Caso Bortone, ennesima punta d’un immenso iceberg antidemocratico      

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Il caso Scurati, ora il caso Bortone, dopo le cacciate di Saviano &Co., il krumiraggio sullo sciopero UsigRai dettato dai dirigenti aziendali e da loro sindacato giallo (anzi nero, come giustamente lo definisce Giulietti), il premierato, l’autonomia differenziata, il rifiuto di riconoscersi nell’antifascismo della Costituzione (ridicolo Vannacci che, da ignorante, non è in grado di capire che in ogni parola della Carta c’è la descrizione di una società, di una Repubblica, di una democrazia che in ogni sua articolazione rappresenta il totale rigetto del fascismo, in altre parole l’antifascismo). Cos’altro bisogna aspettarsi a stretto giro di posta meloniana?

I soliti opportunisti, ‘benpensanti’, accomodanti, ci accuseranno di allarmismo ingiustificato, di propensione al cassandrismo, ma basta la mancanza – finora- di squadracce nere, di olio di ricino, di camicie nere, di gagliardetti, per dire che siamo soltanto in una diversa fase delle vita democratica e non in una lenta, progressiva costruzione del nuovo modo di concepire un regime? Che poi tanto nuovo non è, viste le censure quotidiane, le querele, i tentativi di zittire il pensiero critico, l’attacco all’indipendenza della magistratura, quali efficaci sostituti delle materiali manganellate.

Io continuo a credere nel principio hisoria magistra vitae e per questo sono sempre molto attento alle lezioni che la storia dovrebbe impartirci e che il più delle volte ci fa comodo ignorare.

Parto dal raffronto più estremo: l’incendio dei Reichstag  del 1933 per ordine, pare, dello stesso cancelliere, generale Hindenburg, incendio del quale fu strumentalmente accusato un agitatore comunista olandese. Quell’incendio mise vele al vento al nazismo di Hitler che vinse le elezioni con il 44 per cento dei voti. Perché distruggere la sede del confronto democratico tedesco? Oggi non le fiamme, ma un provvedimento governativo, come il premierato, cerca di far fuori il Parlamento e un Presidente della Repubblica che, per nostra fortuna, ha ben altra personalità di Hindenburg, Vittorio Emanuele Terzo o Luigi Facta.

Ancora una volta staremo con le mani in mano? Come fermare la sfacciata dichiarazione di autoritarismo in nome del populismo che non riguarda solo l’Italia, ma, a differenza di un secolo fa quando il cancro si diffuse solo in Germania, anche una parte consistente delle new entries europee lasciate libere di non rispettare alcun principio comune di diritti umani, diritti civili, libertà democratiche? Orban come portabandiera.

Se si guarda oltre il proprio orticello si riesce a capire meglio la gravità dei provvedimenti come quelli che la Rai ha preso contro Saviano, Scurati e, ora, la Bortone, rea soltanto di aver comunicato alla vittima della censura quanto era stato deciso dai capi.

A tutto questo si aggiunge il violento attacco al sindacato unitario dei giornalisti Rai, accusato addirittura, nel primo comunicato aziendale, di essere condizionato da posizioni politiche e ideologiche. Non l’ha detto un capopartito, ma un capobastone messo lì dai suoi controllori. Se l’attacco frontale alla principale azienda culturale e informativa del Paese avrà successo, cosa ne sarà di tutto il resto? Anche in questo caso gli editti, le parole solo apparentemente meno violente, saranno efficaci come le fiamme che distrussero a Berlino il Reichstag?

Parole urlate, demagogiche, mai confrontate con interlocutori indipendenti, gridate per piegare le volontà e farle convergere solo su un nome sbandierato come uno slogan, come un motto, come quello di una guida insostituibile. Oggi Giorgia, un secolo fa…..?

Sarà anche utile e interessante domandarci quanta furbizia, mestiere, abilità pubblicitaria c’è in tutto questo, ma mentre noi discettiamo intelligentemente su tutto questo, qual è la presa che può avere su un popolo che non trova più i luoghi nei quali discutere, confrontarsi, valutare e che subisce passivamente la continua propaganda a reti unificate allontanandosi, di conseguenza, sempre più dalle urne e contribuendo così, forse senza rendersene conto, all’assassinio delle democrazia?


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