Filippine, Rsf premia giornalista e blogger che sfida Duterte, il presidente che ritiene legittimo ammazzare i giornalisti

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Una giornalista filippina, Inday Espina-Varona è stata premiata insieme al figlio di Daphne Caruana Galizia, la reporter  assassinata per aver raccontato la corruzione a Malta, con il Press Freedom Awards 2018 di Reporter senza frontiere di quest’anno, per il suo coraggio nello svolgere il proprio lavoro anche di fronte a persistenti ritorsioni.

La blogger e giornalista asiatica, più volte arrestata e minacciata, è solo una delle vittime del regime da bavaglio imposto dal presidente Rodeigo Duterte che nei giorni scorsi ha suscitato forte indignazione dichiarando che sia legittimo assassinare i giornalisti che, ai suoi occhi, se lo meritino perché corrotti. L’Unione nazionale dei giornalisti del Paese asiatico ha definito l’affermazione un’istigazione all’omicidio.

Amnesty International nel suo ultimo rapporto traccia l’escalation dinrepressioni e violazioni nelle Filippine, non solo contro gli operatori dell’informazione. Come tanti difensori dei diritti umani, in particolare quelli critici verso l’operato del governo, hanno subìto minacce e intimidazioni. I giornalisti hanno lavorato in ambienti pericolosi, in cui talvolta era a rischio la loro vita. Ad agosto, il presentatore radiofonico Rudy Alicaway e il giornalista Leodoro Diaz sono stati uccisi, rispettivamente nelle province di Zamboanga del Sud e Sultan Kudarat. Il presentatore radiofonico Christopher Iban Lozada è stato ucciso a ottobre da uomini non identificati nel Surigao del Sur.

Non mancano nel rapporto casi di torture. Ad aprile, in una stazione di polizia di Manila è stata trovata una cella di detenzione segreta. La commissione sui diritti umani delle Filippine ha inoltrato la notizia del ritrovamento, insieme a denunce di tortura e altri maltrattamenti, all’ufficio del difensore civico per le indagini.
Le forze di sicurezza sono state accusate di tortura ed esecuzioni extragiudiziali delle persone fermate durante i cinque mesi di combattimento tra le forze armate delle Filippine e il gruppo Maute, a Marawi.
A fine anno non era ancora stato adottato un disegno di legge per istituire un meccanismo preventivo nazionale conforme agli obblighi delle Filippine, ai sensi del Protocollo opzionale alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura.


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