detenzione ai fini del rimpatrio nei Centri per i rimpatri, oltre alla creazione di una lista di cosiddetti “paesi di origine sicuri” che, facilitando il rigetto delle domande di chi proviene da tali paesi, rischia di esporre queste persone a gravi violazioni dei diritti umani. Inoltre, il decreto preclude l’accesso al sistema di accoglienza e integrazione Sprar ai richiedenti protezione internazionale, che verranno alloggiati in grandi centri di accoglienza, riducendone le possibilità di relazione con la comunità ospitante. Il provvedimento è stato fortemente criticato in novembre da 10 relatori speciali delle Nazioni Unite, che hanno chiesto chiarimenti al governo sui rischi di violazioni identificati, nonché dalla società civile, dai Comuni e da molte realtà coinvolte nella tutela dei diritti umani e dei migranti”.
Il rapporto ricorda anche che i relatori speciali delle Nazioni Unite abbiano espresso preoccupazione anche per i numerosi casi di criminalizzazione della solidarietà “che hanno colpito molte organizzazioni non governative e individui impegnati in attività di salvataggio in mare, assistenza e accoglienza di rifugiati e migranti”.
Grazie all’aiuto dei suoi attivisti, Amnesty International Italia ha documentato il massiccio ricorso da parte di alcuni candidati e partiti politici a stereotipi e linguaggio razzista e xenofobo per veicolare sentimenti populisti, identitari nel corso della campagna elettorale: durante le tre settimane prese in esame, più di un messaggio offensivo, razzista o discriminatorio all’ora è stato postato da alcuni candidati e moltiplicato dalla rete.
Nel loro comunicato di novembre, i relatori speciali delle Nazioni Unite hanno espresso preoccupazione in merito alla retorica razzista e xenofoba di alcuni politici in campagna elettorale che, secondo i relatori, incita all’odio e alla discriminazione e che sta alimentando un clima di crescente intolleranza, razzismo, e xenofobia nei confronti delle minoranze e di rifugiati e migranti.
Questo clima, secondo gli esperti Onu, non può essere separato dall’aumento dei crimini d’odio.
Anche gli sgomberi forzati sono continuati, colpendo soprattutto famiglie rom e gruppi di rifugiati e migranti, senza l’offerta di alternative abitative adeguate da parte delle autorità. In luglio, Amnesty International ha espresso preoccupazione per lo sgombero forzato di Camping River, a Roma, da parte delle autorità locali supportate dal ministro dell’Interno. La demolizione di Camping River ha lasciato decine di famiglie senza un tetto, nonostante la Corte europea dei diritti umani avesse temporaneamente bloccato l’operazione in attesa di conoscere a quali alternative abitative i rom residenti nel campo avessero accesso. La linea dura dettata dal nuovo esecutivo sugli sgomberi, che si evince da una circolare ai prefetti diffusa in settembre e da alcune delle norme del decreto sicurezza, rischia di fare aumentare nel 2019 il numero di persone e famiglie lasciate senza tetto e senza sistemazioni alternative. Inoltre, a Roma e in altre città, migliaia di rom continuano a vivere segregati in campi monoetnici in condizioni abitative discriminatorie e inadeguate.
Altro tema di rilievo il commercio di forniture belliche a Paesi che perpetrano continue violazioni dei diritti umani. Nel corso del 2018 è infatti proseguito il commercio di armi con paesi in guerra come Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti, attivi nel conflitto in Yemen. Tali esportazioni violano la Legge 185/90 e il Trattato internazionale sul commercio delle armi ratificato dall’Italia nel 2014. Amnesty International, in coalizione con altre organizzazioni non governative e associazioni nazionali, ha continuato a chiedere che il governo italiano si adoperi per un immediato cessate il fuoco in Yemen e per imporre un embargo sulle armi verso tutti i paesi appartenenti alla coalizione a guida saudita coinvolti nel conflitto. Le associazioni hanno avviato un’interlocuzione con tutti i gruppi politici svolgendo incontri e audizioni parlamentari.
Tornando al fronte strettamente interno, a settembre è partita la sperimentazione sulle pistole a impulsi elettrici (Taser) in dotazione alle forze di polizia. Amnesty International ha da subito espresso pubblicamente preoccupazione sui rischi per la salute, sulla necessità di formare adeguatamente gli operatori e anche sui requisiti di opportunità nell’utilizzo dello strumento: l’organizzazione ha infatti ribadito che l’impiego di armi meno che letali deve costituire una reale alternativa nei casi in cui sarebbe necessario l’uso delle armi da fuoco, ma non deve convertirsi in uno strumento di routine per la gestione dell’ordine pubblico. L’acquisizione definitiva delle pistole Taseravverrà all’esito positivo della sperimentazione, i cui risultati dovrebbero essere resi pubblici al termine dei tre mesi di prova. Amnesty International studierà i risultati della sperimentazione e le salvaguardie poste in essere per valutare se la loro acquisizione sia in linea con gli standard internazionali.
In conclusione, ma non certo per importanza, Amnesty ha dedicato un ampio capitolo a Giulio Regeni, vittima di un brutale omicidio in Egitto come hanno ampiamente mostrato i segni di tortura che lo hanno reso quasi irriconoscibile. Il 3 febbraio 2018 saranno trascorsi tre anni dal ritrovamento del suo corpo.
Grazie all’impegno degli attivisti sull’intero territorio nazionale, si sono riempite di candele gialle oltre 120 piazze italiane. Nel corso dell’anno sono state costanti le sollecitazioni di Amnesty International Italia e dei sostenitori della campagna “Verità per Giulia Regeni” nei confronti del governo italiano perché spingesse l’Egitto a fare chiarezza su chi rapì, torturò e uccise Giulio Regeni.
Eventi e attività culturali continuano a essere organizzati in tutta Italia, affinché la richiesta di verità non venga mai dimenticata. 
Battaglia, quella di Amnesty e dei genitori di Giulio Regeni, che Articolo 21 condivide dal primo momento.
Per chi volesse leggere l’intero rapporto segnaliamo il link da cui è possibile scaricare il pdf.

www.amnesty.it/rapporto_2018


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