Il Governo pone la fiducia sul dl Salvini. Appello in extremis ai senatori

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Arriva al Senato, per la conversione in legge, il tanto discusso decreto legge 113. L’Unhcr paventa il rischio sovraffollamento nei centri di prima accoglienza. Diverse organizzazioni lanciano un appello ai senatori prima del voto finale: “140 mila persone rischiano di cadere nell’irregolarità”

ROMA – Arriva al Senato, per la conversione in legge, il tanto discusso decreto legge 113, meglio noto come “decreto sicurezza” o “decreto Salvini”. Secondo fonti parlamentari il Governo porrà la questione di fiducia sul testo, per evitare sorprese. Nelle ultime settimane, infatti, quattro senatori del Movimento 5 stelle (Gregorio De Falco, Paola Nugnes, Elena Fattori, Matteo Montero)  hanno espresso pubblicamente l’intenzione di non votare il testo, per le diverse criticità in esso contenute. “Spero ancora che il provvedimento in aula possa essere all’ultimo migliorato. Nel caso in cui dovesse essere posta la fiducia, valuterò la situazione – ha commentato stamattina De Falco -. A quel punto la fiducia non si riferisce più al provvedimento ma al governo. Se su questo provvedimento può cadere il governo? Non lo so. Chi pone la fiducia pone in discussione, non io”.

I punti critici. Il provvedimento mette mano alla normativa sul diritto d’asilo in Italia, in particolare abrogando il titolo di soggiorno per motivi umanitari, sostituito da “permessi speciali” che si possono ottenere in 6 casi specifici. Viene ampliato il numero di reati che, in caso di condanna definitiva o nell’ipotesi di imputato ritenuto “pericoloso socialmente”, comportano la revoca o il diniego della protezione internazionale. Per queste tipologie di reati si prevede, in caso di condanna in primo grado, la sospensione del procedimento per la concessione della protezione e l’espulsione del cittadino straniero ma solo dopo decisione della Commissione territoriale, la quale provvede nell’immediatezza all’audizione dell’interessato. Inoltre si ridimensiona l’accoglienza nel sistema Sprar in cui potranno essere ospitati solo coloro che hanno già ottenuto lo status di rifugiato e i minori non accompagnati. Si allungano poi i tempi di detenzione nei centri per il rimpatrio da 90 a 180 giorni

Unhcr: poche garanzie per le persone più vulnerabili. Per questo in una nota oggi l’Alto COmmissariato Onu per i rifugiati richiama l’attenzione sull’impatto che i nuovi provvedimenti potrebbero avere sul sistema di accoglienza e asilo in Italia. “Qualora fossero approvati nella loro forma attuale, questi potrebbero influire negativamente sull’accesso alla protezione e ai diritti dei richiedenti asilo e rifugiati in Italia”, sottolinea Unhcr, ricordando come qualsiasi nuovo provvedimento debba essere conforme alla Convenzione di Ginevra, alla normativa internazionale e agli standard europei esistenti. “Come già esplicitato nelle osservazioni e raccomandazioni dettagliate inviate al Governo e al Parlamento nelle ultime settimane, l’Unhcr intravede un rischio in particolare rispetto alle nuove misure relativi alla detenzione amministrativa in attesa dell’identificazione o dell’espulsione, le cosiddette procedure accelerate alla frontiera, e le domande d’asilo reiterate. Questi nuovi provvedimenti, nella formulazione attuale, non forniscono garanzie adeguate, soprattutto per le persone vulnerabili e quelle con esigenze particolari, come per esempio le persone che hanno subito abusi e torture”.

Il rischio sovraffollamento nei centri di prima accoglienza. L’Alto Commissariato richiama l’attenzione anche sugli standard ed i servizi offerti nei centri di prima accoglienza che “devono essere garantiti. Questo è particolarmente vero poiché ora tali centri ospiteranno tutti i richiedenti asilo (tranne i minori non accompagnati) per l’intera durata della procedura d’asilo – prosegue la nota -. Questi centri sono spesso sovradimensionati, sovraffollati e relegati in zone remote, lontane dai servizi di base. Sono spesso inadeguati per rispondere alle reali esigenze delle persone accolte – persone che hanno spesso subito indicibili sofferenze non solo nel loro Paese di origine, ma anche durante il lungo e pericoloso viaggio verso l’Italia. È fondamentale aiutare i nuovi arrivati ad adattarsi, integrarsi e partecipare pienamente alla vita culturale, sociale e economica dell’Italia, anche attraverso l’accesso a diritti fondamentali quali l’istruzione, il lavoro, la salute, l’abitazione. Questo processo comincia al loro arrivo”. L’Unhcr raccomanda inoltre che gli standard nel sistema di seconda accoglienza per i beneficiari di protezione internazionale, casi speciali e minori non accompagnati siano conservati. “L’ex Sprar è un modello di buone pratiche di integrazione, ed è nell’interesse non solo dei rifugiati ma anche delle comunità che li ospitano che questo sia mantenuto – spiegano -.Infine, l’Unhcr prende atto dell’intenzione del Governo di regolamentare la protezione umanitaria, ma si aspetta un approccio aperto all’applicazione delle nuove norme per garantire un sostegno alle persone più vulnerabili”.  “In mezzo al dibattito travagliato – conclude la nota – è importante che i rifugiati siano visti non come una questione politica, ma come persone, parte della comune famiglia umana, e che si approvino leggi che portino all’effettivo miglioramento della condizione di tutti. I legislatori sono ancora in tempo per fare la cosa giusta, non solo per i richiedenti asilo e rifugiati, ma anche in nome della lunga e orgogliosa tradizione dell’Italia di rispetto dei diritti umani”.

140 mila persone rischiano di cadere nell’irregolarità. In queste settimane anche le principali organizzazioni che si occupano di diritti e immigrazione in Italia, hanno criticato aspramente il decreto. La Caritas insieme a Acli, Centro Astalli, Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, Casa della Carità di Milano, Comunità di Sant’Egidio, Federazione delle Chiese Evangeliche, Fondazione Migrantes e Tavola Valdese ha lanciato oggi un appello ai senatori prima del voto finale. Si chiede di migliorare il testo in alcuni punti. In particolare, a preoccupare è il passaggio dal permesso di soggiorno per motivi umanitari ad un ristretto numero di permessi di soggiorno per “casi speciali”. Questa modifica “necessiterebbe di alcune misure aggiuntive rispetto alle previsioni del decreto-legge, che siano idonee a rendere tale passaggio meno traumatico – scrivono le organizzazioni -. Alla data odierna, infatti, circa 140.000 persone titolari di un permesso di soggiorno per motivi umanitari rischiano di cadere o di ricadere in una condizione di irregolarità del soggiorno che li esporrà al rischio di povertà estrema, di marginalità e di devianza”. Per le organizzazioni i permessi di soggiorno per casi speciali, sono configurati come autorizzazioni estremamente precarie, quasi sempre non rinnovabili e non convertibili, ad esempio, in un permesso di soggiorno per motivi di lavoro. “Questo significa che successivamente al primo anno di applicazione della nuova disciplina, molti tra coloro che oggi stanno per prendere un permesso di soggiorno lo perderanno, diventando irregolari – spiegano -. Si va dunque generando, in nome della sicurezza, un inasprimento della disciplina del soggiorno che aumenterà la propensione all’illegalità e renderà più fragile la coesione sociale anche per le famiglie italiane, mentre per le imprese diverrà più difficile reperire legalmente mano d’opera giovane e motivata, ad esclusivo vantaggio dei pochi imprenditori disonesti e della criminalità organizzata”:

Infine, preoccupa la grave involuzione di civiltà giuridica esercitata riguardo alle procedure per l’acquisto della cittadinanza. “In un Paese che ha fatto della trasparenza e della regolamentazione dei tempi procedimentali (determinati ordinariamente in un massimo di 90 giorni)  i suoi due basilari obiettivi di riforma della pubblica amministrazione, si colora di toni fortemente discriminatori la decisione di determinare in ben 48 mesi il termine procedimentale per la definizione delle domande di acquisto della cittadinanza da parte di persone residenti in Italia già da molti anni – concludono -Le esigenze di onestà, trasparenza e buon andamento della pubblica amministrazione vengono così umiliate dall’eliminazione dell’obbligo a rispondere con un minimo di sollecitudine ad una domanda che dovrebbe ritenersi di grande importanza sia per il richiedente sia per la grande comunità dei cittadini. Ci rivolgiamo dunque ai Senatori della Repubblica perché si adoperino, in queste ultime e brevi ore di dibattito parlamentare, a migliorare le norme sottoposte al loro scrutinio. Per il bene del Paese e la sicurezza di tutti non conviene aumentare l’irregolarità ma rafforzare i percorsi di integrazione”. (ec)

Da redattoresociale


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