Lazio senza mafie, com’è andata la prima Summer School dedicata all’antimafia

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Si è conclusa venerdì la prima Summer School “Lazio senza mafie” dedicata alla legalità e alla lotta alle mafie organizzata dalla Regione Lazio e dal suo Osservatorio su sicurezza e legalità, in collaborazione con Avviso Pubblico e Cross (l’Osservatorio sulla criminalità organizzata diretto dal prof. Nando Dalla Chiesa). Cinque giorni intensivi, dal 2 al 6 luglio, nei quali si sono alternati sociologi, giornalisti, rappresentanti delle istituzioni, forze dell’ordine e magistrati, tutti sotto il coordinamento scientifico del prof. Enzo Ciconte.

Cinque giornate di sperimentazione alle quali abbiamo partecipato con interesse e attenzione: tra il pubblico studenti, insegnanti, cittadini attivi, studiosi di varie discipline e giornalisti, uniti dalla voglia di conoscenza. Momento unico per apprendere nuove buone pratiche o aggiornare il sapere in vista di una più coraggiosa azione contro le mafie organizzate, avendo l’opportunità di confrontarsi anche con persone dagli incarichi pubblici che altrimenti nel quotidiano ci sarebbe stato più difficile incontrare.

Gianpiero Cioffredi, Presidente dell’Osservatorio per la sicurezza e la legalità della Regione Lazio, ha dato il via alle lezioni lunedì mattina, insieme a Rodolfo Lena, Presidente della I Commissione Consiliare Affari Costituzionali e lotta alla criminalità, Edoardo Levantini, consulente Commissione Antimafia e il professore e storico Enzo Ciconte. Il tema della prima lezione è stato incentrato sull’infiltrazione mafiosa a Roma e nel Lazio, con particolare riguardo alla Storia che dalla Banda della Magliana e da Pippo Calò si passava alla Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo fino ai Casamonica e all’ndrangheta. Si è parlato di welfare mafioso e di piazze chiuse nelle periferie romane (San Basilio, Tor Bella Monaca, Montespaccato), del processo a Mafia Capitale. Il sociologo del territorio Vittorio Martone è intervenuto per parlarci di mafie nel basso Lazio e del radicamento dell’organizzazione mafia come subcultura, mentre il Procuratore Giuseppe Pignatone mentre si diceva soddisfatto che sopraffazione dello Stato da parte della mafia stragista fosse stata sconfitta auspicava una presa di coscienza più forte in seno a una mafia secolare che sa riprodursi e adeguarsi ai cambiamenti, non tanto per l’intermittente offensiva militare dello Stato, quanto per la loro capacità di intessere relazioni esterne. Con il giornalista dell’Espresso Giovanni Tizian e il prof. Ciconte si è parlato di ‘ndrangheta a Roma, del loro rapporto con la famiglia, dei rituali, della religione, delle ‘ndrine storiche come i De Stefano, i Mancuso, i Gallace, gli Alvaro, del metodo mafioso e del rapporto con la droga.

Nella seconda giornata di martedì si è parlato di come fare informazione parlando di mafie con un focus sui beni confiscati. Lo studioso Marcello Ravveduto ci ha aperto a un nuovo punto di vista: la rappresentazione delle mafie nel cinema come specchio della realtà, una narrazione che ne “Il Padrino”, e “Intoccabili”, o nel marketing di impresa come per il brand “Mafia”, prende spunto dalla realtà, strumentalizzandola.

Si è invece parlato di omertà nel giornalismo, disinformazione, precarietà, onestà informativa che non ricada nella banalizzazione o nella retorica della notizia, racconto della normalità e storia dei clan che da almeno un trentennio sono considerate organizzazioni egemoni di fatto come i Casamonica, i Di Silvio, i Ciarelli, i De Rosa, i Bevilacqua, gli Spada, con i giornalisti Fabrizio Feo del Tg3 e Attilio Bolzoni di Repubblica insieme con Paolo Barbieri dell’Associazione Stampa Romana. Siamo poi stati introdotti alla legislazione (il Codice Antimafia, il 416 bis, i vari tipi di confisca secondo la legge) dei beni confiscati dalla professoressa di diritto penale Ilaria Merenda e da Tatiana Giannone di Libera, per i buoni esempi c’è stato Guglielmo Muntoni in qualità di Presidente Tribunale delle Misure di Prevenzione di Roma che con l’amministratrice giudiziaria Ilia Bartolomucci ci hanno parlato dell’operazione “Babylonia”, dal controllo all’acquisizione del bene per la gestione pubblica, l’iter per le associazioni, il bando di assegnazione. Michele Riccardi di Transcrime ci ha invece parlato di infiltrazioni criminali in azienda e di commercio all’ingrosso.

Durante la terza giornata di mercoledì si è affrontato il caso di Ostia con il Sostituto Procuratore della Dna Cristina Palaia che ci ha fornito una panoramica cronologica della presenza criminale sul litorale, si è parlato di soggetti epigoni che imitano i soggetti della Banda della Magliana collegandosi a gruppi autoctoni come il clan Fasciani, presente dagli anni ’80, la famiglia Spada-Casamonica, i Triassi e i Senese. Su corruzione, economia del mare e consenso sociale abbiamo visto intervenire il giudice Alfonso Sabella, la giornalista di Repubblica Federica Angeli e Marco Genovese di Libera Roma, li abbiamo ascoltati mentre ci ricordavano del commissariamento per mafia, dell’abuso edilizio, del pizzo e del controllo delle spiagge, dell’obbligo del giornalista di riconoscere i fenomeni e poi chiamarli per come sono per un diritto-dovere di cronaca che ci deve spingere alla verità e non alla sommersione dei fatti. Nel corso della giornata si è poi affrontato il discorso degli strumenti di contrasto che ci sono stati spiegati da Francesco Gosciu, Capo Centro Operativo DIA Roma, Giovanni Sozzo, Comandante del ROS Carabinieri Lazio, Gerardo Mastrodomenico, Comandante GICO della Guardia di Finanza Roma e Luigi Silipo della Squadra Mobile della Questura di Roma. Si è parlato di riciclaggio di denaro, frodi fiscali, corruzione, ruolo delle istituzioni, la complessità delle indagini, dinamiche e tempi giudiziari che non sempre coincidono con quelli personali della gente; il loro, quasi un grido d’aiuto affinché sempre più persone decidano di collaborare sinergicamente con le forze dell’ordine, perché per riprendere una frase del prof. Ciconte: “Fare i conti con la mafia vuol dire fare i conti con il nostro Paese, per questo va affrontata da tutti e non delegando solo alle forze dell’ordine e alla magistratura”. Infine, con il prof. Nando Dalla Chiesa abbiamo parlato di mafie al nord, di soggiorni obbligati, della politica e della finanza, di Michele Navarra, dei “Cavalieri del Lavoro” quali imprenditori che cercano il mafioso per avere in cambio benefici che puntualmente gli sfuggono di mano diventando essi stessi vittime (come nel caso dell’ndrangheta a Desio che si è sostituita al sindacato), di mercato legale e illegale, di mafie silenti e violente.

Nella quarta giornata di giovedì, quasi in dirittura di arrivo, abbiam parlato di modelli di insediamento ed economia criminale. Con il Procuratore Aggiunto Coordinatore della DDA di Roma Michele Prestipino, insieme al Comandante provinciale della Gdf di Roma Cosimo di Gesù, si è approfondito il discorso dell’economia mafiosa e dell’ancora troppo presente consenso sociale, contraffazione, frodi informatiche, si è parlato di quelle fette di mercato come terziario e sanità che possono attirare gestioni e capitali illeciti proveniente da economie deviate e mafiose, si è parlato di repressione ma anche di prevenzione. Tutte argomentazioni riprese in seguito dal saggista Isaia Sales: la loro capacità di esercitare violenza li ha portati oggi, grazie a consenso e relazioni, a non doverla usare per raggiungere l’obiettivo di arricchirsi. E poi il discorso sull’impunità, sulle attività predatorie, usura ed estorsioni, i “colletti bianchi”, il guadagno del traffico di droga.

Il sociologo Marco Omizzolo ci ha invece parlato del sud pontino, di Latina, e della sua esperienza di contrasto alle agromafie, la tratta degli esseri umani, lo sfruttamento lavorativo della comunità indiana.

La quinta giornata di venerdì si è conclusa con l’intervento della Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia Rosy Bindi insieme con il Presidente di Avviso Pubblico Pierpaolo Romani, parlando di amministratori sotto tiro e di come la Commissione Antimafia si sia schierata con la Procura di Roma per far riconoscere negli altri gradi di giudizio il 416 bis all’inchiesta su Mafia Capitale, alias Mondo di Mezzo. Sul ruolo e sull’importanza dell’informazione, della formazione e della conoscenza l’On. Bindi ha posto un concreto accento perché vera leva del contrasto e della lotta alle mafie. Il ruolo di presa di coscienza che deve essere esteso oltreché ai cittadini, il quale supporto resta fondamentale, alle amministrazioni pubbliche perché loro è il compito di fare rete cooperando nella legalità politica.

Conclusioni sommariamente positive, con una partecipazione interessata di cui il prof. Ciconte si è detto colpito.

Un auspicio questo perché il progetto non si esaurisca quest’anno, ma che anzi sia da esempio per altre regioni che possano prendere spunto e replicare l’iniziativa in una realtà veramente coesa.


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