80 anni dalla Liberazione, verso il 25 aprile 2025

23 i cronisti imprigionati in Russia

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Un altro giornalista è finito in carcere in Russia e ora, secondo la Federazione europea dei giornalisti, sono 23 i cronisti imprigionati dal regime. L’ultimo in ordine di tempo è appunto Sergei Mingazov, dell’edizione russa di “Forbes”, accusato di aver diffuso informazioni “false” sull’offensiva militare di Mosca in Ucraina. Mingazov è stato arrestato il 26 aprile con un’accusa che va a ritroso nel tempo, addirittura a due anni fa, cioè all’aprile del 2022, quando sul proprio canale Telegram il giornalista pubblicò notizie sul massacro dei civili a Bucha, la cittadina vicino a Kyev tristemente famosa per la strage più feroce della guerra in Ucraina. A Bucha avvennero massacri di civili, stupri, esecuzioni sommarie. Ma la versione di Mosca è che il massacro di Bucha non sia mai esistito. Mingazov, che ha avuto il torto di dare notizie su quei fatti, adesso,  a distanza di due anni, è diventato un nemico della Russia.

A dare la notizia dell’arresto è stato l’avvocato del giornalista, Konstantin Bubon, secondo cui non è nemmeno chiaro su cosa vertano esattamente le accuse. Mingazov è stato prima portato nel centro di detenzione temporaneo di  Khabarovsk, una città della zona orientale. Secondo la Federazione europea dei giornalisti, un tribunale di Khabarovsk avrebbe poi posto il giornalista per agli arresti domiciliari per due mesi, con pesanti restrizioni alla comunicazione di Mingazov con persone diverse da parenti, investigatori, avvocati e medici, nonché all’uso di mezzi di comunicazione, compreso il divieto assoluto di usare Internet. L’ avvocato del cronista ha dichiarato che molto probabilmente presenterà una denuncia specifica per le restrizioni sull’uso di Internet.

Prima dell’arresto, la polizia è entrata in casa di Mingazov  e gli ha confiscato computer e telefono ma anche le apparecchiature elettroniche della moglie e dei figli. Il rischio per Mingazov è molto alto: l’attuale legge russa per la diffusione di “falsità” sull’esercito  russo prevede multe da  3 a 5 milioni di rubli e lavori forzati fino a cinque anni o la reclusione da cinque a dieci anni.

Il caso di Mingazov ha indignato tutta la stampa europea ed è la prova che la propagande del regime non solo non tolleri più voci libere oggi, ma cerchi anche di riscrivere la storia facendo tabula rasa di chiunque abbia cercato di diffondere la verità fin dall’inizio del conflitto.

Contro l’arresto di Mingazov si è levata subito  la voce della Federazione europea dei giornalisti (Efj), che ne domanda l’immediata scarcerazione. “La strategia del Cremlino di negare ed etichettare come fake news tutto ciò che accusa la Russia mira a soffocare tutti i giornalisti che osano contraddire la propaganda ufficiale. Rafforziamo la nostra solidarietà a Sergei Mingazov e a tutti i giornalisti che raccontano la verità sulla guerra della Russia e il suo costo per il popolo ucraino”, ha detto il Segretario generale Efj, Ricardo Gutierrez.

Mingazov, fra l’altro, era membro del piccolo sindacato  dei giornalisti russi JMWU (Journalist’s and Media Workers’s Union), che è stato costretto a chiudere da un tribunale e i cui vertici hanno dovuto riparare all’estero.


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