“Free space”, la profondità di una Chiesa che vive libera da tutti i segni del potere

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“Free space”, il sogno e il desiderio di tutti noi, è la testata con la quale la Biennale ha presentato l’ Esposizione internazionale di Architettura 2018. Tra le molte partecipazioni nazionali, una ha suscitato un interesse e un apprezzamento di dimensioni impreviste, il Padiglione della Città del Vaticano, voluto da Mons. Ravasi, curato da Francesco Dal Co e Micol Forti. Dieci piccoli edifici, dieci cappelle, forse itineranti, tutte di modeste dimensioni. Nella povertà dei segni esteriori, nel rigore di un minimalismo voluto, queste cappelle si pongono come una lezione di teologia, inattesa e profonda, una meditazione sulla serietà della fede, dell’ uomo che si interroga su sé stesso, sulla sua dipendenza da un Altro che può intravvedere solo come in uno specchio “in enigmate”, come dice San Paolo.

Dieci cappelle severe nella loro essenzialità, luoghi di raccoglimento quasi individuale o punto di incontro di piccole comunità, qui sparse nel verde dell’ Isola di San Giorgio. La povertà dei segni sembra quasi una citazione del testo biblico:  “ti porterò nel deserto. Lì nel silenzio parlerò al tuo cuore”. Nessun segno di magniloquenza, nessun resto di una Chiesa potente che altera celebra la gloria del Signore.

Dieci piccoli luoghi appartati, immersi nella natura, uno spazio che dà una dimensione alla duplicità della fede. La capacità di immergersi nel mistero della natura, l’ esigenza di marcare, anche se labile, il confine entro il quale l’ uomo trova lo spazio per immergersi nel mistero della vita, di quanto di più personale vi può essere. La fede. Anche la vita più aperta, nei suoi momenti più decisivi, ha bisogno di tracciare attorno a sè un confine. Non un forte arroccato,  ma una traccia che sappia circoscrivere l’ unicità di alcuni momenti fondamentali della vita impedendo che possano  disperdersi in un tutto indistinto. E’ significativo che, nello stesso periodo della Biennale Architettura, per pura coincidenza, sempre a Venezia, la Fondazione Prada abbia realizzato la mostra “machines a penser”. Tre cardini della cultura contemporanea che per pensare, per elaborare le parti irrisolte del loro pensiero sentono il bisogno di isolarsi. Adorno spinto dall’ esilio in una città crea una nicchia dove può elaborare e proteggere il suo pensiero da rumori di fondo, da interferenze improprie. Wigttenstein ama  ritirarsi in un fiordo della Norvegia e lì ritorna, quasi solo lì, in quelle solitudini, potesse dare forma al suo pensiero, risolvere gli interrogativi che il suo pensiero poneva a se stesso. Heidegger, per elaborare il pensiero filosofico della maturità, si ritira in una piccola baita isolata, quasi sperduta nella Foresta Nera in Germania. La natura parla all’ uomo, ne accoglie le difficoltà, lo protegge dal mondo esterno, difende l’ esigenza di solitudine del pensiero e, nello stesso tempo, continua a tenerlo radicato alla realtà, alla vita della luce, della sua mutevolezza ma anche della sua persistenza.

Free space. Chissà quante volte questo desiderio di libertà ha provato Papa Bergoglio in questi anni del suo pontificato, così tormentati, assediati dalle mura antiche e preziose della città del Vaticano che lì dentro lo tengono imprigionato, come in prigione lo tiene la burocrazia dello Stato e della Chiesa che presiede, la storia anche recente di protagonisti della vita ecclesiale, uomini di potere, privi di scrupoli, lividi di rancore e di atti disonesti. Dietro l’ immutabilità dei riti, il fascino della liturgia, la celebrazione dei sacri misteri, le mura vaticane hanno visto consumarsi lotte di potere, intrighi, intrallazzi di cui non è facile liberarsi anche quando chi governa non ne porta la responsabilità. Nessuno pensa che Papa Ratzinger o Papa Bergoglio siano stati mai stati teneri, o men che duri,  nei confronti dei sacerdoti pedofili. Eppure quel che è avvenuto pesa sul loro pontificato. Come pesa, per altro verso, il fatto che, quanto meno in Europa, la comunità cristiana si stia ritraendo. Il sacerdote, il vescovo  ha perso credibilità, in molti, moltissimi casi non è  più il punto di riferimento di una comunità che non solo ha perso fiducia nei  loro confronti ma si è inoltrata nel terreno dell’ indifferenza, lì dove nessuna parola, nessuna testimonianza può raggiungerli.

Paradossalmente tutto questo proprio in un momento in cui Papa Bergoglio, sembra essere tra le pochissime figure internazionali che richiamano valori che sembrano essere abbandonati dalla società civile. Il dramma dei poveri, dello sfruttamento, la lotta per accaparrare quanto più capitale possibile, costi quel che costi,  i deliri di onnipotenza di Stati e leader politici che annientano nella più feroce tortura, uccidono senza scrupoli gli oppositori. Leader e Stati che molto investono in armi e strategie di guerra, che nel dominio del loro potere stanno come scattisti eternamente pronti al via di una gara che in cento metri di corsa brucerà tutte le energie disponibili, fossero anche richiesti l’ uso della bomba nucleare, bombardamenti che fanno strage di innocenti. Valori che il Papa  richiama costantemente, con determinazione inascoltata.  II peso della della povertà, la responsabilità, il debito che la società ha nei confronti dei poveri, la denuncia di una finanza che ha eroso la vita della società come il cancro che è così avido che muore perché non sa limitare la propria voracità. La volontà di possedere tutto, porta il cancro a una distruzione illimitata finché non muore esso stesso, travolto dalla sua cieca follia, non ha risparmiato niente e nessuno, nemmeno se stesso. Ha distrutto tutto, ha vinto la sua guerra totale per poi ritrovarsi senza niente, nulla che lo alimenti e ne possa continuare la sua vita.

La Chiesa, chiusa nella città del Vaticano, si trova ad affrontare marosi che mai prima d’ ora, almeno in questi ultimi decenni si era trovata ad affrontare, mai un vescovo era arrivato a chiedere al Papa di dare le dimissioni. Non importa che di quel Vescovo che accusava il Papa di essere stato cordiale con un cardinale poi risultato pedofilo  gli archivi dei giornali conservino molte foto che mostrano questo stesso Vescovo, Nunzio negli Stati Uniti d’ America, intrattenersi in rapporti cordiali, sorridenti e privi di remore con quello stesso cardinale. Poco importa che questo stesso Vescovo sia stato denunciato e poi pesantemente condannato per aver truffato il fratello dell’ eredità famigliare. A volte conta più l’ insulto che la credibilità della persona da cui questo insulto proviene. Conta il fatto che si faccia tintinnare l’ odore di presunti dossier. In molti di questi casi sembra avere più valore il gossip, la soddisfazione di un voyerismo morboso piuttosto che l’ atto impegnativo della fede. L’ineludibile confronto che l’ uomo sente in se stesso: il mistero della propria vita, la certezza della propria morte, il bisogno di dare un senso alla propria esistenza, breve o lunga che sia. Di interrogarsi sul fatto di essere venuto, di andare verso un luogo del tempo che non conosce.

In che senso, questo inedito padiglione del Vaticano alla Biennale Architettura 2018, queste dieci piccole cappelle, oggi a Venezia, nell’ isola di San Giorgio, domani forse in qualche sperduta realtà del vasto mondo, possono essere lette come una risposta non superficiale ai problemi della Chiesa di oggi?

Certo questa tempesta, i marosi che stanno squassando la curia vaticana obbligheranno la chiesa a un confronto a lungo evitato, quello con la sessualità etero o omosessuale che sia, il dover fare i conti con una morale che era stata elaborata in secoli lontani, in condizioni di vita assolutamente diverse. E proprio nel momento in cui la tecnologia, l’ evolversi della comunicazione sembra rendere più facilmente comprensibile il principio di una chiesa cattolica, universale, proprio la facilità del contatto la possibilità di vedere la vita degli altri rende più difficile la coesione della chiesa. Se la fede è nell’ unico Dio, che ha sacrificato il proprio figlio per la nostra salvezza, non altrettanto può  essere detto per le regole morali. Ho visto nel deserto giordano una tribù che viveva tutta sotto una grande tenda. Lì in spazi non separati ogni famiglia mangiava il cibo che si procurava, lì venivano prese le decisioni della famiglia e della tribù, lì si dormiva e si amava. E’ chiaro che in quella situazione, dove molte donne giovani e dove molti uomini giovani convivevano a pochi metri di distanza gli uni dagli altri, se non ci fossero state rigide regole morali, un forte controllo sociale, la vita della comunità sarebbe presto divenuta così instabile da determinarne l’ autodistruzione.

Diversamente in alcuni paesi occidentali dove le persone si conoscono, si amano, generano figli, la carriera di ciascuno dei due, il disgregarsi del tessuto industriale, di quello produttivo, di quello sociale possono portare ciascuno dei due partner in città, in luoghi, in situazioni sociali distanti mille miglia, le condizioni della vita morale sono destinate ad essere diverse da quella della tenda giordana che la vita di quel gruppo controllava, ma anche teneva unita.

E’ possibile proclamare un’ unica fede, è difficile proclamare una stessa regola morale e sessuale per tutta l’ umanità. Non parliamo della patologia (la pedofilia), ma di una normale vita coniugale o di una normale vita sessuale.

Free space. Questo evento apparentemente eccentrico rispetto alle problematiche ecclesiastiche, l’Esposizione internazionale d’ architettura, il Padiglione vaticano che in questa esposizione è stato uno dei più riusciti, apprezzati e più felici rispetto ai tempi che la Chiesa sta attraversando, può dare, è in grado di dare una risposta alla Chiesa di Papa Bergoglio?

Sì, perché mostra l’ importanza, la profondità di una Chiesa che vive libera da tutti i segni del potere, fatta anche di piccole comunità, di singoli individui che, nel momento in cui si costituiscono in rapporto con Dio, con il Dio della fede e della vita custodiscono la capacità di pensare  al futuro, a una verità che si affermerà. Ci fanno capire che anche ciò che oggi può apparire un orizzonte lontano, è presente. Di più. Ci consente di  trovare quel bene inestimabile che è la speranza. Una speranza che solo una fede che vive in uno spazio libero può dare.

Le dieci cappelle sono state progettate da: Francesco Cellini (Italia), Smiljan Radic (Cile), Carla Juaçaba (Brasile), Javier Corvalàn (Paraguay), Sean Godsell (Australia), Eva Prats & Ricardo Flores (Spagna), Eduardo Souto de Moura (Portogallo), Norman Foster (Regno Unito), Andrew Berman (USA), Terunobu Fujimori (Giappone).


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