Massacro di rifugiati in Centrafrica, assalto alla diocesi di Alindao. 48 vittime tra cui il Vicario e un altro sacerdote

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È stato un massacro. Almeno 48 morti e decine e decine di feriti in un attacco a un gruppo di rifugiati accolti nella diocesi di Alindao, tra cui il Vicario generale. padre Blaise Mada, vicario generale della diocesi di Alindao, e padre Celestino Ngoumbango, cuore e anima della comunità cattolica.  I  ribelli ex Seleka non hanno risparmiato nessuno, hanno preso d’assalto la cattedrale dove erano stati nascosti i rifugiati, quasi tutti cristiani, hanno trucidato tutti. Pochi i sopravvissuti nel compound della cattedrale è il bilancio delle vittime potrebbe salire, fa sapere la fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre.

Una media di tre civili uccisi al giorno, 25 solo nelle ultime due settimane. La Repubblica Centrafricana è ormai un mattatoio a cielo aperto e gli appelli delle organizzazioni umanitarie sono ormai urla disperate che riecheggiano nel vuoto.

Gli allarmi dell’Onu e la richiesta di aiuto delle Ong sono continui. Che la situazione sia precipitata lo attestano anche le Nazioni Unite, che nell’ultimo rapporto sul Paese riferiscono di un numero crescente di uccisioni e di un flusso continuo di sfollati costretti a lasciare le proprie case a causa del conflitto. Le aree maggiormente interessate dalle violenze negli ultimi mesi le città di Bria e i villaggi di Yakapi e Batangafo. Proprio da quest’ultimo si è levata la richiesta di aiuto delle organizzazioni non governative impegnate in interventi di cooperazione e assistenza umanitaria, tra cui la Croce Rossa Internazionale e Oxfam, che dopo aver ridotto nel novembre 2016 le attività non essenziali rischiano di dover sospendere tutti i loro progetti.

E intanto si intensificano le incursioni delle milizie Seleka. Le violenze delle milizie dell’ex coalizione che aveva preso il potere con un golpe (di ispirazione musulmana) hanno raggiunto livelli mai così intensi, con continue incursioni nelle aree popolate da civili. La Repubblica Centrafricana è ormai ostaggio degli scontri tra i ribelli, per lo più musulmani, che componevano l’alleanza che nel 2013 aveva rovesciato l’allora presidente Francoise Bozizé. Una situazione del tutto fuori controllo, come dimostra la decisione del presidente della Repubblica Centrafricana, Faustin-Archange Touadera di destituire il ministro della Difesa, Levy Yakete. Il ‘licenziamento’ di Yakete è maturato proprio a fronte della crescente instabilità e la contrapposizione sanguinaria tra le fazioni armate.

in questo contesto di ferocia il coraggio della Chiesa e dei missionari è ammirevole mentre sconcerta, a fronte delle crescenti violenze, l’inerzia della Minursca, la missione Onu dispiegata nel Paese, già delegittimata dai numerosi casi di violenza sessuale e di altri soprusi e violazioni dei diritti umani verso la popolazione da parte di alcuni caschi blu. Unico baluardo a difesa dei civili resta la Chiesa. “Più di una volta abbiamo pregati i ribelli di non sparare – ha raccontato monsignor Juan José Aguirre Munoz, vescovo di Bangassou – e in alcuni casi ci siamo frapposti come scudi umani”. Ma a commettere crimi atroci non sono solo le milizie islamiche. Anche gli anti Balaka cristiani attaccano le famiglie musulmane che nulla hanno a che fare con l’azione violenta degli ex Seleka. “Siamo circondati da bande pronte a uccidere anche donne e bambini” e il disperato all’allarme di padre Aurelio Gazzera, carmelitano da oltre 30 anni missionario in Centrafrica, attualmente a Bozum.
Sul peggioramento della crisi pesano le promesse mancate e le responsabilità della comunità internazionale che nel novembre 2016 avevano garantito pieno sostegno al governo centrafricano. Nel corso di una conferenza promossa dall’Unione europea a Bruxelles a cui avevano preso parte il vicesegretario generale delle Nazioni Unite Felix Moloua, il vicepresidente della Banca Mondiale, Jan Eliasson, e ottanta tra paesi, organizzazioni e agenzie internazionali avevano assunto l’impegno di implementare il programma delle autorità del Paese per la pace, favorendo la riconciliazione, e promuovere lo sviluppo e la ripresa economica. Ma finora solo la metà di quanto promesso è arrivato dai donatori.
E in Centrafrica continua a grondare sangue di innocenti nell’indifferenza dell’opinione pubblica e dei media che continuano a relegare il paese tra le realtà dimenticate.


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