Sandro Curzi e l’orgoglio di TeleKabul

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Dieci anni senza Sandro Curzi, scomparso il 22 novembre 2008 all’età di settantotto anni. Dieci anni senza la sua irriverenza, il suo coraggio e la su rara capacità di emanciparsi dal partito che lo aveva indicato alla direzione del Tg3, tollerandone assai poco l’indipendenza.
Curzi e le sue invenzioni, le sue trovate, il suo caratteraccio spigoloso e dolcissimo al tempo stesso. Cuurzi, alla cui scuola si sono formati alcuni dei migliori giornalisti degli ultimi decenni, imparando non solo la professione ma anche ciò che la rende unica e indispensabile per una democrazia matura.
Curzi, il comunista che inventò il telegiornale di mezza sera diviso fra Roma e New York, in un dialogo serrato fra le due sponde dell’Atlantico, negli anni della caduta del Muro, della fine del “Secolo breve” e dei mutamenti globali che hanno sconvolto il panorama occidentale e mutato per sempre il nostro immaginario collettivo.

Curzi, sempre critico e bastian contrario, avversario strenuo del CAF  per questo ribattezzato dai socialisti craxiani direttore di TeleKabul, al cospetto di un PCI che subiva gli eventi storici più che guidarli o anche solo assecondarli e di una Prima Repubblica che mostrava ormai la corda.
Curzi, nell’Italia dei rivolgimenti, di fronte allo scontro fra il prima e il dopo, fra il tutto e il nulla della politica, mentre le ideologie crollavano e la politica cominciava a imbarbarirsi, seppe muoversi come il più abile degli equilibristi, camminando sul filo della verità e mantenendo sempre un’etica e un’onestà professionale encomiabili.
Ha educato un’intera generazione ad essere libera, a credere in se stessa, a considerare come unico padrone il lettore, a duellare con una politica sempre più fragile e spietata e ad uscirne a testa alta.
Duro, spigoloso, combattivo fino all’ultimo, determinato a difendere la sua creatura da ogni attacco, anche quando non ne era più il direttore, e vicino, umanamente e non solo, a quelli che erano stati i suoi ragazzi, ricordo che incontrai e intervistai Curzi a margine della presentazione dell’autobiografia di Ingrao, uno dei suoi libri più belli. E ora che ci penso anche Curzi era uno che voleva la luna, e forse l’ha raggiunta, e adesso da lassù continua a dirigere, a lanciare idee, a spalancare le porte della propria redazione e a rendere protagonisti tutti, compresi gli ultimi arrivati, credendo fermamente nella necessità che nessuno venga escluso dai processi decisionali per dar vita ad un’informazione autenticamente libera e di qualità.

Curzi era comunista, lo è sempre stato, fino alla fine, senza pentimenti. Un uomo perbene in grado di resistere ad ogni tempesta e di affrontare qualunque interlocutore, compresi i peggiori, senza mai lasciarsi intimidire.
Ebbe il merito di dar voce veramente a tutti, persino a Bossi e Rauti, di inimicarsi i potenti e di sfidare apertamente la mafia andando in onda da Palermo nei giorni dello stragismo e del collasso della nostra democrazia.
Era, la sinistra mediatica che aveva in Curzi e Guglielmi i propri alfieri, una scuola di giornalismo e, al contempo, una palestra di vita. Ho conosciuto molti dei loro allievi e posso confermare che hanno qualcosa di più e di diverso rispetto agli altri: non scadono mai nel nichilismo, non lo tollerano proprio, al pari della mancanza di rispetto per la politica e per le istituzioni. Sono rimasti, quasi tutti, uomini di frontiera, asserragliati nella trincea della dignità umana che molti altri, per convenienza e per viltà, hanno preferito da tempo abbandonare.
Ciao Sandro, e grazie. Ora e sempre, forza Kabul!

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